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 2011  aprile 01 Venerdì calendario

Fuga dal regime, accanto al raìs restano soltanto gli «apostoli» - ’L’inviato della morte’, come i servizi segreti occiden­tali chiamavano l’ex ministro degli Esteri libico Mussa Kous­sa, è solo la punta dell’iceberg della spaccatura nella cerchia ristretta del regime di Ghedda­fi

Fuga dal regime, accanto al raìs restano soltanto gli «apostoli» - ’L’inviato della morte’, come i servizi segreti occiden­tali chiamavano l’ex ministro degli Esteri libico Mussa Kous­sa, è solo la punta dell’iceberg della spaccatura nella cerchia ristretta del regime di Ghedda­fi. Il colonnello, però, resiste perchè può contare su un paio di generali senza scrupoli e su alcuni dei cinque ’apostoli’. Stiamo parlando degli ex giova­ni u­fficiali golpisti che rovescia­rono la monarchia nel 1969. Uno di questi, il ministro della Difesa Abu Bakr Younis Jaber, è l’ago della bilancia del desti­no di Gheddafi. «Mussa Koussa ha disertato perchè temeva di fare una brut­ta fine. Il leader non si fidava più di lui. I compagni della rivo­luzione dell’ex ministro degli Esteri stavano disertando uno dopo l’altro» rivela a Il Giornale una fonte della sicurezza libi­ca. Koussa, fuggito a Londra, era uno dei dieci studenti del Movimento che si opponeva al­la monarchia, ancora prima del golpe di Gheddafi. I dieci studenti fondarono i Comitati rivoluzionari e Koussa, laurea­to negli Stati Uniti, fu inviato in Europa come 007 con la coper­tura diplomatica. Dal 1994 ca­po dell’intelligence libica, ha trattato con gli occidentali i dos­sier più spinosi, come l’attenta­to di Lockerbie, che fece esplo­dere un aereo Pan Am ucciden­do 270 persone. Non a caso la magistratura scozzese vuole in­terrogarlo. Poi ha negoziato con gli americani l’abbandono del programma nucleare libi­co e il riavvicinamento del co­lonnello al mondo civile. ’L’inviato della morte’ temeva di fare la fine del cognato di Gheddafi, Abdallah Senoussi, altro ex della sicurezza. Senous­si deve avere tentato un colpo di mano interno, prima dei raid alleati, nella cittadella forti­ficata di Bab al Azizya residen­za del colonnello a Tripoli. Sembra che il suo corpo sia sta­t­o ritrovato sul fronte orientale, ma senza testa. I compagni dei Comitati rivolu­zionari di Koussa stanno ce­dendo uno dopo l’altro. Il pri­mo è stato l’ex ministro degli Esteri Abderrahman Shelgam, ambasciatore all’Onu che ha platealmente abbandonato il regime. In queste ore lo ha ab­bandonato anche Abdussa­lam Treki, altro ex ministro de­g­li Esteri che il leader libico ave­va nominato al posto di Shel­gam al Palazzo di Vetro. E si rin­corrono voci su un altro ex stu­dente rivoluzionario e tassello cruciale del regime pronto a mollare, che sarebbe già in Tu­nisia: è Abuzed Omar Dorda, ex primo ministro, che nel 2009 ha sostituito proprio Koussa ai vertici dei servizi se­greti libici. Gheddafi continua a resistere grazie ad una cerchia sempre più stretta di generali. Il golpe del 1969 fu realizzato da 12 uffi­ciali, gli ’apostoli’ della rivolu­zione. Sette vennero ben pre­sto­messi da parte e solo 5 prese­ro veramente le redini del pote­re. Di questi fedelissimi, Abd Al Muneim al Hawni, rappresen­tante presso la Lega araba, ha già disertato. L’ex braccio de­stro del colonnello, Abd al-Sa­lam Jallud, ha dato ordine alla sua tribù di armarsi, ma di non sparare un colpo prima di aver capito come va a finire. Dei 5 compagni d’arme di Gheddafi che hanno gestito il potere negli ultimi 42 anni, so­l­o due gli sarebbero rimasti ve­ramente fedeli, i generali Mu­stafa Kharobi e Khweldi al Ha­midi. Gheddafi si fida pure di un paio di alti ufficiali senza scrupoli, che però non faceva­no parte degli ’apostoli’ della rivoluzione. Si tratta del genera­le Ali Riffi al Sharif, capo di stato maggiore dell’aeronautica e della difesa aerea. Non a caso l’aviazione libica e la contrae­rea non esistono più, cancella­te dai raid alleati. Il generale Hassan El Kassah, responsabi­le della polizia segreta del mini­stero dell’Interno, si è sempre distinto per aver represso sen­za pietà i precedenti lampi di ri­volta contro Gheddafi. Poi il colonnello conta sul figlio Khamis, che controlla i kataeb, le milizie popolari, con il com­pito di difendere non solo il re­gime, ma la famiglia Gheddafi. Khamis comanda pure la 32ª brigata, una delle poche unità d’elite. Il vero ago della bilan­cia, però, è il ministro della Dife­sa Abu Bakr Younis Jaber, il membro più importante dei 5 ’apostoli’. Non solo: dalla sua parte ha la tribù degli Al Mugia­bra nella zona centro sud del Paese, dove si trova il grosso de­gli arsenali libici. «Finora ha as­sunto una posizione neutrale ­spiega a Il Giornale chi lo cono­sce- . Con il colonnello è legato da un’antica e forte amicizia, ma è chiaro che non segue più la linea del regime».In molti so­no convinti che il generale Ja­ber è l’unico in grado di impri­mere una svolta dall’interno se­gnando il destino di Gheddafi e della Libia.