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 2011  aprile 07 Giovedì calendario

UN CAMIONISTA AL POTERE

Quando sei uno che conta davvero, lo capisci da chi è disposto a correre in tuo aiuto. Il politico-banchiere Fabrizio Palenzona, vice-presidente e uomo forte di Unicredit, ne ha avuto la prova il 31 dicembre del 2009.
Una società immobiliare che lo vedeva coinvolto in prima persona, la Norman 95, stava per finire in bancarotta, travolta da almeno 90 milioni di debiti certi e pretese risarcitorie. All’ultimo minuto, però, è arrivato un cavaliere bianco, che ha promesso di versare ai creditori della Norman non meno di 8 milioni. E, soprattutto, ha cominciato a pagare gli stipendi ai dipendenti della società immobiliare, in virtù di un contratto d’affitto temporaneo d’azienda, che scadrà in questi giorni. Il salvatore è Vittorio Farina, proprietario della Ilte, una delle maggiori industrie tipografiche d’Italia. La singolare coincidenza con il mondo di Palenzona è che l’intero capitale della Ilte Holding è in pegno proprio a Unicredit, grande creditore dell’imprenditore nato a Marino, nei colli laziali. Tra l’altro, proprio alla Ilte ha il suo unico incarico ufficiale Luigi Bisignani, il lobbista degli affari riservati della capitale, colui che il premier Silvio Berlusconi definisce "l’uomo più potente in circolazione". E legato a Palenzona da rapporti d’amicizia.
Il blitz racconta quanto in alto possano arrivare le relazioni di questo banchiere di 57 anni, cresciuto a Tortona, nell’alessandrino. Palenzona è l’uomo che in questi giorni sta duellando con Cesare Geronzi nello scontro sul futuro delle Assicurazioni Generali, chiamate a un consiglio straordinario convocato per il prossimo 6 aprile. Geronzi, 76 anni, presidente della compagnia, è direttamente schierato sul campo di battaglia, a menare e prendere fendenti. Palenzona ha invece il proprio quartier generale in una posizione più defilata, al vertice di Unicredit e Mediobanca (vedi scheda qui sotto). L’obiettivo di Geronzi è affermare la propria supremazia sul vertice della compagnia, che presiede senza poteri gestionali, e forse allentare la presa di Mediobanca. Quello di Palenzona è opposto: sostenere l’asse che va da Unicredit a Generali. Sotto la gestione di Alessandro Profumo, licenziato in settembre, Unicredit "aveva dato talvolta l’impressione di estraniarsi" dalle partite dove si decide il destino di chi comanda in Italia, ha detto Palenzona al "Corriere della Sera". D’ora in poi, ha aggiunto, "non accadrà più".
Geronzi e Palenzona sono "due mondi con parecchi punti di contatto, che ora sono in conflitto per decidere chi comanda", dice una persona che ha lavorato con entrambi. Una prova? I rapporti con Bisignani, che appartiene a quella sfera alla quale attinge lo stesso Geronzi, da sempre legato all’altra eminenza grigia berlusconiana, Gianni Letta. Anche per Palenzona il sostegno manifestato, via Mediobanca, al management Generali risponderebbe dunque a un disegno: la tenuta dell’asse Unicredit-Generali. Cruciale non solo in sé ma, anche, in vista del suo arrivo al vertice di una delle società della catena. La preferita? Ovviamente Unicredit, dove il presidente Dieter Rampl è stato messo lì da azionisti tedeschi che non contano più. In realtà, però, stando a chi lo conosce, per Palenzona l’incarico formale sarebbe secondario. L’obiettivo vero è piuttosto l’esercizio del controllo.
Questi, dunque, i duellanti. Se Geronzi, da decenni al vertice con il corollario del coinvolgimento in scandali come Cirio e Parmalat, è più conosciuto, Palenzona è ancora poco noto. "Sono uno di campagna, mi devono sempre fare gli esami del sangue", ama dire lui per sottolineare la sua ascesa, dai circoli provinciali della Democrazia Cristiana al top della finanza nazionale.
A grandi linee, si può dire che dopo la laurea in legge, Palenzona si fa strada nel mondo dei sindacati degli autotrasportatori, il che spiega il vezzo di definirsi "un camionista". La formazione politica è cattolica, la stessa che in febbraio lo ha spinto a replicare in chiesa le seconde nozze, già celebrate in municipio, previo annullamento delle prime da parte della Sacra Rota. Trafficare con camion e scavatrici nel basso Piemonte significa tessere rapporti con la famiglia Gavio, che ne sostiene la carriera. In politica fa prima il sindaco della sua città, poi diventa presidente della provincia di Alessandria, in quota Margherita.
Accanto a questa vita, parte quella da banchiere. La famiglia Gavio, per la quale agisce da lobbista, gli permette di avviare rapporti politici a 360 gradi, che vanno dagli ex comunisti al ministro Giulio Tremonti. E lo introduce in Mediobanca, dove stabilisce un rapporto di fiducia con Vincenzo Maranghi, il delfino del fondatore Enrico Cuccia. Le cronache dicono che la loro stima sarebbe passata indenne attraverso diverse prove. Alcuni osservatori ritengono che l’amicizia manifestata verso il "maestro Maranghi" derivi da genuina riconoscenza. Dall’esterno, però, tirare sempre in ballo la lungimiranza dei padri fondatori di Mediobanca pare anche un modo di offrirsi come protettore politico dell’asse Unicredit-Generali.
Il voler riportare l’Unicredit al centro della politica ha avuto un banco di prova nel salvataggio di Salvatore Ligresti, socio di Impregilo, la maggiore impresa nazionale di costruzioni, dove gli altri azionisti sono i Gavio e i Benetton, anche loro vicini a Palenzona. Quando la Consob ha imposto al cavaliere bianco Groupama l’Opa sulle controllate, l’intervento dei francesi - sostenuto da Jonella Ligresti - è stato abbandonato da papà Salvatore, che si è rivolto a Unicredit. E così il gruppo bancario, già fortemente esposto verso la holding Premafin e, via Mediobanca, anche verso Fondiaria, ha concesso nuove risorse all’ingegnere. Per Palenzona, contare su Ligresti significa poter schierare una marea di pacchetti azionari cruciali, da Rcs a Mediobanca. Pacchetti che possono essere avvicinati alla sua sfera d’influenza, come lui ha già tentato di fare anche con altri mezzi. Un esempio? Nel 2008 un dirigente del gruppo di Francesco Gaetano Caltagirone è stato nominato - caso raro - nel consiglio della Fondazione Crt, azionista di Unicredit e Generali. E Caltagirone per Mediobanca è diventato, parola di Palenzona, un "possibile alleato di lungo termine".
Per vedere se i progetti andranno in porto, occorre però capire se riuscirà a evitare le diverse grane con la magistratura nelle quali si ritrova a galleggiare. C’è la vicenda Norman 95, per la quale, anche se l’intervento di Farina potrà evitare il fallimento, resta il rischio di un’inchiesta per bancarotta. Ci sono i guai nei quali, come emerso in questi giorni, sono incappati il fratello Giampiero (fallimento Borsano) e un assistente di Fabrizio, Roberto Mercuri, finito agli arresti domiciliari nell’ambito dell’inchiesta per truffa della procura di Crotone sulla centrale a turbogas di Scandale. E c’è, infine, l’accusa di ricettazione formulata in seguito alle dichiarazioni del banchiere Gianpiero Fiorani, che gli avrebbe girato fondi neri della Popolare di Lodi che Palenzona avrebbe incassato estero su estero. Da Montecarlo sono arrivati i risultati di rogatorie internazionali che attribuscono al vice-presidente di Unicredit alcuni conti intestati a persone come la mamma e il fratello, dove arrivavano i bonifici di Fiorani.
La procura di Alessandria ha ricevuto il procedimento nel luglio 2010 da Milano, dov’era stato fermo oltre due anni. Ora attende le rogatorie dalla Svizzera, dove sarebbero emersi anche conti gestiti da un auto-trasportatore. Su tutto incombe, però, il rischio di prescrizione. Un’ipotesi che non basta a Palenzona, che attraverso il legale Massimo Dinoia ha chiesto in una memoria l’assoluzione piena. Forse perché una prescrizione non laverebbe del tutto le macchie di chi si candida a diventare il banchiere più potente d’Italia.