Franco Bechis, Libero 1/4/2011, 1 aprile 2011
TUNISI CI SFOTTE: TENETEVI I TUNISINI
Parafrasando Umberto Bossi, bisognerà rassegnarsi a tenerci migliaia di tunisini “fra le ball”. Perché la Tunisia non ha alcuna intenzione di riprenderseli e ha tutta l’aria semmai di volercene mandare altri. E tutti gli altri paesi d’Europa l’unica cosa che fanno, appena vedono un guscio di noce avvicinarsi a Lampedusa, è sigillare per bene i loro confini (...) per evitare che dalla frontiera italiana un po’ di problema possa toccare loro. Dopo avere incontrato il governo italiano il 25 marzo scorso a Tunisi, e avere chiesto non pochi finanziamenti immediati per vigilare un po’ meglio sulle coste tunisini, la diplomazia del paese arabo ha subito interpretato a modo suo gli accordi. Sono disposti a riprendersi una ventina di clandestini al giorno, un po’via aereo e un po’ via mare se glieli riaccompagniamo con tanto di dotazione promessa. Il che significa che la Tunisia è pronta a riprendersi il 23% dei clandestini che probabilmente ci invia lei stessa quotidianamente.
I principali collaboratori del ministro degli esteri arabo, Mouldi Kefi e del suo collega agli Interni, Farhat Rajhi, hanno iniziato una trattativa serrata quanto inutile con la diplomazia italiana. Inutile perché le condizioni le stanno ponendo loro, e in cima a tutte c’è quella che può essere riportato in patria solo ogni tunisino che espressamente sceglie di tornare. Il che significa che la Tunisia non è disposta a riprendersene nessuno. Perché è evidente anche a un bambino che chi si è imbarcato a rischio della vita per affrontare su carrette del mare tre o quattro giorni di viaggio investendo tutti i suoi risparmi nell’avventura e magari indebitandosi pure, non dirà mai di volere torna re nel paese da cui è fuggito.
D’altra parte che la nuova Tunisia non abbia alcuna intenzione di collaborare con l’Italia è più che evidente da come il governo stesso ha divulgato l’incontro con Frattini e Maroni. Nelle cronache ufficiali del governo in carica non c’è nemmeno il più pallido riferimento all’emergenza sbarchi. Quello con l’Italia è stato spiegato come un incontro bilaterale per garantire lo sviluppo dell’economia tunisina e supportare il piano di investimenti da 2 miliardi di dollari del nuovo governo. L’agenzia di stampa Tap ha titolato: “Frattini ha promesso che l’Italia verserà 150 milioni di euro per rilanciare l’economia tunisina”, e dentro spiega anche che l’Italia ha garantito un sistema di microcredito «per convincere i piccoli imprenditori tunisini a tornare in patria e riprendere le proprie attività», oltre a «una campagna pubblicitaria che da Roma inizierà a metà aprile per proporre mete turistiche in Tunisia». Siccome è difficile che sui barconi di Lampedusa potessero sedere centinaia di piccoli imprenditori che avevano perso fiducia nelle prospettive economiche del loro paese e tanto meno che lì vadano trovati potenziali turisti, è chiaro chela Tunisia ci sta prendendo bellamente per i fondelli.
E nelle stesse ore in cui fa ballare il governo italiano, il governo tunisino ha ricevuto una delegazione dell’Unione europea che ha promesso un aiuto immediato di 10 milioni di euro per «evacuare i rifugiati». Proprio così: non per riprendersi i tunisini, ma per «evacuare» i rifugiati libici che sono scappati durante la guerra. E proprio ieri, la Tunisia che non vuole riprendersi i tunisini scappati in Italia, ha protestato ufficialmente con il governo israeliano che aveva dato la propria disponibilità ad accogliere gli ebrei tunisini che non volessero più rimanere nel loro paese. Un comunicato durissimo, quello tunisino, che accusa Israele di ingerenza nei suoi affari interni e addirittura di avere così danneggiato l’immagine della rivoluzione dei gelsomini, sfidando Tel Aviv allora a garantire che anche i “palestinesi possano tornare nella loro terra”.
Questa contorsione tunisina ha una ragione evidente. Nelle barche (a proposito, come mai ne trovano tre o quattro al giorno?) inviate a Lampedusa sono ammassati parte dei tunisini che sono scappati dalla Libia e gran parte delle migliaia che sono evasi dalle carceri nei giorni della rivoluzione. Qualcuno sarà anche stato un perseguitato politico di Ben Alì, ma per la maggiore parte si tratta di criminali comuni, ed è per questo che la Tunisia non li rivuole indietro. Gli ebrei richiamati da Israele sono invece ricchi e utili al governo tunisino. Che sembra volerli trattenere a forza. In questa situazione o li riportiamo a forza, calandoli in gommoni dalle navi al limite delle acque territoriali tunisine, o quelli che arrivano siamo costretti a tenerceli fra le risa di tutti gli altri partner europei.
Franco Bechis