Alessandro Da Rold, Il Riformista 1/4/2011, 1 aprile 2011
IL SOLISTA DEL MITRA TORNA A SUONARE
«Quando facevo le rapine in banca, entravo, dicevo buon giorno e mi davano i soldi. Come per la prima, alle Poste. Oggi quando entro in banca, chi sta dietro al bancone mi dice sempre: “Stia dietro la linea gialla!”. Hai capito! Lo ordina a me, a Luciano Lutring, che un tempo facevo dei salti e mi portavo via tutta dalla cassa». Parlare con il “Solista del Mitra” fa sempre un certo effetto. Soprattutto perché Luciano Lutring, nato il 1937 a Milano, famoso per le sue rapine negli anni ’60, quando portava un fucile mitragliatore nella custodia di un violino, parla ancora in milanese stretto. Ha ricevuto la grazia in Francia dal presidente Georges Pompidou e da Giovanni Leone in Italia: da 35 anni è libero.
«Hai capito sì o no?», «comprende», continua a ripetere raccontando della sua vita di adesso, di cosa pensa della sua città dove non vive più («Sto sul lago Maggiore, c’è più tranquillità»), della politica («Son tutti dei fanfaroni») fino alla rivalità con Renato Vallanzasca. «Il film lo faranno anche su di me e ne vedremo delle belle», ammette dalla sua casa di Masino Visconti, vicino ad Arona.
Il rapinatore che negli anni d’oro della ligera, la mala milanese, si portò a casa circa trenta miliardi («Un tempo c’erano più polli e si facevano bei soldi», ricorda), canterà a Jesolo il prossimo 8 aprile, alla Terrazzamare, per un appuntamento chiamato “Serata Criminale”.
Durante l’intervista, dopo aver ricordato con un commozione il carteggio con il presidente della Repubblica Sandro Pertini, ammetterà a denti stretti: «Se dovessi andare adesso a fare una rapina probabilmente entrerei per sbaglio in una drogheria. La testa non funziona più come una volta: il sifone si è rotto».
Si sapeva dei suoi dipinti, non del canto... «E no. Dipingo certo. Ma canto da un bel po’. Mi hanno invitato pure in televisione, Raiuno, Chiambretti. Tutti lì che mi chiedono com’è Milano adesso».
E com’è?
Ma che ne so io! Sto qui sul Lago. Sì, vado a Jesolo, canto e racconto un po’ della vita mia. Non sono stato tanto bene negli ultimi tempi. Ho avuto un mezzo infarto, diciamo che la salute mi è finita nel...
Con la vita che ha fatto, tra rapine e belle donne. Lei è stato il nemico pubblico numero uno.
Erano altri tempi. C’era un’altra morale. Le persone erano migliori.
Bè, lei faceva rapine...
Sì, ma eravamo gentili. Giravo con la mia Smith & Wesson. Gliela facevo vedere alla gente. Ricordo una volta di aver incontrato una signora anziana, in banca, che si era spaventata per il mitra. L’ avevo nascosto. Poi, dopo aver preso il malloppo, avevo detto al mio socio di dare un po’ di soldi anche alla sciura. Sa questa cosa mi ha fatto? Li ha riportati alla banca. Il giorno dopo c’erano i titoloni sui giornali: «Recuperata parte dei soldi presi da Lutrig». Ha capito? A me! Al Lutrig, che non ha mai perso niente per strada.
E adesso qual è il suo rapporto con le banche?
Ai giovani dico sempre di stare alla larga da queste cose. Non servono a niente, poi ci sono tutti quei meccanismi elettronici, telecomandi....Non si capisce niente.
Anche oggi qualche rapinatore compare sui giornali.
Parla di quelli di Arezzo, con i quintali d’oro? Bel colpo quello, ma è un’eccezione. Un tempo noi andavamo negli ospedali dove c’erano ancora le buste paga con i bigliettoni. Ora ci sono questi bonifici, tutto elettronico, non si capisce niente.
Di Milano cosa pensa?
Ci vengo poco. È cambiata. Un tempo le notti milanesi erano tra le più belle. Sui Navigli c’era un giro mica da ridere! Ora la città fa paura. Sa ho due figlie, due gemelle, se dovessi portarle a Milano mi tirerei dietro pure l’artiglieria per difenderle! Ora c’è la Moratti. Oh signur! Preferivo il Pillitteri che non voleva gli zingari e aveva messo a bada i tramvieri. Mi ricordo il padre del marito della Moratti. Pure i figli, che venivano a sentire Gigliola Cinquetti e Giorgio Gaber al Derby Clùb (con l’accento sulla “u”, ndr).
Lei ha avuto un rapporto molto forte anche con la politica?
Mi hanno dato la grazia due presidenti, in Francia e in Italia. Sono un privilegiato. Scrissi a Sandro Pertini dal carcere di Parigi, quando era presidente della Camera. Mi rispose: «Ricordi caro Lutrig che chi ha avuto sempre a cuore la libertà, non sarà mai dimenticato». E aveva ragione. Mi hanno liberato.
Della politica di adesso cosa ne pensa?
Ma sono dei fanfaroni. Ci sono Bossi, pure il Salvini mi è simpatico, ma hanno tutti la malattia dell’attack: incollati con il sedere alle poltrone. Berlusconi ne approfitta, più che altro dovrebbe stare attento a non fare la fine di Gheddafi.
Hanno fatto un film su Vallanzasca.
L’ho visto, il finale è bruttissimo.
Tra voi c’era una certa rivalità in quegli anni?
Loro erano la banda del lunedì, noi eravamo il Settebello. Perché a quell’epoca c’erano dei polli che andavano a fare i versamenti il primo giorno della settimana. Le racconto una storiella. Un giorno arrivammo in una banca. Tiro fuori il fucile, chiedo i soldi e il cassiere mi risponde: «È appena andata via la Polizia, ci hanno già rapinato questa mattina». Era stato il Vallanzasca! Il cassiere mi fa: «Se vuole ci sono un po’ di monetine». Gli ho risposto: «Ma tienitele te le monetine!».