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 2011  marzo 30 Mercoledì calendario

C’è voluto «c...» per pubblicare l’«Urlo» - «C ara Nanda,l’edi­tore ha accetta­to la mia propo­sta ( l’unica,per­manendo il mo­ralismo della Magistratura Italiana, che ci per­metta di realizzare l’edizione ita­liana delle poesie di Ginsberg)»

C’è voluto «c...» per pubblicare l’«Urlo» -
«C ara Nanda,l’edi­tore ha accetta­to la mia propo­sta ( l’unica,per­manendo il mo­ralismo della Magistratura Italiana, che ci per­metta di realizzare l’edizione ita­liana delle poesie di Ginsberg)». Così scrive il 16 dicembre 1964 Elio Vittorini, editor Mondadori, alla traduttrice Fernanda Pivano, proponendole: il testo inglese lo forniamo integralmente al letto­re, però bisognerà dare «la tua tradu­zione con omissioni nei punti in­criminabili, contrassegna­ti da spazi bian­chi o da righe di puntini (meglio le righe di punti­ni) ».
Come mai tutta questa cautela?
Howl -Urlodi Gin­sberg, celebre poe­metto- Bibbia della beat generation, cir­colava già da dieci anni e un po’ di carica tra­sgressival’aveva persa per strada, così come le altre poesie con cui la Mondadori voleva rac­coglierlo in volume. Tuttavia «il moralismo della Magistratura» e di chissà quali ulteriori tribunali della coscienza in quell’Italia an­cora molto bigotta avevano mes­so in allarme prima Vittorio Sere­ni (che stava tentando di portare Ginsberg in Mondadori su segna­lazione del 1960 della stessa Piva­no, nonostante fosse opzionato Feltrinelli), poi Vittorini stesso, che doveva assicurarsi che la sillo­ge, oltre ad arrivare sui banchi del­­le librerie non venisse ritirata,die­trosentenza del tribunale.
Occorreva dunque andarci pia­no con le oscenità. Tra Vittorini e la Pivano, il più prudente era il sici­liano. Nanda cercò di adeguarsi al­l­e indicazioni di lui e dell’altro edi­tor Mondadori di riferimento in questa vicenda, Raffaele Crovi, ma allo stesso tempo doveva ve­dersela con Allen Ginsberg, cui la legava un rapporto di amicizia. L’americano non voleva cedere di un millimetro alla censura, nem­meno in traduzione, e per di più voleva soltanto Nanda come inter­locutrice. «Caro Vittorini - scrive esasperata la Pivano il 29 gennaio 1965- ma porca miseria, è possibi­le che abbiano impiegato sei anni ad accorgersi che questo libro con­t­eneva parole difficili da pubblica­re? Tanto per cambiare la Monda­dori mette nei guai me». Vittorini non sa che pesci pigliare: «Mi di­sp­iace sentire che Ginsberg si pro­pone di tenere una posizione rigi­dain merito all’edizione diJuke­box all’idrogeno .Beato lui, che non ha a che fare, come noi, con i procuratori della Repubblica».
Segue uno lungo scambio di missive editoriali che ha del grotte­sco; una estenuante contrattazio­ne tra Nanda, Vittorini e Crovi suogni paro­laccia della traduzione. «Caro Vittorini- scri­ve Fernanda il 22 febbraio 1965 - a Ginsberg ho strappato la mezza promessa di mettere qual­che iniziale col puntino. Non rie­sco a immaginare la parola “ma­sturbazione” come una parola censurabile». La Mondadori si faviva agli inizi di marzo con una se­­rie di proposte, tipo: «Pagina 67, ri­ga 45: sostituire “cazzo” con “membro”». Risposta, di pugno della Pivano sull’elenco delle mo­­difiche richieste: «No». E poco do­po scrive: «Sto facendo del mio meglio, certo più di quanto non pensiate, ma non irrigiditevi trop­po, se no va tutto all’aria».E anco­ra: «Non sono sicura che la parola“culo” vada assolutamente sosti­tuita con puntini ». I tre proseguo­no su questo tono per mesi, tra ri­mostranze e intransigenze dell’uf­ficio legale. 12 giugno 1965: «Caro Crovi, Ginsberg ha scritto lascian­do arbitra me». 1 settembre 1965: «Caro Crovi, Ginsberg esclude la possibilità di quel taglio inKad­dish» (una scena di incesto con la madre). Come mediatore, entrain scena perfino Giuseppe Unga­­retti, che si offre per convincere la Mondadori a prendersi qualche ri­schio in più. E così fino alla pubbli­cazione ( zeppa di puntini e asteri­schi). 4 gennaio 1966: «Caro Vitto­rini, non riesco a crederci, ma pa­re proprio che questa sia l’ultima lettera che ti scrivo a proposito del Ginsberg: oggi ho firmato la tua co­pia ».
Troverete questo strepitoso car­teggio - inedito eccetto una sola lettera (il famigerato «Elenco delle varianti e omissioni Ginsberg») pubblicata nel 1970 - in mostra dal 5 aprile all’interno della più ampia rassegna «Fernanda Piva­no. Viaggi, cose, persone» (fino al 18 luglio presso la Galleria Grup­po Credito Valtellinese, Corso Ma­genta 59, Milano), ideata da Mi­chele Concina con Enrico Rotelli (già curatore dei diari della Pivano per Bompiani), curata da Ida Ca­stiglioni con Francesca Carabelli. «All’epoca della vicenda di Gin­sberg - ci dice Michele Concina ­per oscenità si finiva in prigione. Certe esitazioni della direzione let­t­eraria Mondadori sono compren­sibili.
Ma non è di queste che mi voglio ricordare, ma di Nanda, che da sola le contrastava con co­raggio. Un esempio di impegno femminile da rivalutare. Ram­mento Nanda dire alle giornaliste che andavano a trovarla verso la fine della sua esistenza: sì, sì, tu og­gi porti la minigonna e ne vai orgo­gliosa. Ma io, nel 1965, dovevo lot­tare per poter scrivere “culo”!».