ALBERTO MATTIOLI, La Stampa 30/3/2011, 30 marzo 2011
“Ti consegno il tema che ho corretto nel ’68” - De Amicis va sempre a scuola. Stavolta però la storia non si svolge a Torino, ma a Saint-Dié, dipartimento dei Vosgi, in Alsazia
“Ti consegno il tema che ho corretto nel ’68” - De Amicis va sempre a scuola. Stavolta però la storia non si svolge a Torino, ma a Saint-Dié, dipartimento dei Vosgi, in Alsazia. E il protagonista non è la maestrina dalla penna rossa, ma un professore di Lettere che peraltro, a ben pensarci, qualcosa di rosso l’ha anche lui: le idee politiche. Si chiama Jean Romain ed è finito sui giornali perché si è messo in testa di consegnare ai suoi allievi del 1968 le copie corrette dei loro compiti in classe che allora, causa appunto il Sessantotto e relativi sconvolgimenti, non ricevettero mai. Il bello è che ci sta anche riuscendo: «A quindici dei miei trenta studenti è già arrivato il tema corretto». Quarantatré anni dopo: il compito in classe più lungo della storia. Naturalmente non si capisce nulla se non si torna a quei giorni di contestazioni e di utopie, il cui eco arrivava anche nella placida SaintDié, al liceo «Jules Ferry». «Era il 10 maggio - racconta il professor Romain -, giorno del compito in classe di francese per la quinta L. Scelsi questo tema: “Descrivete un sentimento violento”» (profetico, con il senno e le violenze - non solo sentimentali - di poi...). Fin qui tutto regolare. Comunista e sindacalista Ma Romain, all’epoca trentatreenne, è iscritto sia al Partito comunista sia allo Snes, il sindacato degli insegnanti. Ed entrambi sono sul piede di guerra contro il Sistema. La scuola ribolle come l’università e, per far pressione sull’amministrazione, lo Snes invita i suoi iscritti a non consegnare i compiti in classe agli studenti. «Poi ci ripensarono. Ma intanto il 14 era iniziato il famoso sciopero generale, poi arrivarono le vacanze...», la fantasia non andò al potere e, insomma, finì che quei temi, già scrupolosamente corretti, non vennero mai distribuiti agli studenti che li avevano scritti. Però Romain, che è un tipo preciso, si guardò bene da buttarli via «per rispetto verso il lavoro altrui». Rimasero per i quattro decenni successivi in una cartella a casa sua: «Un souvenir e anche una specie di documento storico. Ogni tanto li sfogliavo come si fa con un album di fotografie. Ma adesso ho 76 anni e devo pensare ai miei eredi. Non posso lasciare dietro di me tutte queste carte. D’altronde i temi non volevo nemmeno buttarli. Così mi sono detto che la soluzione più corretta era consegnarli ai loro legittimi proprietari». Giusto: meglio tardi che mai. L’aiuto di un’amica Aiutato da un’amica più esperta di computer («Io Internet proprio non so usarlo», confessa), il professor Romain ha iniziato a fare ricerche. Bene: quindici dei trenta adolescenti di allora sono stati ritrovati e hanno ritrovato le loro prose del ’68. «Due, purtroppo, non ci sono più: un suicidio e un incidente in macchina». Gli altri fanno di tutto: una è pediatra in Svizzera, una segretaria, uno kinoterapeuta, una donna di servizio, una è andata a vivere in Italia (e, se legge questo articolo, contatti il suo vecchio professore: jeanromainmarchal@yahoo.fr): «Non c’è nessun insegnante - sospira Romain - e mi stupisce, perché un tempo la categoria in Francia era molto prolifica». Caro professore, anche dall’altra parte delle Alpi non si scherzava... La migliore della classe Le reazioni sono state altrettanto variegate: «Alcuni di me si ricordavano, altri assolutamente no. La lettera più curiosa che ho ricevuto suona più o meno così: “Non so se lei sia stato il mio professore di francese, ma se lo è stato, mi ridia il mio tema”». Detto, fatto. La migliore della classe, che prese 17 (in Francia si usano i ventesimi), è stata rintracciata e ha ricevuto la sua lettera, ma non si è ancora fatta viva. In generale, la media era alta. «Devo dire che la grafia è decisamente buona e l’ortografia molto migliore di quella che vediamo oggi, assolutamente deplorevole perfino sui cartelloni pubblicitari». Dove sono gli accenti d’antan... Ma Romain non è un nostalgico: «I miei studenti sapevano più o meno quel che gli insegnavo io. Oggi i ragazzi scrivono magari un francese peggiore, ma sanno molte più cose. Mio nipote di otto anni naviga su Internet e impara una quantità di nozioni. Idem alla televisione». Quanto al se stesso di 43 anni fa, «di quelle lotte non tutto è da buttare. Ottenemmo per esempio l’uguaglianza salariale fra uomini e donne. Se sono ancora comunista? La tessera non l’ho più da anni. Certo, sono ancora molto attaccato all’ideale, ma se penso ai regimi spaventosi che ha prodotto, soffro. Purtroppo, siamo stati tutti complici, e questo fa molto male...».