ANNA MARIA ORTESE , la Repubblica 31/3/2011, 31 marzo 2011
FANNO IL MIO LIBRO, CREDEVO FOSSE ORRIBILE"
Roma, 21-10-72
Caro Dario,
perdonami, ti prego, se non ho più telefonato. Sono stata triste infinitamente, per due notti non sono nemmeno andata a dormire. Mi sentivo – a causa di quanto sai – la mia responsabilità con l´editore e il vuoto attuale – lo sconforto, tante altre cose – come malata. Non sapevo né volevo dirlo – quindi non ho telefonato.
Ugualmente imperdonabile. Ma tu sei scrittore – e di tante cose hai angoscia – forse mutismo – m´immagino che puoi capire.
Ora, un po´ meglio – ho preso qualche decisione – sebbene ancora tutt´altro che lieta di me. Spero anche tu un po´ meglio. Se vogliamo vederci – col tuo amico – dovresti contentarti che c´incontrassimo qui – nel mio quartiere – a casa o in un caffè banale ma calmo – che conosco. Giù, per me è quasi l´America.
Grazie! – Anna Maria
Ti saluto affettuosamente.
Roma, 8 giugno 73
Caro Dario,
nella settimana in cui dovevamo vederci, e proprio il sabato e la domenica, ti ho telefonato – alle ore che mi hai detto – ma senza trovarti. Non ho ricevuto nemmeno il tuo libro: l´editore se ne è dimenticato? Ti avrei richiamato – ma a parte la mia difficoltà davanti al telefono, ho avuto, proprio in quei giorni – un certo dispiacere, e quindi una notevole dispersione di energia, di simpatia e di fiducia in me. Ero molto rattratta, moralmente.
Dammi tue notizie con un biglietto, se puoi. Ho molta stima di te, come persona umana principalmente. Tu hai il problema di Dio (faccio, vergognandomi, questo nome).
Tu, dunque, ci sei, veramente. Spero sempre di parlarne. Ma quando? Sono prigioniera di anni [di] miseria e prime malinconie del tramonto. In certi giorni, la parola salta, scompare proprio fisicamente. Non posso farci nulla – e ti prego di non dirlo. Ma questo mi limita molto.
Ti voglio bene, intanto. Questo è l´importante. Dammi per ora tue notizie. (...).
Roma, 6 aprile 74
Caro Dario,
in questo biglietto (che ti accludo), scritto tre giorni fa, mi scusavo per non averti richiamato. Adesso, ancora meno ho il coraggio di farlo. Ma sai che cos´è? Temo che tu non voglia parlarmi. Come farei a superare l´avvilimento? Perciò ti scrivo ancora. Dimmi, per favore, come stai – e stabilisci tu – semplicemente – quando e dove preferisci che ci si trovi (se lo desideri ancora. Io, molto.) Però, se non vuoi più, pazienza, aspetterò che tu torni a dirmelo un giorno più allegro.
Senti, caro Dario, ora devo ringraziarti tanto per aver parlato di me ad Enzo Siciliano. Tutto è concluso, sembra, nel modo migliore, perché ho visto Spagnol, l´altro giorno, alla Rizzoli, e con lui ho incontrato (con emozione) Siciliano: il quale aveva letto il dattiloscritto, e per lui andava bene. Ha aggiunto delle lodi che mi hanno fatta rinascere, e ha detto che il dattiloscritto è leggibile, cosa che non speravo più. E dicendo leggibile, mi riferisco soprattutto al significato e linguaggio, di cui avevo finito col pensare questo: che erano mostruosità. Conclusione: ora il libro andrà in tipografia, e la Casa Ed. mi farà avere il denaro che mi serve a cambiare casa. E tutto questo lo devo a te! Che cosa posso fare per te, in cambio, dimmi, Dario – in misero cambio, perché il valore di queste cose – soprattutto l´attenzione di Siciliano – è inestimabile. –
Non aggiungo altre parole in proposito, perché temo di dilungarmi. Mentre ti scrivo sono le 6, e io già sveglia dalle 4 e mezza, perché questa notte l´ho passata ancora (per avere la mente chiara) nello stanzone, vicino al fuoco. E ora, dal boschetto, cantano i merli, e altri abitanti! Ti vorrei mandare un po´ di questa musica piena di gioia e di entusiasmo, in una scatolina, o un disco, ma non si può incidere.
Caro Dario, grazie ancora di tutto quanto finora mi hai regalato, perché io non ho fatto mai nulla per te. Non pentirtene mai, per favore; e ricevi il mio grazie di così comune qualità.
Ti abbraccio, con gioia.
Anna Maria
Rapallo,14-3-84
Caro Dario,
anche questa storia ha un ritmo straordinario. È una specie di fuga, teatro di «ombre cinesi». La caricatura estrema, negando il reale, smussa l´«offesa» e la violenza del linguaggio – essendo entrata da tempo nella «retorica» – «retorica»: come norma – cerimoniale della più seria e magari ascetica espressione è stranamente silenziosa. Quasi infantile. C´è un momento di grande potere malinconico: l´incontro con la signora Pasolini. Mi ha affascinata, come qualche improvviso silenzio è una interruzione del dolore: il dolore che ha generato beffa e sarcasmo dentro una tempesta o una rissa. Per questa strada – dello «scherzo» incredibile, rapinoso – potrai fare delle cose molto buone. Basta che prendi coscienza – tecnica – di questa tua formula-invenzione.
Va dunque bene? Spero di sì. Lo spero molto. Ho tentato di telefonarti, ma non ho riprovato; anche perché al telefono le parole pesano poco.
Io, così-così. Fammi avere, quando vuoi – o puoi – tue notizie – mi aspetto: buone.
Mille auguri!
Affettuosissimamente – Anna