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 2011  marzo 31 Giovedì calendario

NOTE PER CAPIRCI QUALCHE COSA


Note: [1] Giovanni Perissinotto è amministratore delegato di Generali dal 2001, carica resa più forte dopo il rinnovo del consiglio di amministrazione del 2010, che nel riassetto della gestione dell’azienda lo ha nominato anche Group Chief Executive Officer. Ha in mano la guida operativa del gruppo assicurativo, nel quale è entrato, 27enne, nel 1980.
[2] Morto 93enne nel 2000, Enrico Cuccia è stato per oltre mezzo secolo la guida di Mediobanca, la banca d’affari che lui stesso aveva fondato nel 1946 e che è stata (e in misura minore ancora è) lo snodo centrale del potere finanziario in Italia, nel quale si decidevano le sorti delle maggiori banche e aziende del paese. La partecipazione storicamente più importante di Mediobanca è Generali. Oggi l’istituto milanese ha il 13,4% delle azioni di Trieste.
[3] Finanziere e imprenditore bretone a capo di un gruppo industriale da 6 miliardi di fatturato, Vincent Bollorè, 59 anni, è vicepresidente di Generali dal 2010, in virtù della sua partecipazione, con il 5%, in Mediobanca. È considerato vicino al presidente Geronzi, così come al vecchio presidente di Generali, Antoine Bernheim.
[4] Alberto Nagel, 45 anni, in Mediobanca dal ’91, è amministratore della banca dal 2008. Nel 2010 è stato nominato vicepresidente di Generali, dopo sei anni passati nel cda. In Generali si è dato il compito di fare da mediatore nello scontro in corso cercando di riportare l’attenzione dei soci al buon andamento della compagnia.
[5] Il quarantasettenne Petr Kellner è un ricchissimo magnate ceco (Forbes stima abbia un patrimonio di 7,6 miliardi di dollari) che controlla la Ppf, uno dei più importanti agglomerati finanziari cechi. È entrato nel consiglio di amministrazione di Generali nel 2007, dopo avere firmato con la compagnia italiana un accordo per la creazione di una joint venture che mette assieme le attività assicurative dei due gruppi nell’Est Europa: la jv si chiama Generali-Ppf holding, il 51% è degli italiani, il 49% è di Kellner, che è anche azionista di Generali con il 2%. Quell’accordo è diventato un caso perché prevede un’opzione put out, per i cechi: Kellner a un certo punto potrà uscirne incassando una certa somma da Generali. Nell’incertezza sull’ammontare di questa cifra il 16 marzo Bollorè – che aveva detto di sospettare un accordo per un esborso di 3 miliardi – si è astenuto dal votare il bilancio di Generali, una mossa palesemente in polemica con l’Ad e Ceo Perissinotto. Con una lettera al cda inviata il 15 marzo Bollorè avrebbe anche scritto di sospettare che Kellner avrebbe già avuto da Generali una garanzia su quella opzione put, con 2,5 miliardi anticipati al finanziere dalla banca Calyon. Generali, il 22 marzo, ha fatto chiarezza con una nota a integrazione dei conti, dove si chiarisce che l’opzione put, che Kellner potrà esercitare nel 2014, prevede per Generali una spesa stimata tra i 2,5 e i 3 miliardi di euro. Tarak Ben Ammar (vedi nota seguente) si è schierato con Bollorè dicendo che senza la sua astensione il bilancio di Generali «poteva essere falso». Venerdì scorso Ppf è intervenuta chiedendo di evitare la diffusione di notizie riservate, mentre Perissinotto ha fatto sapere che valuta di fare un esposto alla Consob contro la diffusione di notizie imprecise sulla situazione di Generali. La Consob ha chiesto all’azienda di diffondere un’informativa sul caso Ppf questo lunedì.
[6] Tarak Ben Ammar è un imprenditore franco-tunisino, 59 anni, da sempre amico del premier Silvio Berlusconi e vicino anche a Bollorè. Siede nel consiglio di amministrazione di Mediobanca e di Telecom Italia. Intervistato dal Corriere il 10 marzo scorso, Ben Ammar ha lasciato capire di ritenere che Generali non stia dando i risultati sperati mentre su La7, qualche giorno dopo, ha aggiunto che, senza il chiarimento richiesto da Bollorè, il bilancio di Generali sarebbe potuto essere considerato «falso».
[7] L’imprenditore Diego Della Valle, azionista e consigliere di Generali, schierato con i manager e contro Geronzi, al cda di Generali del 2 febbraio ha dato degli “arzilli vecchietti” a Geronzi e a Giovanni Bazoli, presidente di Intesa Sanpaolo. Quindi ha detto che Generali dovrebbe vendere la quota di Rcs. Altro attacco a fine febbraio, quando ha detto all’Espresso di Geronzi: «Considerando lo scenario globale della competizione, le energie per affrontarlo e la conoscenza del mondo che occorre, fossi in lui alla pensione ci comincerei a pensare». Infine, dopo l’intervista di Ben Ammar sul Corriere che polemizzava con lui, Della Valle ha detto che Geronzi «farebbe bene a vergognarsi per il comportamento che sta tenendo e per l’imbarazzo in cui sta mettendo la società e le persone che ci lavorano».
[8] Al convegno degli operatori finanziari che si è tenuto a Verona, il 25 febbraio scorso, Geronzi si è detto molto soddisfatto di come sta lavorando il consiglio di amministrazione di Generali, ma poi ha aggiunto che «in questo momento dobbiamo ancora affrontare un piccolo settore, che è l’immobiliare», un intervento dietro al quale si legge una critica alle mosse del management.
[9] Il 16 febbraio scorso sul quotidiano economico inglese era uscita un’intervista a Geronzi nella quale il presidente dava il suo indirizzo alla strategia del gruppo, parlando in particolare della necessità di puntare di più sul Sudamerica, di non abbandonare la partecipazione in Rcs, e di porsi come architrave del sistema italiano: la «più grande multinazionale italiana potrebbe sostenere progetti del governo come il ponte sullo Stretto».
[10] Ex giornalista dell’Ansa, ex membro della P2, nel 1994 condannato nel processo Enimont, Luigi Bisignani è considerato un uomo vicino a Gianni Letta. I pubblici ministeri di Napoli Francesco Curcio e Henry John Woodcock lo vedono al centro della cosiddetta P4, una presunta associazione segreta che farebbe pressioni politiche e che oltre a Bisignani vedrebbe coinvolto il parlamentare del Pdl Alfonso Papa.
(note a cura di Pietro Saccò)