Giulia Vola, Gioia 9/4/2011, 9 aprile 2011
MORMONE. CASALINGHE PER NIENTE DISPERATE
Sono donne americane,nemmeno trentenni e madri di almeno
tre figli. Hanno mariti adorabili, amici a iosa, guardaroba fashion e vivono in case che sembrano uscite da cataloghi Ikea. Passano le giornate facendo bricolage e cucito, portando il cane al parco e chiacchierando tra loro. Bevono cioccolata calda, cucinano torte da leccarsi i baffi e organizzano una cena dopo l’altra. Sono casalinghe ma tutt’altro che disperate. Anzi. La famiglia è la loro vocazione, il matrimonio la loro missione, la felicità l’ingrediente base. E a vederle all’opera, sembra che non abbiano mai fatto altro nella vita.
Leggere i loro blog è un po’ come vedere un film a lieto fine. Si cerca la ricetta o l’inganno e si trova un link che rimanda alla Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni (Lds). In due parole, sono mormoni.
Altro che comunità chiuse nelle valli dello Utah, con donne in casa a figliare e mariti poligami da tenere a bada. «La poligamia», precisa il responsabile della Chiesa per i rapporti con il Governo italiano, Giuseppe Pasta, «fu adottata per un breve periodo da una piccola minoranza che non superò mai il 4 per cento della popolazione e fu ufficialmente abrogata nel 1890: chi la pratica viene subito scomunicato». Qui siamo a New York, lontani dalle montagne di Salt Lake City, dalla regione
con il più alto tasso di vendita di antidepressivi e dalla statistica della Utah Psychiatric Association che ne attribuisce la causa alla pressione delle donne spinte all’ideale perfetto di mogli e madri.
Qui siamo nella Big Apple, nelle case delle giovani donne che l’autrice del blog Seriously So Blessed, un’anonima sarcastica mormone, ha sintetizzato nelle interviste raccolte nel Mormon
Women Project: «S’inizia a pensare che bisogna essere assolutamente perfetti in ogni settore. E se non si riesce, lo si ostenta». Certo è che, a scorrere i blog, sembra che i mormoni di oggi si piacciano e vogliano piacere ai diffidenti, vogliano contagiare la società smontando i pregiudizi e convincere che non sono cristian di serie B, né invasati di serie A.
Lo fanno in televisione e su Internet, i primi megafoni da sfruttare. «A un certo punto della vita», scrive la giovane e bella
mamma mormone Natalie Holbrook sul suo blog Nat the Fat Rat, «il mio lavoro è diventato dimostrare agli altri che avevano
torto. Che essere mormone è cool. Non siamo bacchettoni, non siamo strani, possiamo essere divertenti e normali, non siamo stupidi, non abbiamo le corna». Natalie, come molti mormoni,
non ha avuto un’infanzia facile, non è cresciuta a Salt Lake City, dove il 40 per cento della popolazione è fedele alla Chiesa: «Sono cresciuta nell’Oregon», scrive sul suo blog. «Ho capito presto di poter contare su pochi amici: ridevano alle mie spalle, li ho persi quasi tutti. Mi accusavano di non essere cristiana, secondo loro dovevo essere salvata e i miei genitori si erano
fatti fare il lavaggio del cervello. È stato terribile».
Oggi il blog Nat the Fat Rat pullula dei commenti di donne laureate, non ancora trentenni, atee, femministe, senza figli e per nulla felici delle loro esistenze. «Sono le mie lettrici più affezionate. Uno dei post più frequenti», racconta Natalie, «è: “Mi stai facendo venire voglia di fare figli! E io non ho mai avuto voglia di fare figli”». Una giovane donna che si firma G. scrive: «Sono semplicemente gelosa. Anch’io voglio intrecciare fiori tutto il giorno! E invece, le lunghe giornate passate a lavorare in laboratorio sottopagata mi distruggono; da dieci
anni vivo in un minuscolo appartamento in affitto: sono troppo povera per un mutuo. Di fare una famiglia per adesso non se ne parla: io e mio marito non guadagniamo abbastanza. Non voglio lasciare il mio lavoro per cuocere biscotti o cucire costumi di Halloween, ma leggere il blog delle mamme mormoni è l’evasione più bella, un modo per immaginare una vita più dolce, più semplice».
E allora, da Rockstar Diaries a Underaged and Engaged, passando per Nie Nie Dialogues, C. Jane Enjoy It e Say Yes to
Hoboken, i mormon lifestyle blogger si sono ritagliati una nicchia più che rumorosa nella blogosfera. Una recente discussione del mormonismo sul blog Jezebel ha scatenato una cascata di confessioni di giovani donne non religiose affascinate dalle lucide e felici vite domestiche delle loro colleghe dei Santi degli Ultimi Giorni. «Hanno belle case, bambini perfetti, amorevoli, mariti super attenti. Le cose sembrano molto normali e tranquille», scrive BrookeD, un’assidua lettrice che ammette di consultare cinque blog mormoni al giorno. «Pensavo di essere l’unica!» risponde Niky79. «GRAZIE! Anch’io sono una segreta lettrice nonmormone di blog mormoni», aggiunge una terza.
Stesso discorso negli spot pubblicitari trasmessi in nove città degli Stati Uniti, tra cui Pittsburgh, Oklahoma City, St. Louis, Tucson e Minneapolis, dove i mormoni si dichiarano solo alla fine, dopo aver precisato di essere giovani, attraenti, di divertirsi facendo surf tra le onde o andando sullo skateboard o dipingendo quadri. Certo, il fatto che Mitt Romney, già candidato alle primarie repubblicane del 2008 e in corsa per le presidenziali del 2012, sia un noto mormone, induce in tentazione.
D’altronde, la rivoluzione tecnologica dei mormoni risale ai primi anni del 2000, quando gli anziani della Chiesa iniziarono la promozione ufficiale dei blog come strumento per diffondere il vangelo. La comunità crebbe così in fretta da guadagnarsi il soprannome «Bloggernacle», gioco di parole che richiama il «Mormon Tabernacle Choir», il noto coro mormonico. Oggi
conta migliaia di affiliati, tratta centinaia di temi e assegna premi ai blogger più impegnati e rappresentativi. Per molte donne mormoni bloggare sulle delizie della vita domestica è
un’esigenza. In proposito la sa lunga Emily Henderson, designer, blogger ed ex mormone. Leggendo il suo, The Brass Petal, si capisce come il tradizionale «fai da te» americano ben si sposi con le attitudini mormoni «diventate improvvisamente competenze alla moda. Bloggare», scrive Henderson, «è qualcosa che loro/noi facciamo per sentirci produttive, potenzialmente in grado di fare soldi per le nostre famiglie e lo possiamo fare da casa in qualsiasi momento».
A smontare il mito delle «happier-than-thou» (più felici di te) delle mormon housewife blogger, ci pensa l’irriverente e satirico Seriously So Blessed: «Non ho scritto sul blog per un intero
week end. Oddio! Mi sento così sciatta. Va bene, sono stata in crociera, ci siamo divertiti come dei matti ma se non lo scrivo sul blog è accaduto veramente???».
A dirla tutta, i mormoni sono un po’ scomodi. Non bevono, non fumano, mangiano sano, vivono secondo natura in famiglie numerose, sono felici e sembrano avvolti in un’aura di irreprensibilità morale che ha ben pochi rivali tra le Chiese occidentali. Joseph Smith fondò il culto negli Stati Uniti all’inizio dell’Ottocento. Secondo i fedeli, Smith entrò in possesso di «tavole d’oro» su cui era scritto il libro di Mormon in egiziano riformato, una lingua sconosciuta, che lui avrebbe tradotto e riconsegnato all’angelo Moroni dopo averne completata la traduzione.
«Beh, per usare una parola che mi fa rabbrividire», scrive Emily
Matchar, scrittrice americana, «questi blog sono stranamente edificanti. Leggere i mormon lifestyle blog è come scrutare in un mondo strano e affascinante, un mondo dove le questioni più gravose della vita moderna si semplificano. Sembrano
quasi sovversive a chi, come me, è stato svezzato a suon di storie piagnucolose per far quadrare il bilancio, tassi di divorzio
svettanti e il pericolo di sposarsi troppo giovani o troppo vecchi o troppo qualunque cosa».
Insomma, per riassumerla alla Natalie e colleghe, la domanda giusta è: «Nella chiesa Lds, la maternità è un lavoro molto importante, è trattato con molto rispetto, non è una condizione
restrittiva o banale. Che cosa sta succedendo? Siamo tutti così infelici che un gruppo di blog ottimisti che raccontano gli aspetti positivi della vita domestica diventano un fenomeno da baraccone?».