Aldo Grasso, Corriere della Sera 31/03/2011, 31 marzo 2011
DAL «TEATRO» DI MIKE AI TALK SHOW
Il pubblico in studio c’è sempre stato, fin dagli esordi della tv. Ricordiamo il pubblico impellicciato di «Lascia o raddoppia?» , quello festante di «Domenica è sempre domenica» , quello dei supporter di «Campanile sera» . Ma era un pubblico «teatrale» , un pubblico che assisteva allo spettacolo come se si trovasse in un teatro: applaudiva, fischiava, partecipava, incurante però della presenza delle telecamere. Come oggi succede ancora con gli show di Fiorello o con «Zelig» . Fu nel 1958 che il pubblico in studio diventò per la prima volta in Italia un problema teorico. Andava in onda in edizione originale il «Perry Como Show» con una voce fuori campo che cercava vanamente di spiegare le situazioni comiche, tentando di cucire fra loro canzoni e sketch. Su quel programma fiorì la leggenda che gli americani ridessero solo per le battute più stupide; gli italiani, infatti, per un sostanziale difetto di comprensione linguistica, e per assenza di pubblico in studio, non potevano certo andare in brodo di giuggiole per spiritosaggini riferite, oltretutto, a un contesto diverso dal nostro. Dunque il pubblico esisteva anche per metonimia, con applausi registrati. Quando in Italia si diffonde il talk show e, più in generale, la tv commerciale, nasce un nuovo tipo di pubblico in studio. Se nella televisione delle origini il pubblico in studio rappresentava per lo più lo spettatore «puro» , figurante di una messa in scena che si svolgeva indipendentemente da lui, la platea neotelevisiva acquista la parola, partecipa attivamente alla rappresentazione, talvolta ne è protagonista. Il pubblico conquista il primo piano: Maurizio Costanzo può iniziare il suo show conversando con gli spettatori in sala, o portando sulla ribalta personaggi sconosciuti. È la riscossa dell’uomo comune, che viene invitato a far parte della rappresentazione televisiva, in virtù delle sue opinioni o della sua storia, e ne diventa talvolta un eroe: nel reality show, affine per certi aspetti al talk show, vengono celebrati insieme l’eroe ordinario e la forza della televisione di modificare la realtà attraverso il pubblico stesso ormai salito agli onori della ribalta. In altri casi l’assenza «fisica» del pubblico viene superata con elementi vicari: il telefono, le lettere, i sondaggi e, ultimamente, l’e-mail, il sito web, il dibattito in rete col popolo di Internet.
Aldo Grasso