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 2011  marzo 31 Giovedì calendario

L’ORDINE SEGRETO DATO DA OBAMA AGLI AGENTI DELLA CIA

Gli Usa non hanno ancora deciso pubblicamente se armare i ribelli però possono farlo in modo clandestino. Barack Obama ha autorizzato la Cia a condurre operazioni segrete in Libia. Un ordine — emesso «due o tre settimane fa» — che ha permesso azioni di spionaggio in collegamento con le forze speciali in supporto agli insorti. Ciò significa che gli 007 hanno già lanciato operazioni contro Gheddafi. Il ricorso dei «cavernicoli» — così sono chiamati in gergo i membri delle unità paramilitari— era scontato. Insieme a loro operano francesi e britannici. Distruggono obiettivi particolari — come i depositi di armi chimiche —, eseguono missioni che non possono essere condotte dall’aviazione, eliminano gli “ HVT”, i bersagli di alto valore. Le rivelazioni sull’ordine si intrecciano con il progetto di inviare armi agli insorti, un passo che potrebbe rientrare tra i compiti della Cia nel caso che non siano risolti diversi nodi. Il piano, infatti, ha provocato dissidi— anche forti — all’interno dell’amministrazione Usa. L’interventista Hillary Clinton ha legato la sua cautela all’interrogativo su «chi siano davvero» i ribelli. Pentagono e intelligence temono che le armi finiscano in mani sbagliate. Un confronto nel quale è entrato lo stesso presidente. In un’intervista, Barack Obama ha ipotizzato l’aiuto militare agli insorti. «Stiamo ancora valutando, molto dipenderà da quello che faranno le forze di Gheddafi» . I contrasti a Washington si rispecchiano in quelli sulla scena diplomatica. La Gran Bretagna è convinta dell’opportunità di armare i rivoluzionari, la Francia è più prudente. Contrari Norvegia, Danimarca e Belgio. L’Italia ritiene che sia l’ultima carta da giocare e per ora non appare favorevole. Negativa— in modo severo — la posizione di Russia, Cina e India. Su questa linea il segretario della Nato Rasmussen: «Siamo in Libia — ha osservato — per proteggere i cittadini e non per armarli» . Con questa stessa motivazione, russi e cinesi potrebbero promuovere un’azione al Consiglio di sicurezza. Una grana diplomatica e legale. Gli esperti ritengono che la risoluzione Onu, in virtù dell’embargo, proibisca la fornitura di armi. La stessa Nato può mettersi di mezzo: fonti del Congresso non hanno escluso che gli alleati abbiano frenato nelle ultime 48 ore i bombardamenti sui lealisti. C’è poi la questione tecnica. Di cosa hanno bisogno gli insorti? Non certo solo di fucili e munizioni. Gli scontri hanno evidenziato la necessità di «pezzi» controcarro, di lanciarazzi a lunga gittata, di cannoni. Ossia di uno scudo che permetta di difendere le posizioni conquistate. Servono poi apparati di comunicazione e autocisterne per la benzina che sostituiscano le taniche e i bottiglioni usati in questi giorni. Ma più di tutto gli insorti devono essere trasformati in una vera forza combattente. Risultato che si ottiene con il tempo e gli istruttori alleati. In alternativa si può ricorrere a militari dei Paesi arabi o a società private, come avvenne in Bosnia. Gli «scarponi sul terreno» — per alcuni osservatori — significano una lunga presenza nel teatro. Infine c’è la paura che si ripeta quanto è avvenuto in Afghanistan. Gli Usa hanno aiutato i mujahedin contro i russi e poi si sono ritrovati al Qaeda. Già trapelano segnalazioni su islamisti tra gli insorti anche se da Bengasi negano con decisione. E le autorità del Ciad, Paese amico di Gheddafi, hanno sostenuto che i terroristi algerini si sono impossessati di missili anti-aerei rubati nei depositi della Cirenaica. Gli agenti inviati dalla Cia avrebbero, tra i loro compiti, anche quello di verificare la presenza di eventuali qaedisti.
Guido Olimpio