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 2011  marzo 31 Giovedì calendario

DA MANDURIA ALLA TOSCANA: «TRAVOLTI DA SCELTE SBAGLIATE» —

«Cose da matti, e io di matti me ne intendo» . Il primo amministratore caduto sul fronte di questa emergenza è un colonnello dell’esercito in aspettativa a Milano, dove lavora da 25 anni come psichiatra. «Io sono un militare, ho un mio codice d’onore. Non posso accettare di essere preso in giro» . Ieri doveva essere una giornata speciale, ma per altri motivi. Paolo Tommasino festeggiava l’anniversario dell’elezione a sindaco della sua Manduria. Niente candeline, invece. Solo una lettera di dimissioni. «Cos’altro posso fare? Il nostro territorio omai è conquistato. Io mi sono fidato, e guarda come è andata a finire. Travolti, sommersi, traditi» . La figuraccia gli brucia ancora. Appena due giorni fa, in un Consiglio comunale così straordinario da essere convocato di prima mattina, aveva portato con sé l’amico e compagno di partito Alfredo Mantovano, «Fidatevi, non ne arriveranno più di quanti ce ne sono adesso» era stata la promessa. Ad ascoltare la registrazione della seduta: un giuramento. L’ostensione del sottosegretario agli Interni aveva calmato animi piuttosto accesi, alle prese con le lamentele dei contadini che vivono intorno alla tendopoli. Mantovano aveva anche combinato l’incontro al Viminale con Maroni. Volevano avviare la seconda fase, un accordo con la Regione per la redistribuzione degli immigrati sul territorio e lo smantellamento del campo. Mentre era in treno da Bari e Roma, Tommasino aveva già scritto la lettera di dimissioni. Per scaramanzia, e non solo per quella. Lunedì durante la sua visita al campo di Manduria aveva notato un aumento esponenziale delle tende, e la circostanza gli aveva fatto sorgere un leggerissimo sospetto. Poi le voci, e infine ieri mattina, mentre era nella sala d’aspetto del ministero, la notizia di altri 1.600 arrivi. Il colonnello ha girato i tacchi ed è tornato a casa, non c’era altro da capire. «Cinquecento, poi 1.400 e adesso chissà quanti altri. Mi sono fidato di istituzioni nelle quali ho creduto per tutta la mia vita, la ricompensa è questa. Non è possibile essere trattati così. Ci conquistano con il raggiro, sfruttando la nostra buona fede. Tutto deciso dall’alto. Mi conceda la retorica da militare: per me la libertà e la dignità sono valori imprescindibili. Buon proseguimento, facciano senza di me» . I dimissionari, gli arrabbiati, gli insoddisfatti. Sicilia e Basilicata incassano in silenzio, la Campania ha lasciato gestire la trattiva al Prefetto. All’incontro di ieri con Maroni si è presentato solo un assessore, segno di una certa voglia di disimpegno. Il posto è la caserma Andolfato, un piazzale enorme e dismesso che si affaccia sulla strada per Santa Maria Capua a Vetere, ai bordi della provincia di Caserta. Ottocento tende, per ora. «Non sarà facile farlo digerire alla popolazione» commentano fonti vicine al governatore Stefano Caldoro. «Quella è già una zona ad alta densità di immigrati» . E nell’area di Napoli alle prese con l’ennesima crisi dei rifiuti l’arrivo degli immigrati potrebbe rappresentare una variabile per nulla piacevole. Piccole Lampedusa crescono. L’incipit di Enrico Rossi, governatore della Toscana, lascia intendere il seguito. La filiera pugliese, dove dal sindaco ai presidenti di Provincia e Regione contestano la scelta del governo, si ripropone più a Nord. «Il governo è accecato dall’ideologia, la stessa che ha fatto dell’isola siciliana l’imbuto di questa emergenza. Dicono che arriveranno 18mila tunisini e preparano campi concentrazionali, li ho appena sentiti definire in questo modo non elegante, fatti tende e filo spinato» . Anche Rossi è in treno, di ritorno dall’incontro con Maroni. Era stato il primo a dare la sua disponibilità all’accoglienza, mettendo una serie di paletti e condizioni. «Era semplice. Bastava dichiarare l’emergenza umanitaria, e tentare di risolverla con Comuni e Regioni. Gli immigrati avrebbero attraversato il territorio e avrebbero proseguito per la Francia. Invece agiscono d’imperio, non danno la copertura umanitaria e ci dicono che dobbiamo gestire le proteste. Troppo comodo» . A gennaio il Radar di Coltano è arrivato quarto nell’annuale classifica dei luoghi del cuore stilata dal Fondo Ambiente Italiano. La Stazione radiotelegrafica Guglielmo Marconi venne inaugurata nel 1911, omaggio di Vittorio Emanuele III all’inventore italiano appena richiamato dalla Cornovaglia per proseguire i suoi studi in patria. «Andrebbe recuperato e reso visitabile per restituirlo alla collettività» disse Salvatore Settis. Diventerà l’obolo toscano, nel cortile stanno per essere allestite 400 tende. «Non condivido la scelta del luogo, non condivido il modo, non condivido nulla» . Scusi governatore Rossi, ma la solidarietà non dovrebbe essere senza condizioni? «Oltre a barare sui numeri, come nel caso di Manduria, hanno deciso di fare tutto loro. Un governo di stampo leghista. A Coltano arriveranno 400 disperati pericolosi per se stessi e per chi ci vive intorno» . Il posto è in una frazione agricola a sud di Pisa, fu sede del campo di prigionia dalle truppe americane nel 1945 vi rinchiusero trentamila militari della Repubblica Sociale Italiana. I lavori cominceranno questa mattina. Il sindaco di Pisa Marco Filippeschi si dice pronto a denunciare il governo se il campo verrà aperto. Ieri sera intorno all’ex Radar c’erano cinquecento trecento persone che protestavano. «Coltano non è un lager» , «Pisa è satura» . Si fermeranno anche di notte, pronte ad impedire l’accesso dei mezzi logistici che dovranno preparare l’accampamento. Nel 1912 la stazione Marconi fu l’unica a captare l’SOS lanciato dal Titanic. Speriamo bene.
Marco Imarisio