Gian Antonio Stella, Corriere della Sera 30/03/2011, 30 marzo 2011
GLI INVESTIMENTI ESTERI CHE NON ARRIVANO AL SUD
Perché diavolo un’impresa straniera dovrebbe partecipare alle gare d’appalto per investire in Sicilia? Potrebbe mai accettare un gruppo francese, austriaco o britannico di essere battuto in una pubblica sfida a causa di un ribasso spropositato e veder poi l’impresa vincitrice impuntarsi per ottenere oltre il doppio di quanto concordato? Eppure è esattamente quello che sta succedendo con il cosiddetto «anello ferroviario» , la metropolitana che a Palermo dovrebbe unire l’Ucciardone, la Stazione Notarbartolo, il teatro Politeama e la Stazione centrale. Un tragitto breve: 2,3 chilometri. Con tre fermate: Porto, Politeama e Lolli. Per aggiudicarsi la commessa, la catanese «Tecnis» si offrì di fare i lavori per 76 milioni di euro. Accettando le condizioni di presentare entro 180 giorni il progetto esecutivo e di aprire e chiudere i cantieri in meno di tre anni. E questo fu infatti il titolo dei giornali, quel giorno: «Anello ferroviario, si parte» . Occhiello: «I lavori dureranno 1.035 giorni» . Solo 228 in meno del tempo impiegato dai cinesi per costruire a Shanghai il ponte di Donghai, che con le sue 8 corsie e i suoi 32 chilometri e passa di lunghezza è il ponte in mezzo al mare più spettacolare del mondo. Era il 22 giugno 2007. Da allora, di anni, ne sono passati quasi quattro. Senza che un solo badile sia stato affondato nella terra, una sola pietra sia stata posata, una sola betoniera di calcestruzzo si sia messa in movimento. Peggio: l’impresa vincitrice ha cominciato a dire che c’erano problemi di qua e problemi di là che richiedevano una revisione all’insù dei costi concordati. Finché, nel novembre scorso, l’ingegnere Roberto Romano (project manager di Italferr, il braccio operativo di Rfi, la Rete ferroviaria Italiana alla quale il Comune ha affidato la gestione di tutto) ha messo nero su bianco che «da una prima ricognizione sulla valorizzazione esposta negli elaborati economici del progetto esecutivo si evidenzia un valore complessivo dichiarato delle opere pari a 150 milioni, a fronte del valore delle corrispondenti opere del progetto definitivo contrattuale pari a circa 76 milioni» . E a questi, come ha scritto Giancarlo Macaluso sul Giornale di Sicilia, andavano aggiunti «altri venti milioni fra oneri della sicurezza (9 milioni, il contratto ne prevedeva solo uno) e lavori per spostare le sottoreti (un’altra decina di milioni). Insomma, una variante stratosferica vicina ai cento milioni, per opere "il cui valore si è più che raddoppiato"» . Il tutto, denuncia la sinistra per bocca del consigliere comunale Maurizio Pellegrino, con il contorno di assunzioni in famiglia, conflitti d’interessi, confusione estrema tra controllori e controllati… E torniamo al tema: sarà poi un caso se le regioni del Sud, Sicilia in testa, ricevono appena lo 0,66%degli investimenti esteri che arrivano in Italia? Cos’è: colpa degli stranieri con la puzza sotto il naso?
Gian Antonio Stella