Roberto Furlani, Corriere della Sera 29/03/2011, 29 marzo 2011
TROVARE IL CIBO? UN GIOCO DI SQUADRA
Gli elefanti sanno quando è il caso di darsi una «zampa» (o la... proboscide), dimostrando un complesso livello di cooperazione osservato unicamente negli uomini e nei primati più evoluti. «La cooperazione in sé non è unica — afferma Joshua Plotnik del Dipartimento di Psicologia dell’Università di Emory (Usa), coordinatore di un recente studio, pubblicato su Pnas, Proceedings of the National Academy of Sciences, sulla collaborazione tra elefanti asiatici —. Diverse specie, dalle api ai leoni, si aiutano in vario modo ma non è chiaro in che modo questi animali comprendano i meccanismi della cooperazione, in quanto si può trattare di un comportamento preprogrammato» . Gli elefanti dimostrano di possedere livelli di intelligenza propri di animali molto evoluti, come i delfini e i bonobo. Ad esempio riconoscono la propria immagine allo specchio come appartenente a loro, comportamento che appare unico a specie che dimostrano livelli complessi di empatia e socialità. Plotnik ha incentrato il suo studio su pachidermi tenuti in cattività nel centro thailandese di Lampang. In estrema sintesi il problema sottoposto agli animali era di accedere a del cibo, che veniva immesso nel recinto dove stavano, solo se venivano tirati contemporamente i capi di una stessa corda. Per rendere più complesso l’esperimento e capire il livello di interazione degli esemplari, le estremità della corda erano collocate in una corsia separata, in cui accedevano in tempi differenti. «Gli elefanti — continua Plotnik — capivano che tirare la fune da soli non aveva senso e così aspettavano anche un minuto prima che il partner prendesse posizione e iniziasse a cooperare. Un tempo lungo per un animale, vicino a una fonte di cibo irresistibile. L’esperimento in sé può sembrare semplice, ma risulta difficile per molti animali. Ad esempio i corvi, animali estremante intelligenti, non aspettano le mosse del compagno. Recenti esperienze sulle iene e sulle scimmie cappuccine dimostrano che entrambe comprendono l’importanza di avere un partner ma non il suo contributo, cosa che invece gli scimpanzé dimostrano di capire perfettamente» . E conclude: «Considerando la velocità con cui i pachidermi asiatici hanno compreso la necessità di cooperare per risolvere un problema, questi risultati mettono a pari livello gli elefanti con i primati» . «Cooperazione e socialità — ha scritto recentemente su Nature Education Knowledge Dustin Rubenstein, dell’Università della Columbia (Usa) — sono diffuse nel mondo animale e possono essere spiegate come il bisogno di condividere il patrimonio genetico tra individui che interagiscono tra loro. Molte società complesse animali sono infatti famiglie, in cui i membri sono parenti e possiedono perciò molti geni in comune. La cooperazione, quindi, può essere vista come un tentativo, da parte di un individuo, di massimizzare la possibilità di trasmettere il proprio Dna. Con il progresso degli studi sul genoma animale, nei prossimi decenni potremo capire le basi genetiche della cooperazione e della socialità, in diverse specie di vertebrati e invertebrati» .
Roberto Furlani