Marco Imarisio, Corriere della Sera 29/03/2011, 29 marzo 2011
L’EX ALLIEVO DI NEGRI E I VELENI DI VERBANIA
«Va bene, d’accordo. Parliamone. Cosa le devo dire, che non sono più quello di quarant’anni fa?» . Con un sorriso amaro che va e viene, molta stanchezza, voce così calma da sembrare rassegnata. Sono già venuti a chiedergli del suo passato, ma il rinnovarsi di un rito che gli propone vecchie colpe lo fa star male. Giorgio Scroffernecher, vestito da manager affermato, giacca, cravatta, camicia a righe. Sessant’anni, una moglie, tre figli. Lavora come responsabile delle relazioni di una azienda di impianti industriali, la più grande del Verbano Cusio Ossola. In città lo conoscono tutti, è stato promotore della Fondazione comunitaria che gestisce le opere di beneficenza della provincia, fa volontariato. Nel 2002 ha fondato Essere gentile, «finalizzata— si legge nello statuto— alla promozione della gentilezza come espressione qualificante nelle relazioni sociali» . Quando il direttivo del Museo del Paesaggio viene azzerato, il sindaco Marco Zacchera si convince che è l’uomo giusto per risollevare un ente in crisi, segnato da un tasso di conflittualità interna che Saigon era Disneyland in confronto, causa primaria della fuga a gambe levate di collaboratori illustri come Philippe Daverio. Passa qualche giorno, e corrono voci, sotto forma di mail mandate agli organi di informazione locali. In allegato, vecchi ritagli di giornale ormai ingialliti. Gli anni di piombo non finiscono mai, non solo nel Vco. Scroffernecher aveva 19 anni, quando entrò in Potere operaio. È stato imputato e condannato nel processo 7 Aprile, per partecipazione a banda armata. Prese parte a una esercitazione di tiro sull’altipiano di Asiago, in compagnia di militanti di Potop che avevano poi formato un’altra organizzazione. «Non ho mai partecipato ad alcuna azione terroristica. Già all’epoca ero cambiato radicalmente. Facevo parte della generazione che in quegli anni pretendeva di prendere il cielo, vogliamo tutto e subito. Certo, lo volevo anch’io. Poi si diventa grandi» . Il suo cattivo maestro, è lui a definirlo così, era naturalmente Toni Negri. «Vedeva e giudicava il mondo attraverso la possibilità di cambiarlo a vantaggio di chi è debole. Naturalmente può aver detto cose sbagliate, ma era un uomo di grande cultura» . In carcere ha conosciuto Cesare Battisti, che gli chiese di insegnargli lo yoga. Non gli è mai piaciuto, e lo lascia capire. «È arrivato alla politica dalla criminalità comune, mosso da altre intenzioni. Nel suo caso l’ideologia non c’entra nulla» . Verbania sta cambiando pelle. I tempi di Montefibre e del polo chimico sono anch’essi un ricordo lontano, la piccola città sul lago Maggiore è ormai tutta rivolta al turismo, alla promozione di se stessa. Il Museo del Paesaggio è una istituzione centenaria divisa in tre sedi. Daverio lo definisce «una Pompei del Piemonte, purtroppo piena di opere che nessuno si è preso la briga di catalogare» . La maggioranza dei consiglieri viene nominata dal sindaco. Zacchera è stato eletto nel giugno 2009. Dopo 64 anni di centrosinistra, la città è passata a un uomo di destra. L’applicazione dello spoil system forse è stata brusca, generando una rivolta contro il nuovo Consiglio. Alla fine, la decisione di azzerare ripartendo da Scroffernecher. «Facciamola finita» . Una manata sulla scrivania del suo ufficio al primo piano del municipio. «Siamo in uno stato di diritto. Uno può sbagliare, viene condannato, paga. Ha anche ottenuto la riabilitazione civile, cosa vogliono che faccia di più?» . Zacchera non pronuncia mai il cognome del diretto interessato, ma solo per comprensibili ragioni fonetiche. Dice che indietro non torna, non ci pensa nemmeno. Il primo difensore di Scroffernecher è proprio lui, che stava dall’altra parte, e ancora oggi fa discutere per le sue scelte, come la proposta di intitolare una piazza dietro al campanile di Intra a Giovanni Fasana, ex vicefederale di Verbania e militante dell’Rsi. Zacchera si è iscritto da giovane all’Msi, racconta di essere stato «nel mirino» delle Brigate rosse. Poi An, e infine il Pdl. «Io ero un estremista nero, lui un estremista rosso. Tutti abbiamo un passato. Quando gli ho offerto il posto si è autodenunciato. "C’è una cosa che devi sapere"mi ha detto. Bel gesto. Gli ho chiesto se aveva carichi pendenti: no. Il resto è veleno sparso da corvi con tempo da perdere» . Scroffenercher ha raccontato la sua storia al primo figlio, cha ha 23 anni. «Mi conosce per quel che sono e per quel che sono stato, come è giusto» . Dice di non aver mai custodito la sua vita precedente come un segreto. «Non avrei problemi a discuterne con chi l’ha svelata. Sarebbe un approccio onesto, potrei spiegare quale era il contesto, come e perché ho sbagliato. Ma non credo ci sia interesse a farlo. Quello che contava era infilarmi in un tritacarne, per creare problemi e dividere. Ci sono riusciti» .
Marco Imarisio