Farid Adly-Guido Olimpio, Corriere della Sera 29/03/2011, 29 marzo 2011
I TRE «CERCHI DI FUOCO» A DIFESA DEL COLONNELLO— I
ribelli non hanno i mezzi per arrivare a Tripoli da soli, i loro successi sono precari e tenui: lo hanno sottolineato ieri fonti americane per smorzare le velleità di una parte degli insorti. Ma il Colonnello deve adottare comunque le sue contromisure con un apparato indebolito e che può fare poche mosse. Tre i cerchi— o linee — di difesa creati attorno al raìs. Il cerchio esterno La sconfitta di Ajdabiya ha svelato la consistenza dei reparti che agiscono lontano da Tripoli. I prigionieri hanno raccontato che la località era presidiata da 300 soldati più altrettanti «mercenari» , alcuni addestrati, altri semplicemente rastrellati tra i lavoratori africani. Soldati di ventura a 30 dollari al giorno e poveracci. Le unità lasciate nelle località periferiche contano su corazzati, qualche semovente, vecchi blindati e le tradizionali katiuscia (lanciarazzi). Quasi sempre i reparti si attestano nelle zone abitate, creano postazioni agli ingressi delle città, convertono gli edifici in fortilizi. Fonti libiche confermano che si tratta di reparti ridotti. Non è possibile per il Colonnello presidiare tutte le località con forze adeguate. Diversa è la situazione nei due avamposti più esterni, Sebha e Sirte. Nella prima, a sud, il regime disporrebbe ancora di una riserva in uomini e mezzi. La base è lo snodo dove sono arrivati gli elementi reclutati in Africa (Ciad, Mali e anche i guerriglieri del Polisario). Sviluppo interessante: Gheddafi avrebbe trasferito ingenti quantità di oro e valuta proprio a Sebha. Quanto a Sirte, città natale del Raìs, la protezione è affidata a uno schieramento misto. Al fianco dei soldati combattono i membri dei comitati popolari e dei clan filo-regime. La popolazione, che ha sempre beneficiato della generosità del suo figlio più famoso, non ama gli Shabab venuti da Bengasi. Gli insorti, infatti, sono stati tenuti lontani a cannonate. La soluzione ideale sarebbe trattare. Una tv ha riferito di un incontro tra una delegazione di ribelli e dignitari di Sirte: hanno mangiato insieme l’agnello, un segnale di distensione. Il secondo cerchio Il secondo cerchio è affidato alle Brigate comandate dai figli del colonnello— Khamis e Mutassem— e all’esercito. La loro missione è mantenere il controllo della regione occidentale. A Misurata, fino a qualche giorno fa, agivano gli uomini di Khalifa Hanech. A Zawiya i miliziani del maggiore Khouildi El Hamidi. I reparti hanno tank riconoscibili per la mimetizzazione a strisce e, aspetto non secondario, i porta-carri che li trasferiscono rapidamente. La logistica è assicurata da camion civili con rimorchio. Questa seconda linea ha contenuto la rivolta ma si è rivelata incapace di stroncarla. Tuttavia resta un limite invalicabile per i ribelli. E’ sul secondo cerchio che la coalizione ha scaricato la sua potenza di fuoco. Il Pentagono ha rivelato ieri di aver impiegato le cannoniere volanti AC 130 e gli A10, macchine da guerra studiate per distruggere corazzati e colonne di veicoli. Un intervento che testimonia — nonostante il profilo basso di Obama— la volontà di annientare il nemico. Questi aerei con la no-fly zone c’entrano ben poco. Inseguiti dai raid, i lealisti ricorrono spesso a vetture normali. Squadre che investono i quartieri più «caldi» . Oppure si affidano a un gran numero di cecchini. Dopo giorni di assedio, però, le unità speciali non hanno spezzato la determinazione della popolazione che si è ribellata. L’ultimo cerchio A Tripoli la protezione rappresenta la sintesi perfetta del regime. Ci sono i soldati della «Khamis» , i militari della Guardia e i miliziani dei comitati. Presidiano gli snodi stradali, gli accessi alla capitale, agiscono come forza repressiva. Nelle ultime ore le notizie dalla capitale segnalano un buon numero di tiratori scelti, incaricati di sparare nel caso qualcuno scenda in piazza. L’armamento del contingente presente a Tripoli è quello standard: tank T72 e T62, kalashnikov, mitragliatrici belghe e mitragliette italiane. Più interessante lo scudo attorno al Raìs. Scomparse le «rivoluzionarie» — le famose soldatesse che Gheddafi ostentava nei viaggi all’estero— sono rimasti «gli uomini della prima fila» conosciuti anche come i «giannizzeri» . Il regime li ha reclutati ancora bambini, poi li ha fatti studiare e sottoposti a un severo training. La loro caserma è a Zanzour, che in epoca ottomana aveva ospitato proprio una scuola per i giannizzeri, i famosi guerrieri dell’Impero turco. Da qui il soprannome per soldati che devono essere disposti a tutto. Il nucleo non ha certo compiti strettamente militari ma è fondamentale per sventare eventuali agguati contro il leader. Inoltre veglia sui bunker del Colonnello. Oltre a quello famoso di Bab El Aziziya a Tripoli— una rete sotterranea su più livelli, spartana quanto efficiente — ve ne sono molti altri. Il regime li ha fatti costruire, tra gli Anni 80 e 90, da alcune società svizzere. Rifugi — hanno precisato gli ingegneri— in grado di resistere alle bombe usate dalle principali aviazioni. Ma è possibile che la tecnologia impiegata e lo spessore siano inutili contro le micidiali bunker-buster in possesso agli alleati. I Tornado britannici le hanno già sganciate e non solo per spaventare Gheddafi.
Farid Adly
Guido Olimpio