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 2011  marzo 30 Mercoledì calendario

IL BLOGGER-EROE DI DAMASCO

La città si sveglia al fragore della "marcia dei milioni" indetta in sostegno al presidente Bashar al Assad e alla Siria. La massira taiyd, la "dimostrazione d´appoggio", è preparata con cura. L´attesa del discorso presidenziale, con la promessa di riforme, sembra centellinata apposta per ammorbidire il terreno.
Anche la notizia delle dimissioni del premier Naji al Otari piomba con tempismo e rinfocola le simpatie. Infatti il governo, inviso da tempo, è composto da ba´thisti per il 60 per cento: la quota prefissata dal partito unico.
Da scuole, università, uffici pubblici chiusi per l´occasione si riversa una serpentina di milioni di teste che ondeggia per le strade di Damasco e di Aleppo.
Il cielo è ancora lattiginoso quando prima delle 8 si alza il coro - Allah, Surya, Bashar u Bas: Dio, Siria, Bashar e basta. Arriva da un drappello piuttosto scalcinato di qualche cantiere o sede del partito. La processione si fa festosa con l´ingresso degli studenti accompagnati dalla musica, zainetti in spalla. Alle 11, la città esplode nella cacofonia di slogan e canzoni patriottiche. Gli elicotteri dell´esercito volano radenti le pendici del monte Qassium.
Il Ba´th sa bene quale sia l´efficacia dei movimenti di piazza, per averli praticati negli Anni Cinquanta: è il grimaldello con cui ha fatto saltare un governo dopo l´altro, fino a monopolizzare il potere, e a condurre la Siria all´unione con l´Egitto nel 1958. Negli annali dell´opposizione, quella data è incisa sulla lapide mortuaria del pluralismo democratico in Siria. Segna il tramonto delle libertà.
Però, per capire quanto sia tenue oggi la presa del Ba´th sulla società siriana, bisogna fendere la folla e accostarsi ai giovani festanti. Sbaglierebbe, infatti, chi travisasse per un ba´thista quell´uomo in livrea verde che ha mollato la guardianìa di un palazzo per lanciarsi nella mischia della debka, la danza tradizionale, agitando una bandiera rossa bianca e nera, punteggiata da due stelle verdi. Aaisa non impugna il simbolo ba´thista, bensì quello siriano: «Ballo per la Siria, non per il partito», si sgola.
In effetti, a perdita d´occhio, non svetta un solo tricolore del Ba´th. Ajar, 32 anni, bella faccia da sumera, quando le si chiede che differenza vi sia fra le bandiere del partito e dello Stato, si scusa ridendo: «Davvero, quella del Ba´th non ricordo nemmeno com´è fatta».
Quel che più colpisce, nell´ascoltare gli argomenti dei dimostranti, è che ricalcano per molti versi le richieste dell´opposizione. Dana, 29 anni, una cascata di riccioli biondi, dice forte e chiaro: «Vogliamo le riforme promesse. Hanno ragione a Dera´a», la cittadina epicentro dei ribelli e in lutto per le vittime della repressione. «Però, non vogliamo violenze», si cautela pensando a Latakia e alle voci su «infiltrati, che attizzano tensioni religiose ed etniche». Lo stesso concetto rimbalza sulle labbra di molti altri: riforme urgenti - ripete A´mani, 50 anni, hijab sul capo - con l´aggiunta di un "però": «noi non siamo come l´Egitto e la Tunisia, con una popolazione omogenea, sunnita. Il nostro è un mosaico di comunità. Le divisioni ci condannerebbero alla sorte dell´Iraq».
Le sorprese non finiscono qui: basta compiere una virata di campo, a 180 gradi, lasciare la "marcia dei milioni", e passare al fronte dell´opposizione per trovare assonanze inattese. Nell´altra piazza dei blogger contagiati dalle rivoluzioni arabe, si apre un universo virtuale, costellato di profili Facebook, account Twitter e diari blogspot.
Pochi personaggi rappresentano quello spazio più di Wissam Tarif, 35 anni. A capo della ong Insan per i diritti umani, Wissam è una primula rossa: piroetta tutto il giorno fra varie città per raccogliere dati della ribellione. Maneggia schiere di telefonini con la destrezza del giocoliere: ne ha tre in ogni dato momento, distinti fra operatori siriani e stranieri per sottrarsi al controllo dei servizi. Anderson Cooper della Cnn lo ha incoronato "eroe" da quando Wissam ha deciso di rivelare in tv la propria identità. «L´ho fatto, dice adesso, «per proclamare che il muro della paura s´è infranto anche da noi». Secondo lui non deve sorprendere che le sue parole siano simili a quelle ascoltate stamattina a Damasco. «Le richieste dei giovani alla manifestazione del Ba´th», riconosce, «sono anche le nostre: fine dello stato d´emergenza, degli arresti arbitrari, del partito unico, della corruzione: pretese specifiche e realistiche. Ed è vero, ci unisce anche il sostegno ad Assad: quasi nessuno ha chiesto la rimozione del presidente».
Però, qui le strade iniziano a discostarsi: «La differenza fondamentale è questa: nessuno ha sparato contro di loro, né li ha percossi a morte, com´è successo in più di un caso. Lo stesso diritto deve valere per tutti. Invece a Dera´a oggi protestano, ma accerchiati dai carri armati». Wissam cita gli arresti più recenti: come quello di Ahmed Abu el Kheir, il veterano dei blogger siriani. Il suo profilo Facebook è congelato alle 20.50 del 22 marzo. Poco prima, alle 17.47, Ahmad aveva condiviso un "post" del gruppo "Ash Shab as Suryi aarifu tariqa", "Il popolo siriano conosce la via" gestito dai nomi più noti della dissidenza siriana: Suhair al-Atassi, Michel Kilo, Riad Sfeir, Aref Dalila, Haitham al Maleh, Yassin al Haj Saleh. Scriveva: «I servizi segreti devono sapere che la nostra gente non tollererà più le botte, l´umiliazione, l´oppressione». Dopo non ha più scritto.
Wissam, prima di congedarsi, formula un auspicio: «Che siano protette anche le manifestazioni nostre, venerdì prossimo attraverso il Paese». Quel giorno, secondo Wissam, la prova avverrà a piazza degli Omayyadi, nel cuore di Damasco. Allora si vedrà, dice, «se a tutti sarà data la stessa opportunità».