ElenaComelli, Nòva24 31/3/2011, 31 marzo 2011
NUCLEARE PORTATILE
«Nucleare? No grazie», è la prima reazione dopo Fukushima. La seconda potrebbe essere: «Nucleare? Vediamo le altre varianti alla tecnologia attuale». I mini-reattori sono una delle più promettenti. Il ministro dell’Energia americano, il Nobel per la fisica Steven Chu, ha spezzato una lancia a favore di questa tecnologia in un editoriale uscito sul «Wall Street Journal» una settimana dopo il terremoto in Giappone, definendoli «il futuro del nucleare» e annunciando un generoso finanziamento per accelerare la loro omologazione negli Stati Uniti.
Economici e flessibili, oltre che facilmente scalabili, i vari tipi di mini-reattori allo studio spaziano in un ambito di potenza che va dal 5 al 30% dei bestioni attualmente in costruzione. Il più piccolo, disegnato da uno spin-off del Los Alamos National Laboratory americano, Hyperion, ha le dimensioni di un grosso frigorifero e una potenza installata di 25 megawatt, circa un quarantesimo del modello nippo-americano più affermato di terza generazione, l’AP1000 di Westinghouse. «Pensatelo come l’iPod dei reattori nucleari», commenta John Deal, amministratore delegato di Hyperion. Il più grande, Prism di General Electric Hitachi, ha una potenza di 300 megawatt, equivalente a una centrale a gas di media dimensione.
Sul modello in progettazione da Toshiba ha scommesso recentemente Bill Gates, ma questo è un sogno ancora di là da venire: la casa giapponese punta su un mini-reattore autofertilizzante, con la capacità di autoalimentarsi per 100 anni senza sostituire il combustibile. I primi prototipi di Hyperion e di General Electric, invece, sono attualmente in costruzione nel centro nucleare del Department of Energy di Savannah River, in South Carolina. Hyperion, in particolare, ha già incontrato 130 potenziali committenti da tutto il mondo e conta di avere uno dei suoi mini-reattori operativo nel giro di 2-3 anni.
I principali vantaggi, rispetto ai grandi reattori utilizzati fino a oggi, sono i costi e la dimensione. Hyperion Power Module costerà circa 50 milioni di dollari e di per se stesso è grande 2 metri per un metro e mezzo, anche se ha bisogno di mezzo ettaro per alloggiare la turbina e il resto dell’attrezzatura. La società si farà carico anche di tutto il ciclo del combustibile, che dev’essere rinnovato e smaltito solo una volta ogni dieci anni. La sua taglia è adatta a mandare avanti senza emissioni inquinanti cittadine fino a 20mila abitanti o sezioni di grandi città, basi militari, insediamenti industriali e perfino grandi navi da crociera, ma anche come soluzione off-grid per quelle aree del mondo in via di sviluppo dove la rete elettrica non arriva.
Può essere facilmente trasportato su un camion e consegnato chiavi in mano, "plug and play" come ha scritto Chu. La sua convenienza salta all’occhio paragonandolo con l’Epr di Areva, il reattore francese di terza generazione, che si sta costruendo in Francia e in Finlandia: con un costo 130 volte più grande (6,5 miliardi di dollari) su un’area 340 volte più vasta, l’Epr ha una potenza installata solo di 64 volte maggiore (1.600 megawatt).
La dimensione ridotta costituisce un vantaggio anche dal punto di vista della sicurezza: circondato da uno spesso strato di cemento, il mini-reattore è pensato per essere completamente interrato e quindi difficilmente danneggiabile. Un altro vantaggio, sul piano della sicurezza, è il sistema di raffreddamento: non è ad acqua ma a metallo fuso, una lega di piombo e bismuto, che fonde a 120° e non può bollire fino a 1.670°. Come combustibile, Hyperion usa nitruri di uranio al posto degli ossidi di uranio generalmente utilizzati nei grandi reattori. Queste due caratteristiche, così come le alte temperature a cui opera, lo avvicinano molto ad alcuni reattori di quarta generazione. Il che non basta, naturalmente, a tranquillizzare gli ambientalisti, che anzi si oppongono alla sua omologazione proprio per il timore di una proliferazione incontrollata di queste piccole macchine.