m. mag., Nòva24 31/3/2011, 31 marzo 2011
QUARANT’ANNI DI «MALWARE»
Genericamente, li chiamiamo virus: sono il "male" del nostro mondo digitale. Ma gli addetti ai lavori distinguono fra virus (un software che deve essere lanciato, per produrre effetti deleteri) e worm, o verme (che invece si autoreplica e si diffonde da solo). Oppure fra Cavalli di Troia (software apparentemente innoqui, ma che nascondono un volto cattivo) e spyware (programmi che danno segreto accesso a computer altrui). Ma ci sono anche i rootkit, le backdoors e un’altra infinità di neologismi: scareware, crimeware, greyware.
Genericamente, è meglio chiamarli malware, da malicious software. Che non vuol dire malizioso. Ma nefasto.
Quest’anno, il malware compie quarant’anni. Certo, il Creeper del 1971, il primo virus di una storia che ripercorriamo lungo i bordi di questa pagina, era poco più che uno scherzetto: un po’ perché produceva soltanto una scocciatura, un po’ perché erano ancora i tempi sperimentali dell’Arpanet, la mamma di Internet, e in rete non c’era quasi nessuno.
Ma la verità è che il malware – quasi a dare ragione a chi ha una visione manichea del mondo – è praticamente nato insieme al software del "bene". Solo così, si spiega il fatalismo con il quale la comunità planetaria si è rassegnata alla spam e ai virus, mali minori rispetto al grande bene della rivoluzione digitale.
A metà anni 80, quando appare Jerusalem, il virus innescato per colpire di venerdì 13, Windows era ancora alla versione 2.0 ed era praticamente inutilizzabile: tutti usavano ancora gli arcani comandi del Dos. Il vero Windows (versione 3.1) appare nel 1992, e subito viene assalito da Michelangelo, il primo virus a orologeria capace di innescare un panico planetario poi rivelatosi ingiustificato.
È solo nel 1999, quando il Web era già sotto i riflettori del mondo, che le nuove infezioni digitali da network – come I Love You, che sfruttava gli indirizzari di posta elettronica per propagarsi – sono tornate sulle prime pagine dei giornali. Salvo poi scomparire: di virus ce ne sono ormai così tanti che non fanno più notizia.
Eppure, nel frattempo, il malware ha cavalcato la Legge di Moore sull’evoluzione tecnologica, diventando sempre più sofisticato, più efficace (è stato finalmente trovato il modo di farci i soldi) e più nefasto.
L’epilogo perfetto, per questi quarant’anni di storia, è Stuxnet, il virus scoperto l’anno scorso che è stato in grado di riprendersi le prime pagine. Il programma iraniano per l’arricchimento dell’uranio – unico vero obiettivo di Stuxnet – è stato severamente colpito: il virus colpiva Windows, ma si attiva solo in presenza di un software Siemens che comanda sistemi di automazione industriale. E guarda caso, numerosi sistemi Siemens sono stati colpiti, ma l’effetto nefasto – una bomba intelligente, direbbero al Pentagono – è piovuto solo su quell’impianto iraniano.
Non c’è nulla di più lontano da quell’innoquo scherzetto del 1971. Ma, a dire il vero, non c’è neanche nulla che descriva meglio il lato oscuro della vita digitale che abbiamo. (m.mag.)