Francesca Cerati, Nòva24 31/3/2011, 31 marzo 2011
IL PENSIERO È A COLORI
Come un quadro di Pollock o di Monet, il cervello diventa un’opera d’arte. Ma gli strumenti per realizzarla non sono tela e pennello, ma i neuroni di un topo geneticamente modificato colorati da proteine fluorescenti. Il risultato è sorprendente: le "opere" vere e quelle fisiologiche messe a confronto sono quasi indistinguibili, come si vede visitando la mostra "Il colore del pensiero" esposta in Corso Vittorio Emanuele a Milano, allestita a latere della seconda edizione della conferenza internazionale di neuroscienze Brainforum (che si tiene dal 4 al 5 aprile).
Ma andando oltre ciò che appare, stupisce e incanta, la vera sorpresa è il potenziale rivoluzionario che ha in sé la tecnica Brainbow (crasi tra brain e rainbow), ideata da Jeff Lichtman, docente di neurobiologia all’Università di Harvard e tra i relatori del Brainforum. Per gli addetti ai lavori, infatti, la tecnica avrà un effetto in termini di visualizzazione sulle neuroscienze simile a quello che Google Earth ha avuto sulla cartografia. Perché grazie ai colori, i ricercatori saranno in grado di mappare i circuiti neurali che compongono il sistema nervoso. E con la creazione di una mappa dettagliata del cervello (che consiste di circa 100 miliardi di neuroni, con un’infinità di sinapsi), la speranza è di contribuire a individuare i collegamenti difettosi alla base di malattie neurodegenerative come Alzheimer e Parkinson, ma anche autismo e schizofrenia.
Nei topi Brainbow, i ricercatori di Harvard mescolano in modo casuale proteine fluorescenti verdi, rosse e gialle nei singoli neuroni creando così una tavolozza di 90 colori distinti, un salto di enorme rispetto alla mancita di tonalità possibili con le tecniche tradizionali. Un arcobaleno che la metodica genera alla stregua di una slot machine, con risultati assolutamente casuali, e che permette di comprendere gli schemi di connessione tra i neuroni. Il diagramma è il frutto di un settore emergente chiamato "connettomica", che prova a costruire una mappa fisica del groviglio dei circuiti neurali che collegano, elaborano e memorizzano l’informazione nel sistema nervoso. Per chiarire, in un futuro, lo sviluppo iniziale del cervello umano e delle malattie. «La mappatura di tutti i collegamenti del cervello non è del tutto diversa dalla mappatura dei geni (la genomica, appunto) – ci dice Lichtman –. Così abbiamo pensato che una mappa delle connessioni cerebrali dovesse chiamarsi connettomica». Nel cervello, secondo Lichtman, le cellule nervose sono come organismi viventi, che competono tra loro per sopravvivere. Un approccio naturalista, che si ispira alla teoria dell’evoluzione di Darwin, esplorando la vita interiore del sistema nervoso, come il telescopio Hubble sonda lo spazio. Come un biologo, Lichtman crede nella selezione neuronale. Significa che nel corso della vita esiste una selezione delle connessioni? «Nei neonati sono presenti abbondanti connessioni neurali – dice Lichtman –, poi l’esperienza con il mondo lima alcuni collegamenti e ne lascia un numero più piccolo in età adulta: come si dice "it’s hard to teach an old dog new tricks"». Quali siano i "rami secchi" da sfrondare è determinato dalle esperienze individuali. «Mentre cresciamo continuiamo a potare e finiamo così per essere sicuri delle cose che abbiamo vissuto. Questo significa che le esperienze che noi facciamo cambiano il nostro diagramma cerebrale in modo permanente», precisa il neurobiologo.
Lichtman osserva il mondo al microscopio da quando ha otto anni e oggi il suo interesse si focalizza sui modi in cui l’informazione del mondo in cui viviamo entra nel nostro cervello e alle forme fisiche che questa informazione, una volta nel cervello, prende. Allora il pensiero ha una sua "forma"? «Sì, c’è certamente un modello per le connessioni delle cellule nervose – risponde Lichtman – la "forma" è molto complessa, ma è comunque una realtà fisica che sta alla base del pensiero». Il team di Harvard, per approcciare la questione, ha dovuto fare un passo indietro nel rivisitare la domanda su cosa sia effettivamente un circuito neuronale. «Il complicato schema che unisce le cellule nervose è poco noto, in parte perchè a differenza di altri sistemi che hanno un’organizzazione cellulare singola ripetuta più volte, ogni pezzo del circuito cerebrale sembra diverso dagli altri. Finora sono stati trovati pochi modi per capire questi diagrammi di connessione. E tra le strategie di mappatura c’è proprio la tecnica Brainbow» conclude Lichtman. Un salto decisivo se si pensa che fino a oggi il cervello è stato chiamato materia grigia.