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 2011  marzo 31 Giovedì calendario

LA CRISI IN CALIFORNIA SOFFOCA ANCHE LE CARCERI

Un incubo incombe sul futuro della California, e non si tratta né di un terremoto né di uno tsunami: quest’anno 40mila carcerati rischiano di essere rimessi in libertà per ordine dei tribunali. Le prigioni californiane sono talmente sovraffollate, sporche e pericolose - ha sentenziato la Corte Suprema della California un anno fa - da infliggere ai condannati una punizione «esagerata e crudele», in palese violazione dell’ottavo emendamento della Costituzione americana.

I cittadini californiani tremano, accusano le istituzioni di incompetenza, ma la colpa di questa ingestibile situazione è anche loro: 17 anni fa hanno deciso in un referendum di combattere il crimine con le pene più severe della nazione, cioè raddoppio della pena al secondo reato e 25 anni di galera automatica al terzo reato, qualunque esso sia. Le condanne automatiche hanno snellito le procedure giudiziarie e di conseguenza il numero di condannati è salito a un ritmo tre volte superiore a quello della popolazione, mentre il numero di nuove prigioni non è cresciuto di pari passo. Nel frattempo le finanze pubbliche sono peggiorate drasticamente, e il risultato è che i 164mila carcerati della California sono stipati in galere disegnate per ospitarne 80mila. Il tasso di suicidi è il doppio della media nazionale, e ogni otto giorni un carcerato muore per l’inadeguatezza delle strutture mediche e psichiatriche.

«La situazione è raccapricciante, i prigionieri sono ammassati tutti insieme nelle palestre, nelle biblioteche, nelle aule, senza spazio e senza privacy, per non parlare di chi ha problemi psichiatrici e finisce in isolamento perché nessuno sa cosa fare», dice il professor Craig Haney dell’University of California di Santa Cruz. «Dopo 20 anni di proteste, c’è voluto un ordine dei tribunali per costringere lo stato a fare qualcosa, e i tribunali fanno sul serio».

Nel gennaio 2010 i giudici hanno dato due anni di tempo alla California per abbassare il tasso di sovraffollamento delle carceri dal 200% al 137%, ma se l’ordine non sarà rispettato le porte delle prigioni si spalancheranno nel gennaio 2012, fra nove mesi. Il governatore Jerry Brown si sta arrabattando per trovare una soluzione-tampone al colossale problema e spera (invano, secondo gli esperti) che la Corte Suprema questo giugno annulli o sospenda la sentenza. La polizia si sta preparando invece all’arrivo di un’ondata di criminalità senza precedenti: il tasso di recidivismo in California è del 70 per cento.

Solo un individuo sembra veramente soddisfatto di questa drammatica crisi: Damon Hininger, amministratore delegato della più grande holding di prigioni private del Paese, la Correction Corporation of America (Cca). Hininger, quarto nella classifica Forbes dei migliori manager d’America sotto i 40 anni, sa che la crisi delle prigioni californiane si tradurrà in un aumento del fatturato e dei profitti per la sua azienda. La Cca e altre società private già ospitano circa 8mila carcerati californiani (il 5% del totale) in strutture in Arizona, Louisiana e Mississippi, e ora si aspettano arrivi in massa a partire dall’anno prossimo perché il ricorso alle carceri private è il rimedio più rapido e meno costoso.

La Reason Foundation ha calcolato per esempio che il trasferimento di altri 25mila carcerati in strutture private al ritmo di 5.000 all’anno nei prossimi cinque anni farebbe risparmiare allo stato 1,8 miliardi di dollari. Il motivo è che i costi operativi delle carceri private sono molto inferiori ai 47mila dollari all’anno spesi in California per ciascun individuo: il "segreto" è un personale non sindacalizzato in un tipo di business dove i costi del lavoro ammontano al 70% del totale.

Le prigioni private contano oggi tra i loro clienti 19 stati americani che hanno fatto l’outsourcing di 126mila carcerati, il 7,8% del totale (il dato del Bureau of Justice Statistics risale a metà 2008). Il boom del settore ha consentito così a una società come la Cca di far salire il giro d’affari annuo a 1,7 miliardi di dollari, i profitti a 157 milioni e il valore di mercato a 2,6 miliardi di dollari.

«Il ricorso alle prigioni private è una pessima soluzione, perché i carcerati finiscono a mille, duemila chilometri da casa, non ricevono più visite dei familiari, e al rilascio hanno difficoltà di reinserimento», dice il professor Haney. Quello di cui ha bisogno la California sono riforme serie, per esempio l’abrogazione della condanna automatica a 25 anni al terzo reato, investimenti in programmi di recupero, riabilitazione e qualificazione professionale per offrire opportunità di reinserimento dopo la scarcerazione, e l’abolizione del carcere per i reati minori.

«Per vent’anni la mentalità prevalente è stata quella di sbattere tutti in gabbia e buttar via la chiave, e con che risultato? Il crimine è in aumento, il recidivismo è in aumento e i criminali vengono trattati come animali», dice Haney. «È ora di cambiare strategia».