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 2011  marzo 31 Giovedì calendario

Kirino Natsuo

• Kanazawa (Giappone) 8 ottobre 1951. Scrittrice • «Anche il Giappone ha una regina del delitto. Il suo nome è Natsuo Kirino, o per meglio dire è così che si fa chiamare. Lo pseudonimo è stato per lei una scelta quasi obbligata. All’inizio della sua carriera si nascondeva addirittura dietro un nome maschile per evitare di essere censurata [...] suscitò un accesso dibattito con Le quattro casalinghe di Tokyo, (Neri Pozza) sanguinaria epopea di un’operaia che, colta da un raptus, strangola il marito e convince tre colleghe ad aiutarla a disfarsi del cadavere. Gli uomini giapponesi si sentirono minacciati. Un giornalista radiofonico si rifiutò persino di intervistarla. “Stentavano a credere che una donna potesse scrivere un romanzo tanto aggressivo [...] E ancor di più li scioccava che la donna in questione fosse sposata e madre di una bambina. L’avesse scritto un uomo nessuno si sarebbe stupito, lo avrebbero considerato pura fiction. Ma siccome si trattava di una donna e lo stile era piuttosto realistico, i lettori ne furono sconvolti”. In effetti, parlare di crime story è riduttivo. Qualcuno ha allora proposto un’etichetta alternativa: noir femminista. Ma la verità è che Natsuo Kirino si è inventata un genere tutto suo per scandagliare la faccia nascosta del Giappone contemporaneo. Prima di iniziare un romanzo si reca nel quartiere in cui ha deciso di ambientarlo, apre i cassonetti della spazzatura e studia quel che la gente butta via. La sua scrittura cruda e ipnotica si nutre di odori e dettagli; fotografa l’esistenza di individui messi a dura prova da un sistema che chiede tutto e concede pochissimo, soprattutto alle donne, considerate, a seconda dei casi, macchine da figli, mano d’opera a basso costo, carne di cui approfittare. Costrette in un angolo, però, anche le creature più docili e sottomesse possono fare cose impensabili. Ecco allora assassini che non ti aspetti: casalinghe depresse, segretarie molestate, liceali incattivite. Liceali sì, perché la violenza dipinta dai media sarà pure una metafora della frustrazione, ma il numero dei crimini orribili aumenta e l’età di chi li commette è sempre più bassa. [...]» (Tommaso Pincio, “la Repubblica” 3/6/2009).