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 2011  marzo 31 Giovedì calendario

OLGIATA, IL SANGUE SUL LENZUOLO INCHIODA IL DOMESTICO FILIPPINO


ROMA - Una macchia di sangue di circa due centimetri individuata sul lenzuolo con il quale Alberica Filo della Torre è stata strangolata. Una traccia finora mai scoperta, ma che è servita agli inquirenti per arrestare Manuel Winston Reyes, il domestico filippino che era stato alle dipendenze della contessa nei mesi precedenti al delitto, già indagato durante le prime indagini e poi prosciolto. Vent’anni dopo, con strumenti scientifici avveniristici, i carabinieri del Ris sono riusciti tra 51 macchie di sangue “isolate” sul lenzuolo, a scoprirne una che - come scrivono il procuratore aggiunto Pierfilippo Laviani e il pm Francesca Loy nel fermo di indiziato di delitto - «appartiene con certezza a Manuel Winston, secondo una comparazione con il Dna prelevatogli nel 2007 e perfettamente sovrapponibile a quanto rinvenuto sul lenzuolo». Prova certa, confermano il comandante proviciale Maurizio Mezzavilla e il colonnello Salvatore Cagnazzo, che hanno coordinato le indagini. «La possibilità di trovare un’altra persona con lo stesso codice genetico è di uno su miliardi di miliardi», aggiunge il comandante dei Ris di Roma, Luigi Ripani. E così Manuel Winston si è ritrovato in carcere perché considerato fortemente indiziato del delitto della nobildonna romana. Nei suoi confronti ci sono anche alcuni elementi che ora vengono riletti grazie al risultato scientifico. Sono la mancanza di alibi del filippino, il fatto che dovesse un milione di lire alla vittima e i continui litigi dei quali hanno parlato diversi testimoni dell’epoca. Un’amica della contessa che viene citata nel fermo, ricorda di quando Alberica le raccontava delle difficoltà di quel rapporto: «Lo ha mandato via perché beveva, non le piaceva e non le dava fiducia».
Era arrivato nella villa all’Olgiata ad aprile ’91 ed è stato licenziato a giugno, ma ha sempre raccontato di aver continuato a frequentare quella casa per un po’, anche perché la nuova occupazione che aveva trovato, si trovava sempre nel complesso residenziale alle porte di Roma. Winston conosceva, poi «la combinazione della porta blindata che dal garage conduceva all’appartamento di sopra, e quindi - sottolinea ancora la procura - era per lui agevole penetrare non visto all’interno della villa». Delitto d’impeto, dunque, durante un tentativo di furto che la donna aveva scoperto. Nel decreto di fermo viene anche sottolineato che, all’epoca dei fatti, Manuel aveva una abrasione sul gomito sinistro, dalla quale ha perso sangue. Lo stesso sangue che aveva intriso i pantaloni. «Potrebbe essersela procurata proprio mentre tentava di uccidere la contessa», dice il colonnello Bruno Bellini, comandante della sezione omicidi del Nucleo operativo, al quale è affidata anche la soluzione dei cosiddetti “cold case”, i delitti irrisolti. E ci sono gli oggetti rubati dalla stanza della vittima: un anello in oro bianco con un grosso brillante del valore di 80 milioni di lire, un girocollo in oro giallo e un paio di orecchini. La possibile refurtiva.
Quando i carabinieri hanno prelevato Winston a casa, lui non ha capito cosa stava accadendo. Pensava a un nuovo accertamento. Poi ha capito dell’arresto e si è messo a piangere. Ma ieri i suoi legali, Andrea Guidi e Flaminia Caldani, che lo hanno visto ieri a Regina Coeli, e lo hanno trovato scosso ma sereno, con la forza sufficiente per gridare ai suoi difensori: «Io sono innocente». Invece Pietro Mattei, marito della contessa, che attraverso il suo avvocato Giuseppe Marazzita aveva insistito tanto affinché le indagini venissero riaperte, ha commentato: «Sono contento perché è stato trovato l’assassino di mia moglie e perché sono state dissipate le illazioni infondate sulla mia famiglia».

Cristiana Mangani