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 2011  marzo 31 Giovedì calendario

SINDROME DI QUIRRA, INDAGA IL PARLAMENTO

(due articoli)-
Sarà una ricerca epidemiologi­ca, condotta dalla regione Sar­degna in stretta collaborazione con l’Istituto Superiore di Sanità, a dire la parola definitiva sulla ’Sin­drome di Quirra’. Probabilmente tra sei mesi, dunque, i sardi, la comu­nità scientifica e il Parlamento ita­liano sapranno se c’è un rapporto di causa ed effetto tra le sofisticate e­sercitazioni militari nel Poligono in­terforze di Quirra e le tante morti per tumore di pastori e allevatori delle zone circostanti. Con questa deci­sione la Commissione d’inchiesta del Senato sull’uranio impoverito ha concluso ieri la ’due giorni’ in terra sarda per a valutare lo stato delle in­dagini sul caso-Quirra ed eventual­mente adottare nuovi provvedimenti e iniziative. «Il nostro obiettivo è da­re serenità a popolazione e istitu­zioni », ha detto il presidente Rosario Costa (Pdl), incontrando i giornali­sti al termine delle audizioni svolte in mattinata a Cagliari. Una missio­ne densa di impegni per i cinque membri della Commissione senato­riale (oltre il presidente, il vice Gui­do Galperti, Luciana Sbarbati, Cosi­mo Gallo e Gian Piero Scanu). Mar­tedì pomeriggio visita e sopralluogo al poligono militare. Ieri mattina nel­la Prefettura di Cagliari una serie di audizioni con i sindaci dei comuni vicini al sito militare della Sardegna sudorientale, con i rappresentanti delle Province interessate di Caglia­ri e Ogliastra, l’assessore alla Sanità, il comandante del Poligono, il re­sponsabile del Distaccamento di San Lorenzo, i prefetti di Cagliari e La­nusei, il Comitato di indirizzo, le as­sociazioni e le Asl competenti. Sen­tito, ovviamente, anche il capo del­la Procura della Repubblica di La­nusei, Domenico Fiordalisi, il magi­strato che, nello scorso gennaio, ha aperto la prima inchiesta penale sul­la cosiddetta «sindrome di Quirra». La stessa commissione parlamenta­re lo aveva già ascoltato a Roma qual­che settimana fa. «È opportuno affi­darsi a uno studio serio, scrupoloso, documentato, ma soprattutto im­parziale - ha detto l’assessore regio­nale della Sanità, Antonello Liori a proposito della ricerca - che possa conquistare la fiducia e la credibilità da parte dei cittadini. Ho già chiesto personalmente al ministro La Russa che lo Stato si faccia carico delle spe­se dello studio. È un problema di sa­lute pubblica che rischia di danneg­giare pesantemente l’economia del territorio, perciò è urgente e neces­sario accertare la verità». Se dovesse esserci un no statale a finanziare l’in­dagine, la Regione andrà avanti an­che da sola. «Importante è stabilire il nesso di causalità: per noi basta u­na sola morte per intervenire», ha aggiunto l’assessore Liori.
Ancora segreto l’elenco delle diciot­to salme da riesumare, su disposi­zione del Procuratore della Repub­blica di Lanusei, per accertare la ve­rità sugli allevatori di Quirra morti di leucemia e linfomi. Il delicato inca­rico è stato affidato dal magistrato a Evandro Lodi Rizzi, fisico nucleare del Cern di Ginevra, lo stesso scien­ziato che è riuscito a trovare uranio depositato nelle ossa del soldato francese Ludovic Acaries, reduce dalla missione Onu nei Balcani del 1993, morto nel 1997 a 27 anni a cau­sa di un linfoma. Indagini a tappeto, dunque, dentro il poligono, per sta­bilire se le industrie belliche e gli e­serciti in addestramento abbiano u­sato munizioni all’uranio.

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MEZZO SECOLO DI «ESPERIMENTI MILITARI» -
Perdas de fogu (ovvero «Pietre di fuoco») è un’im­portante area mineraria e naturalistica lungo la costa tra Cagliari e Nuoro. Questa mera­vigliosa oasi ospita dal 1956 il poligono militare sperimentale più vasto d’Europa. Estesa su un’area demaniale di 12mila et­tari, la servitù militare di Perda­sdefogu (sede del «poligono di terra») arriva fino a Capo San Lo­renzo, sede del Poligono Speri­mentale e di Addestramento In­terforze del Salto di Quirra: un’altra immensa area di tiro – «a mare» – di circa 2mila ettari. Da sempre, il se­greto sulle eser­citazioni in loco è blindatissimo. Nessuno cono­sce esattamente il numero, e la natura, dei proiettili balisti­ci, navali, avio­lanciabili non­ché degli esplosivi piovuti – in mezzo secolo – su questi luoghi. Quello che è certo è che, oltre al­le nostre tre forze militari (il per­sonale della base proviene per il 50% dall’Aeronautica, per il 35% dall’Esercito e per il 15% dalla Marina) il poligono è aperto al­la Nato. Come si legge in un do­cumento uffi­ciale del mini­stero Difesa in­titolato ’Rela­zione finale sul­lo studio geo­chimico svolto nel poligono di Perdasdefogu’, «... il Poligono e­ra stato allestito in seguito alla sopravvenuta ne­cessità di disporre di un’area per la sperimentazione di nuove ar­mi, soprattutto sistemi missili­stici ». La parola «sperimenta­zione » dice in realtà pochissimo, ma apre la porta su tanti possi­bili scenari. Sta di fatto che, qui, la «sperimentazione» e lo studio dei nuovi sistemi d’arma sono di prassi, talora sotto la veste di te­st scientifici e spaziali. Nel gen­naio 1961 la Nasa e il Cnr effet­tuarono a Quirra il lancio di un razzo a due stadi Nike con una testata da 20 chili di polvere di sodio e litio, che venne rilascia­ta nell’atmosfera. Seguirono al­tri 5 lanci simili. Nel 1985 la Avio costruì a Salto una rampa verti­cale per la verifica dei motori dei missili Ariane 3 e 4 e Zefiro. A Persadefogu è «di casa» l’Oto Melara, azienda italiana leader mondiale nella produzione del­le artiglierie, che sta testando un nuovo sistema di munizioni gui­date tramite gps ad altissima precisione, chiamato «Vulcano».