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 2011  marzo 31 Giovedì calendario

Così ci scippano il petrolio libico - La guerra civile in Libia puzza sempre più di petrolio. Ora il Qatar,l’emirato petroli­fero in cui ha sede la Tv satelli­tare Al Jazira, che sostiene gli insorti anche con notizie esa­gerate e il cui governo, insie­me a quello di Parigi, ha rico­nosciuto quasi immediata­mente gli insorti di Bengasi come unico potere legittimo della Libia, si dichiara dispo­s­to ad acquistare da loro il pe­trolio dei pozzi che essi occu­pano (la quasi totalità) per venderlo sul mercato interna­zionale, in cambio, essi dico­no, di aiuti umanitari

Così ci scippano il petrolio libico - La guerra civile in Libia puzza sempre più di petrolio. Ora il Qatar,l’emirato petroli­fero in cui ha sede la Tv satelli­tare Al Jazira, che sostiene gli insorti anche con notizie esa­gerate e il cui governo, insie­me a quello di Parigi, ha rico­nosciuto quasi immediata­mente gli insorti di Bengasi come unico potere legittimo della Libia, si dichiara dispo­s­to ad acquistare da loro il pe­trolio dei pozzi che essi occu­pano (la quasi totalità) per venderlo sul mercato interna­zionale, in cambio, essi dico­no, di aiuti umanitari. Ma Hil­lary Clinton ha sostenuto che la vendita di armi non ricade sotto i divieti dell’Onu di for­niture alla Libia, quindi gli in­sorti possono usare questo denaro per armarsi. Si calco­la che essi, con l’assistenza commerciale e tecnologica del Kuwait, possano esporta­re circa 85 mila tonnellate di grezzo al giorno, ossia oltre 30 milioni di tonnellate an­nue, un terzo abbondante di quello che esportava il gover­no di Tripoli, con un introito di 15 miliardi di dollari an­nui. Una bella cifra, che servi­rebbe sia per gli «aiuti umani­tari », che non sarebbero rega­li ma buoni affari, che per gli armamenti. E resterebbe an­cora un cospicuo tesoretto da spartire, non è chiaro fra chi. Per una curiosa coinci­denza, che fa anche pensare che tutto ciò non sia casuale, ma costituisca una sequenza preordinata con qualche al­tro governo, ben più autore­vole, giunge notizia che il Qa­tar ha schierato a Creta una pattuglia di caccia Mirage, che effettuano azioni militari a supporto degli insorti (e non mere operazioni di «no fly zone») coordinate con i Mi­rage dell’aeronautica france­se. Il legame del Qatar con l’aeronautica francese del re­sto è molto stretto perché gran parte della flotta aerea della Qatar Airways, che ope­ra in 83 Stati del mondo, è composta di Airbus dei vari modelli e i suoi rapporti con la compagnia che li produce (la cui sede principale è a To­losa, ndr) sono molto impor­tanti anche in prospettiva, perché la QAir ha ordinato un altro centinaio di velivoli. Dunque, primo tempo: il ri­conoscimento immediato de­gli insorti da parte della Fran­cia e del piccolo Qatar, che ha un’aeronautica militare dota­ta di Mirage acquistati a Pari­gi, e presumibilmente piloti addestrati in Francia. Poi pressoché simultanea­mente il secondo tempo: bombardamenti in Libia, a supporto degli insorti, da par­te di aerei dello stesso emira­to, coordinati con la Francia, non con la Nato, anche ora che questa è ufficialmente ti­tolare delle operazioni in Li­bia. Ed ecco, appena accerta­ta l’occupazione da parte de­gli insorti di buona parte dei siti con pozzi di petrolio e di porti per l’esportazione di greggio, la terza fase: disponi­bilità del Qatar ad aiutare gli insorti onde esportare 85 mi­l­a tonnellate di greggio al gior­no, 400 mila barili, una enor­me quantità, che il Qatar, da solo, non è in grado di gestire. E, per chiudere il cerchio, la quarta fase: vendita al gover­no degli insorti di mercanzie definite come aiuti umanita­ri, nei cui convogli, non con­trollabili da chi non è sul po­sto, può entrare di tutto, com­prese le armi. Ma la parte più interessan­te del quadro è un’altra, su cui sia il governo provvisorio libico di Bengasi sia il gover­no del Qatar non hanno forni­to alcuna informazione. Di quale petrolio si tratta, di qua­li pozzi? Di quelli che sono stati provvisoriamente ab­bandonati dalle multinazio­nali che, al primo scoppio del­la conflittualità, hanno ritira­to tutto il personale, cessan­do l’estrazione e la custodia? Oppure di quelli dell’Eni, che ha temporaneamente cessa­to lo sfruttamento dei suoi giacimenti, dato che non è in grado di effettuare le opera­z­ioni necessarie per l’esporta­zione, vista la situazione di in­certezza in Libia? Intanto la Germania ha proposto un blocco legale alle esportazio­ni di petrolio libico da parte della Nato, per mettere in gi­nocchio Gheddafi. Ora si sco­p­re che il divieto verrebbe ag­girato tramite il Qatar, a favo­re dei ribelli. L’iniziativa non può essere lasciata al Qatar, deve essere aperta a tutti gli Stati che fanno parte dell’ope­razione Nato, per consentire che tutti i titolari di concessio­ni in Libia possano svolgere queste esportazioni. Occorre che la questione sia chiarita al più presto, per evitare che l’Italia, in tutta questa faccen­da, abbia i danni e le beffe.