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 2011  marzo 30 Mercoledì calendario

Vincenzo Cocchini, 76 anni. Di Loreto Aprutino, nel Pescarese, vedovo, pensionato dopo una vita trascorsa a lavorare nei campi, abitava in un casolare di campagna col figlio Paolo, 47 anni, in cura con gli psicofarmaci per una brutta per depressione, meccanico attualmente disoccupato, «una persona riservata, che usciva poco»,

Vincenzo Cocchini, 76 anni. Di Loreto Aprutino, nel Pescarese, vedovo, pensionato dopo una vita trascorsa a lavorare nei campi, abitava in un casolare di campagna col figlio Paolo, 47 anni, in cura con gli psicofarmaci per una brutta per depressione, meccanico attualmente disoccupato, «una persona riservata, che usciva poco», . L’altra mattina tra i due scoppiò una lite pe ril posizionamento di una sedia in cucina e d’un tratto il Cocchini Paolo saltò addosso al padre e gli strinse le mani al collo finché non smise di respirare. Qualche minuto dopo i carabinieri lo trovarono che vagava, tutto confuso, a circa trecento metri da casa. Verso le 10 di mattina di mercoledì 30 marzo in una casa grigia a due piani, isolata, al civico 4 di in contrada Pallante a Loreto Aprutino, nel Pescarese. *** LORETO APRUTINO. Ha ucciso per una sedia in disordine nel tinello. Le mani strette al collo del padre dopo una banale discussione. Tragedia familiare, ieri mattina, a Loreto Aprutino, in un casolare immerso nella campagna alla periferia di Passocordone, una frazione a circa 4 chilometri dal centro storico di Loreto. La vittima è Vincenzo Cocchini, un pensionato di 76 anni, una vita trascorsa a lavorare nei campi. E’ stato strangolato dal figlio Paolo, 46 anni, arrestato con l’accusa di omicidio volontario aggravato. Davanti al magistrato e ai carabinieri, in evidente stato di choc, ha confessato subito: «Mi è venuta una gran voglia di prenderlo per il collo». Paolo Cocchini, in cura a Villa Serena per stati depressivi, è stato trovato dai militari in stato confusionale a quasi 300 metri dalla casa. Quando sul posto è intervenuto il personale del 118, per il padre non c’era più nulla da fare. Era già morto. Sul collo, i segni evidenti dello strangolamento. LA LITE Sono circa le dieci, quando nella casa grigia a due piani, isolata, in contrada Pallante al civico 4, si consuma la tragedia. Secondo la ricostruzione degli investigatori, Paolo Cocchini, un meccanico attualmente disoccupato, che assume psicofarmaci - «una persona riservata, che usciva poco», lo descrivono tutto - viene colto da un raptus per un arredo fuori posto. Si avventa sul genitore, gli mette le mani al collo e stringe. Il padre tenta di difendersi, lo graffia in viso ma in pochi secondi viene sopraffatto. Poi, il figlio si allontana da casa e avverte l’altro fratello, Nicola, che è accaduto qualcosa. Scatta l’allarme al 118 che, una volta sul posto, avverte il comando dei carabinieri di Loreto Aprutino che fa capo alla compagnia di Montesilvano di Montesilvano, coordinata dal capitano Enzo Marinelli . In contrada Pallante, una strada impervia, non asfaltata, arrivano anche il sostituto procuratore Mirvana Di Serio della Procura di Pescara che conduce le indagini e il medico legale Cristian D’Ovidio, che accerta il decesso. I carabinieri si mettono alla ricerca di Paolo e lo trovano mentre vaga per le campagne in stato di choc. Sul suo volto ci sono i graffi lasciati dal papà. Cocchini viene portato nella caserma dei carabinieri al centro di Loreto e interrogato per tre ore prima dai carabinieri e poi dal pm. FAMIGLIA DI LAVORATORI In stato confusionale pronuncia poche e sconnesse parole. Fa cenno a quella rabbia emersa di colpo, salita all’improvviso. Viene accusato di omicidio volontario, aggravato dal fatto di averlo commesso per futili motivi e perché rivolto nei confronti di un genitore. «La famiglia Cocchini? Gente riservata, di lavoratori», dice sconvolto l’assessore comunale Moreno Sablone che conosce bene la famiglia. In quella casa, a cui si arriva percorrendo una strada costeggiata dagli ulivi da cui si ricava il famoso olio di Loreto Aprutino, abitava tutta la famiglia: il papà Vincenzo, rimasto vedovo da due anni, e i tre figli maschi Paolo, Nicola e Luigi, impiegati in imprese edili e in aziende. Nel centro abitato di Passocordone, abita invece la sorella Patrizia che ha un negozio di alimentari e tabacchi al bivio della strada. «Mio fratello è un ragazzo d’oro», dice Nicola distrutto dal dolore, «non è un mostro». Gli investigatori, adesso, accerteranno anche a che tipo di cura fosse sottoposto l’aggressore e quali farmaci assumesse. CONTADINI E OPERAI La famiglia vive da sempre a Loreto Aprutino in una casa costruita con sacrifici, dopo anni di lavoro. La vittima, il signor Vincenzo, ha sempre lavorato nei campi e conduceva una vita fatta di poche cose: il bar del paese, le chiacchiere con gli amici, la casa messa su dopo aver lasciato un’abitazione vicina. Due piani, in cui quello al piano terra è ancora da ultimare: senza finestre, con i mattoni a vista e usato, nel frattempo, come rimessa. Raccontano, in paese, che la moglie di Vincenzo, scomparsa due anni fa all’età di oltre settant’anni, era «il faro della famiglia», la donna che accanto alla figlia Patrizia guidava gli uomini, i tre figli che non sono sposati. Ma tra i cittadini di Loreto scossi dal dramma è la riservatezza a prevalere per caratterizzare la numerosa famiglia Cocchini, che vive appartata, molto distante dal paese. L’AUTOPSIA I funerali di Vincenzo Cocchini, che con molta probabilità si svolgeranno a Loreto Aprutino, non sono stati ancora fissati, perché intanto stamattina il medico legale D’Ovidio eseguirà l’autopsia per accertare se la morte sia avvenuta per asfissia. Paolo Cocchini, dopo essere uscito dalla caserma dei carabinieri intorno alle 15 sempre seguito dal fratello Nicola e assistito dall’avvocato Fabio Nieddu, è stato condotto nel carcere di San Donato a Pescara. Adesso, comparirà davanti al giudice per le indagini preliminari per la convalida dell’arresto.