Varie, 30 marzo 2011
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Flowers Brandon
• Henderson (Stati Uniti) 21 giugno 1981. Cantante. Dei The Killers • «[...] impenetrabile leader e cantante dei The Killers, la band più calda del 2009 [...] si candida a sostituire Bono nell’immaginario collettivo [...] Su di lui gli stereotipi del rocker duro e puro, formato cowboy, non hanno mai fatto presa. “Sono cresciuto insieme a quattro sorelle e a casa mia l’eyeliner non mancava mai” confessa candido [...] vuole conquistare il mondo con le sue canzoni, ma è terrorizzato dagli aerei; è immerso fino al collo nel music business però giura di essere un mormone praticante ligio a tutti i precetti della sua fede; vuole diventare un’icona mondiale ma è così timido da abbassare la voce ogni volta che le domande dei giornalisti scavano nel suo bizzarro mondo. Insomma, un alieno rock, che spiazza e confonde tutti quelli che gli si parano davanti. “Sembro strano, perché sono strano. Sono un uomo di Las Vegas, una città dove vale tutto e il suo contrario. Se vieni dal New Jersey, hai Bruce Springsteen come punto di riferimento. Se sei di Liverpool, il tuo modello è Paul McCartney. Ma se sei nato e cresciuto nella periferia di una metropoli luna park, non hai modelli da seguire. E allora diventi una spugna che assorbe tutto da tutti. Io e i ragazzi del gruppo siamo gente senza frontiere. Nei nostri pezzi c’è la grande tradizione musicale americana alla Bob Dylan, fusa con il pop dei Duran Duran. A volte ci vestiamo da clown, a volte sembriamo usciti da una boutique francese [...] Lo so, qualche volta sembro dissociato, ma non è così [...] non è facile tenere tutto sotto controllo. Un giorno cambio i pannolini, il giorno dopo tengo un concerto e mi trovo David Bowie nei camerini che mi fa i complimenti e mi dice di avere visto in me il passato e il futuro del rock, quello dopo ancora sono sul lettino di un medico che mi insegna una tecnica di respirazione per superare lo stress da volo. Se penso a quella volta che ho rifiutato un invito degli U2... Mi volevano dare un passaggio a tutti i costi con il loro jet privato. E io ho detto no. Imperdonabile [...] Combatto le tentazioni, ma a volte cedo. Poi mi rialzo e ricomincio a lottare contro tutti i demoni. Sono un essere umano in cerca di perfezionamento. Credere non vuol dire essere immuni a tutto. Me lo ha insegnato mio padre, un uomo incredibile, praticamente di ferro. Per 35 anni ha lavorato in un negozio di dolci otto ore al giorno. Poi tornava a casa e si metteva a lucidare le sue auto d’epoca finché non brillavano come diamanti. Me lo ricordo con la pelle di daino in mano che predicava: ‘Quando credi che la macchina sia lucida, è il momento di ricominciare a pulire daccapo. Solo con la costanza si temprano la mente e il corpo’”. Mormone, salutista a intermittenza, fan di Barack Obama, padre e marito premuroso, ma anche sex symbol per milioni di ragazze che adorano la sua aria da eterno fanciullo bello e tormentato [...]» (Gianni Poglio, “Panorama” 15/1/2009) • «[...] In casa Flowers si respirava austerità, la processione dei mormoni era incessante, la sua famiglia [...] fa parte della Church of Jesus Christ of Latter-day Saints. “La mamma era terrorizzata solo all’idea che io potessi sognare di diventare una rockstar. Ma per la verità nessuno mi prese sul serio, pensavano che tutto sarebbe finito in una bolla di sapone. Invece il successo fu così repentino che né loro né io abbiamo avuto il tempo di prendere in considerazione una situazione alternativa, il college, la laurea, un impiego in banca o in uno studio legale” [...] Alla sua chiesa ha aderito anche Tana Mundkowsky, la fidanzata storica che ha sposato nel 2005 e con la quale vive una vita in bianco e nero nello Utah (la sede principale del tempio) [...] “Il rapporto con la religione è stato difficile [...] Ma crescendo tutto è diventato più semplice e naturale. Non mi è sembrato più un controsenso credere nello stesso Dio in cui mio padre e mia madre credevano. Mi sono guardato intorno: tutte le religioni si basano sui medesimi principi, che senso avrebbe migrare altrove? [...] A diciannove anni non sapevo ancora cosa avrei fatto della mia vita, ero sospeso tra il college e i miei sogni [...] Poi dopo aver fatto una scorpacciata di Brit-pop, l’illuminazione: comprai Hunky Dory di David Bowie. Quello fu l’album che mi diede molte certezze, una in particolare: volevo fare questo lavoro a qualsiasi costo. Perché? Non ho mai voluto esplorare il perché. Lo considero un miracolo, la folgorazione sulla via di Damasco” [...]» (Giuseppe Videtti, “la Repubblica” 14/9/2010).