Pietro Saccò, varie, 30 marzo 2011
IMPRESE DA DONNA, PER VOCE ARANCIO
Tra i diritti conquistati dalle italiane: diritto di voto (1946), parità salariale (1960), maternità pagata (1971). Risale al 1977 la legge sulla parità tra i sessi, al 1991 quella sulle pari opportunità, al 1992 quella sull’imprenditoria femminile.
In Italia lavora meno di una donna su due. Il tasso di occupazione femminile è del 47% (media europea: 60%), dato che ci colloca in fondo alla classifica della partecipazione dell’universo femminile al mondo del lavoro all’interno dell’Unione. Siamo penultimi, davanti solo a Malta.
Ma la situazione è migliore di come appare. Forse perché trovare un posto è difficile. O forse perché le italiane hanno una gran voglia di lavorare in autonomia. Fatto sta che il tasso di auto-impiego delle lavoratrici nel nostro Paese è tra i più alti d’Europa. Con più di una donna su quattro che lavora in proprio (il 26,4%) siamo ben al di sopra della media europea (18,9%) in compagnia di Grecia, Polonia e Portogallo.
Nel gruppo delle autonome ci sono molte partite Iva, ma anche tante imprenditrici autentiche. Unioncamere ogni anno fa il censimento delle imprese femminili italiane, considerando imprese “rosa” quelle dove il titolare è donna, o quelle nella cui proprietà i soci donna hanno oltre il 50%. Al 31 dicembre 2010 le imprese femminili italiane erano 1.429.267, circa un quinto dei sei milioni di imprese del nostro Paese e l’1,2% in più rispetto al 2009. Di queste aziende il 42,4% si trova al Nord, il 21,3% al Centro e il 36,3% al Sud. I settori dove le imprese gestite da donne sono più presenti: i servizi sanitari (il 40% delle aziende è “rosa”), ristoranti e alberghi (32%), l’agricoltura (30%), il commercio (26,8%).
Nel 2010, per la prima volta, a Milano il nome più diffuso tra i nuovi imprenditori appartiene a una donna: con 257 imprese, “Maria” è il nome più comune tra i neoimprenditori titolari di una ditta individuale.
Unioncamere e le Camere di commercio insieme ai loro Comitati dell’imprenditoria femminile hanno lanciato ormai tre anni fa il “Giro d’Italia delle donne che fanno impresa”: un gruppo di imprenditrici viaggia per l’Italia e si ferma in una decina di tappe dove, attraverso incontri e seminari, approfondisce peculiarità, caratteristiche ed eventuali criticità dell’universo femminile che svolge un’attività d’impresa privata e, più in generale, dell’inserimento delle donne nel mercato del lavoro (info su: unioncamere.gov.it).
Le aspiranti imprenditrici italiane possono contare sull’aiuto dello Stato. Un aiuto regolato da una legge che sta per compiere vent’anni, la 215 del 1992, nome ufficiale “Azioni positive per l’imprenditoria femminile”. Integrata alla Circolare esplicativa del marzo 2001 e dal Regolamento del 28 luglio 2000, la legge stabilisce le regole per gli aiuti da destinare alle ditte individuali gestite da donne o da società dove almeno i due terzi dei soci sono donne. La 215/92 prevede finanziamenti in parte a fondo perduto e in parte a tasso agevolato (lo 0,5%) da restituire in dieci anni. Ci sono dei limiti sia sui settori sia sulla destinazione dei finanziamenti. I comparti economici per i quali una donna può avviare un’attività e avere gli aiuti sono l’industria, l’artigianato, l’agricoltura, il commercio, i servizi e il turismo. Lo Stato non incentiva le vecchie aziende, ma solo l’avvio di nuove attività.
Anche sui soldi incassati non c’è totale libertà. Lo Stato finanzia le spese per gli impianti generali, i macchinari e le attrezzature, l’acquisto di brevetti o software, le opere murarie e i relativi oneri di progettazione e direzione lavori, gli studi di fattibilità e i piani d’impresa. Tutti quei beni che si definiscono “promiscui” (come la macchina o il telefono) non possono invece essere comprati con i soldi dei finanziamenti.
Nei sei bandi di applicazione della legge 215 pubblicati tra il 1992 e il 2006 le richieste di aiuto per l’avvio di un’attività sono state 90mila. Di queste 16.041 sono state accettate. In media ogni impresa ha avuto aiuti per 47mila euro. L’ultimo bando è scaduto cinque anni fa e i fondi dello Stato centrale stanziati per l’imprenditoria femminile sono, di fatto, esauriti. Alcune Regioni, però, sempre nei termini previsti dalla legge del 1992, continuano ad aiutare le donne che vogliono avviare un’attività.
Il Veneto nel 2009 ha stanziato 15 milioni di euro per due progetti cofinanziati da fondi europei. Si tratta di prestiti a fondo perduto destinati alle imprese costituite dal 1° gennaio 2008 prevalentemente da donne (o da giovani di età compresa tra i 18 e i 35 anni). Sono sempre esclusi i casi di aziende che continuano attività già esistenti. I contributi possono coprire il 50% della spesa ammessa ed effettivamente sostenuta fino a un contributo massimo di 60mila euro e per un investimento minimo di 30mila.
In Puglia a gennaio la Regione ha annunciato un “Piano straordinario per il lavoro” che prevede investimenti per un totale di 340 milioni di euro. Parte del progetto è dedicato alle imprese femminili, per le quali sono stati stanziati 6,35 milioni di euro. I termini per accedere ai finanziamenti, però, non sono ancora stati chiariti.
In Piemonte lo scorso 8 marzo, in occasione della festa delle donne, la Regione ha annunciato lo stanziamento di un milione e mezzo di euro a favore delle piccole imprese femminili in crisi di liquidità. È un intervento di “soccorso” alle difficoltà economiche di molte realtà piemontesi, ha spiegato l’assessore al Bilancio e Pari opportunità, Giovanna Quaglia, «perché crediamo che il rilancio del Piemonte debba passare anche attraverso l’impegno e il dinamismo delle donne».
In Lombardia il presidente Formigoni ha incluso tra le iniziative che la Regione intende varare entro poche settimane anche il bando per l’imprenditoria femminile. Il governatore ha spiegato che sarà un pacchetto per finanziare l’imprenditorialità e stimolare iniziative economiche, semplificando e strutturando i vari strumenti oggi attivi per accompagnare le nuove imprese lungo le fasi più critiche: la definizione del business plan, l’avvio dell’impresa e il suo consolidamento.
E ancora l’8 marzo la Regione Lazio, presieduta da Renata Polverini, ha approvato una delibera dell’assessore all’Agricoltura, Angela Birindelli, che individua “progetti esemplari” realizzati da giovani donne che si occupano di agricoltura. Per le più meritevoli è previsto un premio speciale: la Regione istituirà un corso di Alta formazione per l’imprenditoria femminile, anche per apprendere le tecniche dell’autopromozione.
Anche in questo caso si tratta di progetti in fieri. Appena i bandi saranno pronti, tutte le informazioni saranno disponibili sui siti delle Regioni.
Esistono anche altri progetti a livello locale per venire incontro alla nascita di nuove imprese femminili. Le aspiranti imprenditrici possono avere più informazioni contattando la Camera di Commercio della loro città. Intanto è possibile che anche lo Stato centrale nei prossimi mesi decida di fare qualcosa di più. Nel collegato lavoro approvato a novembre 2010 l’articolo 46 dà al governo l’incarico di adottare «uno o più decreti legislativi finalizzati al riordino della normativa in materia di occupazione femminile», seguendo una serie di principi che includono anche «potenziamento delle azioni intese a favorire lo sviluppo dell’imprenditoria femminile».
Nell’attesa si muove anche l’Europa. Il Cip (sigla che sta per “Programma Competitività e Innovazione”) dell’Unione Europea ha stanziato un milione di euro per creare una “Rete europea di mentori per l’imprenditoria femminile”. Un’iniziativa che arriva due anni dopo l’istituzione della “Rete europea delle ambasciatrici per l’imprenditoria femminile”, sempre finanziata dal Cip e attualmente estesa a 22 paesi dell’Unione europea. L’obiettivo principale della rete di mentori è fornire alle donne la consapevolezza del ruolo che possono avere nel creare posti di lavoro e allo stesso tempo contribuire ad aumentare la competitività delle loro imprese.
Le mentori sono imprenditori e imprenditrici di successo che guideranno le aspiranti imprenditrici attraverso conferenze, workshop, incontri. Il finanziamento è rivolto anche a entità giuridiche pubbliche o private appartenenti a consorzi nazionali costituiti da almeno due partner dello stesso paese la cui attività sia incentrata sulla promozione e l’appoggio all’imprenditoria femminile (Camere di commercio e dell’artigianato, organizzazioni commerciali e centri start-up, associazioni commerciali e reti di supporto commerciale, entità pubbliche e private che offrono servizi di supporto all’economia, associazioni di donne imprenditrici). La sovvenzione coprirà fino a un massimo di 60% del totale dei costi dei progetti. Il tetto massimo di finanziamento varia in funzione del numero di donne imprenditrici seguite dai mentori, da un minimo di 35mila a un massimo di 75mila euro. Per presentare le proposte c’è tempo fino a fino al 20 aprile 2011 (maggiori informazioni sul sito del Cip).
Un aiuto economico può arrivare anche da Artigiancassa, che in collaborazione con Confartigianato Donne impresa ha avviato Key Woman, una linea di servizi di finanziamento dedicati proprio alle donne imprenditrici, con prodotti specifici che puntano ad agevolarle nella gestione dell’impresa.
Una ragazza italiana che vuole progettare la sua impresa può iniziare con l’aiuto del cd-rom La città dell’imprenditoria femminile, guida multimediale all’avvio di un’attività creata da Futuro@alfemminile con il patrocinio del Dipartimento per le pari opportunità e disponibile gratuitamente sul sito del ministero.
Oppure può cominciare da uno dei corsi finanziati dagli enti locali in quasi tutte le province d’Italia. La provincia di Milano ad esempio propone corsi solo femminili su temi come “Strumenti e conoscenze per l’avvio d’impresa” o “Creare impresa nei servizi alla persona” (l’elenco dell’offerta formativa è disponibile qui). Nel Lazio l’agenzia “Sprint Lazio” ha da poco avviato una nuova sessione di corsi formativi, rivolti anche alle aspiranti imprenditrici con l’aiuto di Unioncamere.
Le donne che vogliono mettersi in proprio possono trovare gli ultimi finanziamenti a disposizione o gli eventuali corsi pronti a partire su portali come sportelloagevolazioni.it; assodonna.it o tramite l’aiuto dell’assistente virtuale della camera di commercio di Milano (all’indirizzo http://assistentevirtuale.mi.camcom.it/finanziamenti.php). Alcuni di questi siti, però, sono a pagamento. Per questo il migliore punto di partenza per chi cerca le agevolazioni o gli incentivi sono sempre gli uffici delle Camere di commercio di ogni città, che hanno ognuno un Comitato per l’imprenditoria femminile pronto a rispondere a tutte le domande delle donne pronte ad avviare una propria attività.