Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2011  marzo 28 Lunedì calendario

«FRATTOCCHIE, STUDI E FLIRT. MA LO YOGA NO»

Chi ci andava, lo sapeva. L’ unica indicazione era un cartello sull’ Appia con scritto: «Km 22». A quel punto si girava a sinistra e si saliva verso Albano. Dopo poco, in una sperduta frazione del comune di Marino, Frattocchie appunto, s’ incontrava il cancello dell’ Istituto di studi comunisti (poi intitolato a Palmiro Togliatti). La scuola quadri del Pci entrata nella storia e nell’ immaginario della sinistra, dove si sono formati i suoi dirigenti storici a partire dagli anni 50. Oggi che il villino Liberty, assieme al parco e alla piscina, è stato liquidato dall’ ex tesoriere ds Ugo Sposetti, fa una certa impressione sentire che il Pd vuole replicare la scuola delle Frattocchie per insegnare la politica ai giovani dirigenti. La notizia è stata data dal palco dell’ AreaDem da Annamaria Parente, responsabile formazione del partito e coordinatrice del progetto. Un corso annuale che si chiamerà «Officina politica», e che si svolgerà in un casale sulla via Laurentina dal nome «Casa San Bernardo». E anche le lezioni non si terranno al ritmo delle Frattocchie: i 40 giovani under 35 scelti dai segretari regionali avranno l’ impegno di «imparare» la politica per un week-end al mese. Lo faranno indossando una tuta con i colori del Pd. Tre i corsi: cultura politica, istituzioni, comunicazione. E anche seminari di yoga e giochi di ruolo. Ma cosa c’ entra, tutto questo, con la storia delle Frattocchie? Luciano Violante, ex presidente della Camera e esponente pd, a «Villa Togliatti» ci ha insegnato tra gli anni 70 e 80: «Ricordo un’ atmosfera da residenza universitaria. Il biliardo, le pause caffè, il giardino curatissimo. Gli studenti erano soprattutto quadri operai. Età media intorno ai 30 anni. Se è stata importante? Certo, un’ esperienza fondamentale. Frequentarla segnava il carattere di una militanza, rispecchiava lo spirito di un partito ideologico. Oggi, dopo anni di oscuramento culturale, serve eccome una scuola politica. Però le divise... Spero sia un errore. Oramai non si indossano più». Tanti gli aneddoti sulla vita alle Frattocchie. Il biliardino (che oggi nessuno sa che fine abbia fatto), i tavoli da ping pong, il bar dove servivano il vino bianco dei Castelli, l’ Aula magna su cui incombeva una copia della Battaglia di Ponte Ammiraglio di Guttuso, il grande dormitorio, i corsi. Ma soprattutto il processo di ristrutturazione della personalità, attraverso l’ autocritica pubblica e il rito dell’ autobiografia. Docenti come Enrico Berlinguer, Luciano Gruppi, Giuseppe Chiarante, Renzo de Felice, Alberto Caracciolo. O come Emanuele Macaluso: «Frattocchie aveva una funzione di prima alfabetizzazione di una fascia di militanti che allora, all’ inizio, era composta in gran parte di operai con la terza elementare, braccianti, contadini. Poi c’ erano anche i corsi per i quadri di livello più elevato, ma non era quella la vera scuola». Ecco perché, per Macaluso, questa riedizione «è imparagonabile alla vecchia scuola. Oggi è tutto diverso. Sono solo master. Lo yoga? Le divise? Per carità». È lungo l’ elenco di dirigenti e big del partito passati di lì. Eppure a Villa Togliatti è legata anche una «leggenda nera»: quella del funzionario cresciuto alle Frattocchie. Non è un caso che Veltroni, nel suo libro-intervista del ’ 95, ricordi di «non aver mai partecipato a un corso alle Frattocchie», come a dimostrare che la sua esperienza non l’ aveva mai fatta pensando alla carriera. Chi, invece, arrivò nel ’ 93 alla federazione di Napoli con quel «timbro» fu Antonio Bassolino. L’ ex governatore della Campania, autore oggi del libro Napoli Italia, ricorda: «Alle Frattocchie ho fatto più volte dei seminari. Il primo nel ’ 68, sulla politica internazionale. Poco prima c’ era stata l’ invasione di Praga. E lì criticai la posizione del Pci, ritenendola troppo morbida con l’ Urss, e catturando, a sorpresa, l’ attenzione di Longo. Comunque quella scuola fu, nel bene e nel male, importante. C’ era l’ aspetto dell’ indottrinamento, dell’ educare i quadri, della disciplina. Io quando stavo lì studiavo tanto. Roma era lontana, si usciva pochissimo. E anche dopo cena si continuava a leggere e discutere. Rifarla? Dipende. Certo quel partito e quel mondo non ci sono più.... Si può pensare ad appuntamenti formativi, magari tenendo conto di chi quell’ esperienza l’ ha vissuta. Ma senza confronti col passato». C’ è però chi, come ha raccontato anche Pietro Folena, delle Frattocchie ricorda soprattutto quell’ atmosfera da «amore libero». Il vignettista Vauro, ad esempio, l’ ha frequentata nel ’ 73: «Conobbi lì la mia prima moglie. Cosa ricordo? Che prima sbagliai edificio e mi ritrovai nella scuola della Cgil. E poi, quando finalmente arrivai alla villa ed entrai, a tarda sera, fui accolto da un grido emesso da due file di ragazze: "Viva il compagno maschio". Era il primo anno in cui aprivano alle donne i corsi ed ero il primo uomo che vedevano. Seguii un corso sul compromesso storico tenuto da Macaluso. Oggi Bersani rilancia le Frattocchie? Giusto yoga potranno fare, temo, col clima triste che c’ è al Pd...». E anche Franca Chiaromonte, figlia di Gerardo e senatrice pd, ha ricordi gioiosi: «Studiavamo tanto. Ma nonostante i divieti si dormiva anche insieme, maschi e femmine. Era il ’ 77. Ci andai perché tutti i figli dei dirigenti venivano mandati a Frattocchie almeno una volta». Alfredo Reichlin, 85 anni, tra i big dell’ ex Pci, negli anni 50 è stato tra i primi a seguire i corsi di 3 mesi. Ma al suo esordio, racconta, commise un «errore»: «Scesi in pigiama di seta nella sala comune al mattino». Gli costò 500 autocritiche, però incassò un vantaggio: quando c’ era un dirigente nazionale, avendo dimostrato di avere il piglio giusto, faceva il maitre. Arrivava in mensa con un piatto fumante e scandiva: «In bianco per Di Vittorio...». Oggi sorride: «Quell’ esperienza aveva cose inaccettabili, come le lezioni sulle tattiche rivoluzionarie, l’ autocritica... Però c’ era anche un’ acculturazione delle masse, che serviva. Se oggi avrebbe senso? C’ è grande desiderio di corsi di politica, ma le Frattocchie restano un’ altra cosa». Angela Frenda