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 2011  marzo 28 Lunedì calendario

FEDERALISMO AL VIA, DALLE TASSE AI SERVIZI ECCO COSA CAMBIERÀ


ROMA Un percorso movimentato, con molti passaggi intermedi e anche varie incognite. I cittadini-contribuenti inizieranno ad “assaggiare” il federalismo fiscale fin dalle prossime settimane, quando scatteranno le prime novità concrete, piacevoli o spiacevoli che siano (dalla cedolare secca sugli affitti, al possibile incremento dell’addizionale all’Irpef, nei Comuni che non hanno già applicato a fondo questa facoltà). Ma ora che una parte consistente del progetto è andata in porto, con il sì parlamentare al decreto su fisco regionale e sanità (cui seguirà a giorni il definitivo via libera del governo) inizia forse la fase cruciale, quella dell’attuazione pratica dei principi. Una lunga transizione che si concluderà solo nel 2018, durante la quale toccherà agli italiani verificare i decantati benefici di un sistema pensato per rimuovere inefficienze ed anomalie accumulate per decenni.
Le tappe. Le scadenze intermedie sono molte, ma sostanzialmente l’arco di tempo fino al 2018 è suddiviso in due: quello che va da oggi al 2013-2104, biennio in cui partiranno nella loro forma definitiva le novità relative prima alle Regioni e poi ai Comuni, e gli anni successivi in cui per la sanità si completerà gradualmente il passaggio dalla spesa storica ai costi standard. Dal 2014 in poi inoltre i sindaci potranno manovrare l’imposta municipale, la cui aliquota fissata allo 0,76 % penalizza - a bocce ferme - immobili industriali e commerciali.
I nodi. Trasformare l’architettura istituzionale di un Paese non è certo un processo facile, né immediato. La gradualità è una scelta saggia, ma c’è anche il rischio che si trasformi in indeterminatezza. Nel maggio del 2009 è stata approvata la legge delega, che ovviamente rinviava a decreti attuativi. A quasi due anni di distanza ne sono arrivati in porto cinque, ne mancano almeno altri tre (compreso quello su premi e sanzioni per gli amministratori). Ma molte delle norme in questione rinviano a loro volta ad ulteriori provvedimenti ministeriali, anche su aspetti decisivi. È tutto da chiarire ad esempio il meccanismo della perequazione, che dovrà assicurare prestazioni uguali in tutte le Regioni, ed accorciare le distanze tra i territori “ricchi” e quelli con minore capacità fiscale. Così come andrà definita nei dettagli la geometria istituzionale che vede non solo i rapporti tra Stato centrale e Regioni, ma anche quelli tra queste e gli ottomila Comuni.
Il nuovo assetto. Molti osservatori poi giudicano il punto di arrivo della riforma meno rivoluzionario di quanto si potesse attendere. Emblematico è il caso della sanità: accantonata l’idea di determinare in modo analitico i costi standard di beni e prestazioni (dalla siringa al posto letto) si è scelto un meccanismo in cui le Regioni “virtuose” dovrebbero fungere da riferimento generale, mentre il compito di definire la spesa sanitaria nazionale resta affidato alla decisione politica del governo.