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 2011  marzo 28 Lunedì calendario

SCONTRI IN SIRIA, IL REGIME PROMETTE UN NUOVO GOVERNO E PIU’ DEMOCRAZIA


Bashar al Assad parlerà alla nazione. E intanto si prospettano le dimissioni, ma sarebbe meglio dire la rimozione, del governo in carica per essere sostituito da una compagine più efficiente, meno corrotta e in qualche modo rispondente alle richieste di chi è sceso in strada a protestare, pagando spesso con la vita.
La cosa più importante che dovrebbe essere annunciata è l’abolizione dello stato di emergenza che dura dal 1963, l’anno in cui il Baath prese il potere. Uno stato di emergenza che permette praticamente tutto, compreso il controllo delle comunicazioni, arresti senza mandato e divieto di ogni manifestazione o riunione.
Ma c’è dell’altro, dovrebbe infatti essere emendato il famigerato articolo 8 della costituzione, quello che stabilisce la liceità di un solo partito, il Baath. Insomma, se le promesse verranno mantenute, la Siria dovrebbe trasformarsi non ancora in una democrazia ma in uno stato meno monolitico, meno accentrato nelle mani di un ristretto clan, in gran parte composto da alawiti. Un potere che non ha esitato a ricorrere negli anni a mezzi estremi per reprimere qualsiasi tentativo, soprattutto proveniente dalla maggioranza sunnita, di ribellarsi. In Siria, e Assad ne ha parlato, è ancora vivo il ricordo del massacro di Hama, avvenuto nel 1982. In quell’anno i Fratelli musulmani, allora fortissimi nel Paese, tentarono la spallata contro il regime laico e accentratore del Baath, guidato dal padre dell’attuale presidente, Hafez al Assad. Il primo atto fu un massacro mirato di cadetti dell’aeronautica avvenuto ad Aleppo. Lì un commando dei Fratelli entrò nell’accademia, separò i cadetti di religione alawita dagli altri e li massacrò. Poi la città di Hama, nel centro della Siria, si ribellò. La risposta fu durissima, Hama fu circondata dalle Brigate di difesa guidate dal violento fratello del presidente, Rifat. Per giorni i cannoni vomitarono colpi sull’abitato, poi le Brigate, composte da alawiti, andarono all’assalto. Si parlò di almeno ventimila morti (in realtà, come ebbe a dire lo stesso Hafez al Assad, furono di più). Ancora oggi nel tessuto urbanistico di Hama si presentano dei vuoti incongrui, sono i posti dove sorgevano i palazzi abbattuti a cannonate. Da allora gli alawiti non solo spazzarono via i Fratelli musulmani ma repressero ogni tentativo di contestazione, da qualsiasi parte arrivasse. Un modo di procedere messo in atto anche negli ultimi giorni a Deraa, a Banyas, a Latakia. Ma stavolta la Siria che contesta il regime non si è piegata. E allora Bashar ha dato retta al Grande fratello turco, che da giorni e giorni gli consiglia di ammorbidire il regime. Evidentemente l’ultima telefonata del leader di Ankara, Recep Tayyip Erdogan, ha raggiunto lo scopo. Anche se l’opposizione non ci crede e ha proclamato uno sciopero generale.

Marco Guidi