Ernesto Assante, Affari & Finanza 28/3/2011, 28 marzo 2011
INTERNET, DECOLLA IN ITALIA IL MERCATO DEI SITI
L’indirizzo web di un sito è un elemento importante, spesso strategico. La facilità di memorizzazione, la semplicità di comprensione, l’immediatezza, fanno si che gli utenti possano trovare o raggiungere più facilmente i siti. Il mercato del trading dei cosiddetti nomi a dominio è quindi molto cresciuto negli anni e oggi, a livello globale, vale intorno ai cento milioni di dollari, coinvolge circa un milione di trader e su base annua c’è un catalogo che oscilla tra i diciotto e i venti milioni di nomi disponibili. Ovviamente il mercato del suffisso .com negli Usa è il più grande, rappresenta più del 70% del mercato mondiale e mette a segno ogni anno colpi multimilionari di fronte ai quali gli affari che vengono conclusi a casa nostra appaiono ben poca cosa.
A partire dagli anni 2000, con i nomi a dominio regionale, .fr, .de, .it, è comunque cresciuto anche il mercato europeo, che è diventato via via più rilevante. In questo contesto di crescita la notizia che il dominio giochi.it sia stato venduto per 300.000 euro diventa rilevante. Era un dominio "aperto", cioè privo di contenuti, tenuto "in vita" appositamente per essere venduto in quanto tale. «E’ la più importante vendita di questo tipo mai realizzata in Italia, ma è anche una delle più importanti transazioni europee, ed èla prima volta che una vendita italiana entra nella graduatoria dei principali affari mondiali», dice Piero Muscarà, amministratore delegato di Nexta, una società di consulenza per i siti web che era la proprietaria del dominio giochi.it. «E’ il segno evidente che anche in Italia il mercato dei nomi a dominio è diventato maturo». Come si è sviluppato questo mercato? «In due fasi», risponde Muscarà. «Prima del 1999 era un mercato fermo, era vietato a un soggetto, persona o società, registrare più di un nome a dominio, era molto basso il numero di registrazioni e quasi inesistenti le compravendite. Dall’ottobre del ‘99 con la liberalizzazione, è stato molto più semplice registrare i nomi e il mercato si è andato sviluppando».
Quanto all’Italia, il mercato è stato più lento a crescere, perché anche se è evidente per chiunque che i nomi dei domini abbiano un valore in sé, questa valutazione è rimasta a lungo un po’ casuale. «Noi racconta Muscarà siamo entrati in questo mercato per primi, nel 1996, è da allora che cerco di spiegare il valore dei nomi a dominio, e lentamente ci siamo riusciti, assieme agli altri operatori del settore». Per dimensioni il mercato italiano resta piccolo per numero dei soggetti del mercato (un centinaio) e anche i volumi superano a malapena il milione di euro.
Ma intanto il trend internazionale prosegue: nomi a dominio come sex.com sono stati venduti per tredici milioni di dollari. «Volevamo capire spiega Muscarà le potenzialità di questo mercato da noi. Il primo test lo abbiamo fatto a fine novembre e la situazione ci è sembrata favorevole. Poi è arrivata la corsa per giochi.it, soprattutto per il movimento che si è creato attorno al gaming online. Noi eravamo proprietari del sito: è stata un’esplosione, c’erano molti soggetti interessati, per la transazione ci siamo affidati all’intermediazione di Sedo, una società tedesca quotata in borsa, leader del settore di queste transazioni dei domini con circa 500 milioni di fatturato. Controllano il 6065% delle transazioni mondiali, hanno gli esperti che conoscono il mercato, sono stati la nostra guida».
Quanti nomi a dominio avete nel vostro portafoglio? «Abbiamo registrati circa 200 nomi di siti che compriamo e vendiamo, tutti legati all’intrattenimento, stiamo cercando di valorizzare quelli che vogliamo vendere e acquisiremo altri domini. L’Italia si allinea a quelli che sono i livelli internazionali, abbiamo iniziato a imparare che il nome a dominio ha un valore, soprattutto perché è un facilitatore nei motori di ricerca». In che percentuale? «Circa il venti per cento del traffico arriva da chi scrive direttamente la parola nel motore, il resto arriva dall’indicizzazione. Le faccio un esempio pratico: noi dalla nascita di Nexta fino al 2010 non abbiamo mai investito in pubblicità, e solo con i nostri nomi e i contenuti siamo arrivati due milioni e mezzo di utenti unici».
Chi tutela questi nomi? Come si fa ad intervenire quando qualcuno usa o registra arbitrariamente un nome o un marchio? «Ciascun paese ha la sua namig authority che gestisce gli arbitrati, qualsiasi soggetto che abbia un marchio che sia univocamente riconosciuto ha la possibilità di tutelarsi. In Italia ci sono stati problemi in passato, oggi non ci sono quasi più casi di "cybersquatting", di occupazioni indebite di indirizzi. Chi lo fa, ovviamente, ha come obbiettivo quello di sfruttare la fama, la notorietà altrui e velocizzare il proprio traffico, ma le commissioni arbitrali funzionano». Quanto è cresciuto il mercato? «La crescita è costante, lo scorso anno la crescita è stata del 34% come volumi complessivi, c’è un trend naturale di crescita in molti paesi, dall’Italia al Brasile, dalla Polonia e i paesi dell’Est all’India».