CARLA CASALEGNO, La Stampa 25/3/2011, 25 marzo 2011
GIARRE 1840 TORINO 1861 - ƒ
Storia di Giuseppe Macherione, poeta-patriota giovane e siciliano, che per veder nascere l’Italia lasciò il paese natale e morì nella capitale
In giorni in cui, tra celebrazioni, concerti e momenti di festa, il pensiero non può non andare ai tanti patrioti che con l’azione e con la parola spesero le loro energie, talora a costo della stessa vita, per realizzare l’unità d’Italia, desidero segnalare la presenza di una lapide che, a due passi da piazza Castello a Torino, ne ricorda uno in particolare, la cui memoria è andata perduta.
Giuseppe Macherione, questo il suo nome, era un giovane siciliano nato a Giarre in provincia di Catania nel 1840. Intelligente e creativo, fin da ragazzo si entusiasmò per gli ideali risorgimentali iniziando a comporre versi ispirati all’amor di patria. Quando nel 1861 a Torino venne inaugurato il primo Parlamento italiano, lasciò la sua terra per recarsi in Piemonte al fine di seguire più da vicino lo sviluppo della nuova legislatura. Trovò dimora in un antico palazzo di via Dora Grossa, oggi via Garibaldi, all’angolo con l’attuale via XX Settembre; qui si spense appena tre mesi dopo, già minato da una salute precaria.
Chi dunque passa oggi in via Garibaldi, se alza lo sguardo al primo piano del civico 4 – il palazzo che confina con quello della Regione Piemonte –, può leggere incise su una lapide, purtroppo sbiadita dal tempo, le parole scritte nel 1930 da Paolo Boselli che così ricordò il giovane patriota: «In questa casa/ morì a ventun anno/ Giuseppe Macherione/ da Giarre/ vocato alla gloria dell’ideale/ per genio di poesia e virtù di cuore/ fulgenti nell’ispirata giovinezza/ siciliano ardente d’italiana fede unitaria/ nel pensiero nell’opera nella penna/ pronto e saldo in ogni cimento/ per la nuova vita della patria. + 22 maggio 1861».
Il richiamarne la memoria su un quotidiano può riscattare, in parte, il debito di riconoscenza che gli è dovuto? Forse no, ma è un modo per ricordarlo nel 150˚ anniversario della morte e, nel contempo, della nascita di quell’Italia unita per la quale il nostro dimenticato poeta-patriota tanto aveva trepidato.