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 2011  marzo 25 Venerdì calendario

CRISI PORTOGHESE, EUROPA IN CAMPO


La crisi dei debiti sovrani in Europa, con la caduta del governo socialista di Socrates bocciato sui provvedimenti di austerità, rischia di allargarsi perché richiederà probabilmente un’azione di soccorso da parte dell’Ue.
Come già avvenuto per Grecia e Irlanda. Tuttavia, il Fondo Salva Stati Europeo è pronto ad intervenire, anche se la messa a punto della sua dotazione finanziaria è ancora in fase di completamento. Pertanto, “salvare” anche il Portogallo non dovrebbe essere una sfida insormontabile dopo che l’Ue si è in questi mesi ricompattata e non appare più allo sbando e senza una strategia come quando esplose il bilancio di Atene. Inoltre, i mercati, dopo aver già digerito le crisi greca e irlandese, hanno maturato una certa “assuefazione” e, almeno per il momento, sembrano vivere in modo meno drammatico la novità di una terza crisi, anche se lo spread sui titoli di Stato portoghesi si è notevolmente ampliato. Ed è significativo che l’euro, nonostante questa terza emergenza, non stia più crollando come era accaduto nelle due occasioni precedenti.
In questi mesi si è vissuto il rischio di una possibile crisi portoghese quasi come fosse una sorta di ultima spiaggia prima di arrivare alla vera “crisi delle crisi”: il temuto coinvolgimento della Spagna nel domino dei debiti sovrani. Per usare un’analogia con i drammatici eventi di questi giorni della centrale nucleare di Fukushima in Giappone, il Portogallo era visto come una specie di ultima barriera protettiva contro un’eventuale “fusione del nocciolo” spagnola. In altri termini, Lisbona in sé non preoccupava più di tanto. Era il “dopo Lisbona” ad incutere paura. Ma il rischio di una catastrofe finanziaria europea, con una escalation della crisi dei debiti sovrani estesa fino alla Spagna, sembra ora più remoto.
Infatti, gli indicatori economici spagnoli sono in miglioramento ed anche le azioni del governo di Madrid per invertire la rotta sembrano mostrare una certa efficacia, dopo anni di crescita scriteriata basata sulla “bolla” immobiliare e sulla corsa del debito di famiglie e imprese che ha portato la Spagna sull’orlo del baratro. È vero che le piccole casse iberiche sono state “declassate” dalle agenzie di rating ma i maggior gruppi bancari spagnoli appaiono solidi.
L’Europa affronta dunque la crisi portoghese per quello che è, senza gli isterismi dei mercati che avevano caratterizzato i precedenti passaggi delicati di Grecia e Irlanda. E con la consapevolezza che fare quadrato attorno agli Stati in difficoltà serve a tutti. L’intervento Ue a sostegno del Portogallo, che Socrates aveva sempre rifiutato ma che l’opposizione portoghese invece accetterà, è ormai inevitabile. Non solo perché va tutelato l’euro. Ma perché vi sono in gioco anche importanti interessi dei sistemi bancari e finanziari dei grandi Paesi europei. Infatti, salvare la Grecia e l’Irlanda è significato anche salvare le banche tedesche, francesi ed inglesi più esposte con Atene e Dublino. Lo stesso vale ora con il Portogallo. Secondo i dati della Banca dei regolamenti internazionali al 30 giugno 2010 le banche tedesche avevano un’esposizione consolidata verso il Portogallo leggermente superiore a quella con la Grecia e quelle francesi leggermente inferiore. In Portogallo, Grecia e Irlanda il sistema bancario tedesco è esposto complessivamente per un valore equivalente al 7,3% del Pil della Germania, mentre le banche italiane, per un confronto, lo sono solo per una cifra pari all’1,3% del nostro Pil.

Marco Fortis