Dario Di Vico, Corriere della Sera 25/03/2011, 25 marzo 2011
BANCHE D’AFFARI, LE MURAGLIE CINESI SERVONO ANCHE TRA MARITO E MOGLIE?
Il caso che ha fatto il giro del mondo è quello di Mary Matalin e di suo marito James Calville, per anni al servizio dei repubblicani la prima e di Bill Clinton il secondo. Stesso imbarazzo (e conflitto di interesse) anche per Christiane Amanpour, la giornalista d’assalto della politica americana, moglie (e antagonista) di James Rubin, a lungo portavoce del Dipartimento di Stato a Washington. Come regolare, dunque, i pillow talk, i colloqui del cuscino? Come evitare che moglie e marito, al servizio di uomini politici contrapposti, banche d’affari e studi professionali concorrenti, si scambino informazioni privilegiate? La domanda è diventata attuale a Milano dopo che, nel caso Lactalis, Patrizia Micucci, investment banker di Socgen ha bruciato il marito Fabio Canè, responsabile del dossier Parmalat per conto di Intesa Sanpaolo. E si è riproposta ancora nei giorni scorsi quando Paolo Celesia di Credit Suisse nell’affare Fondiaria-Sai ha avuto come controparte sua moglie, Ilaria Romagnoli, targata Rothschild e advisor di Unicredit nella stessa operazione. La verità è che i matrimoni captive tra colleghi, vuoi per gli orari vuoi più in generale per stili di vita omogenei, sembrano essere in aumento e così il tema del conflitto di interesse finisce per attraversare il talamo.
Che fare? Finora nessuno sembra avere la formula magica contro il sospetto di pillow talk. Da noi né le banche né gli studi hanno adottato finora codici etici che affrontino e tentino di regolare questa fattispecie. Troppo complicato. Così gli avvocati si rifanno alla loro deontologia saldamente presidiata dall’Ordine e un po’tutti alla fine convengono che sarebbe meglio evitare situazioni-limite. Magari sperando che uno dei due, la moglie o il marito, alla fine si tiri indietro salvando trasparenza e matrimonio. In caso contrario alle banche e alle law firm resta poco da fare, se non affidarsi alla professionalità e alla correttezza dei coniugi-concorrenti.
Dario Di Vico