Enrico Beltramini, Saturno-il Fatto Quotidiano 25/3/2011, 25 marzo 2011
ASCESA E DECLINO DELL’ANTI-FACEBOOK - LA STORIA DI DIGG è
simile a quella di tante altre start-up di Silicon Valley. Inizia bene e finisce male. Ma è un po’ differente: perché inizia veramente bene e non finisce poi così male. Ed è questa differenza che rende la storia di Digg così interessante. Prima di Facebook era Digg. Prima di Mark Zuckerberg, era l’espressione scanzonata di Kevin Rose sulla copertina di «Business Week». Rose guidava il movimento dei social media che annunciava la rinascita di Silicon Valley. La copertina di «Business Week» celebrava l’apoteosi di Digg e l’avvento del Web 2.0, la nuova incarnazione della Rete. Prima del film su Facebook e della probabile quotazione di Twitter e Zynga, la generazione che voleva trasformare Internet in una conversazione - così come quella precedente aveva provato a identificarla in un mercato - aveva Rose come alfiere . La nuova generazione differiva dalla vecchia anche perché gestiva i fondi elargiti dagli investitori in maniera attenta. Parsimoniosa. Era una covata di ragazzi tra i 20 e i 30 anni, quella di Rose, che avevano assistito all’implosione di start-up famose, allo scoppio della bolla tecnologica nell’anno 2000. È bene ricordarlo: il primo lustro dello scorso decennio è popolato di fantasmi. Quelli di imprenditori di Silicon Valley che non trovano pace, perché avevano costruito la loro azienda in previsione della quotazione in borsa e poi avevano mancato la “finestra” della quotazione (questo il termine tecnico) per poche settimane. Questi fantasmi vagavano raccontando la loro storia, ma non avevano avuto il potere di fermare l’entusiasmo della generazione di Rose. Però l’avevano fatta riflettere. Così, insieme al suo socio Michael Arrington, Rose crea la sua social news media nel 2004 con il fermo proposito che, qualunque cosa accada , non fallirà. Assumerà poche persone, darà in outsourcing tutte le funzioni non tecnologiche, si terrà fondi di riserva in banca. Nel 2007 arriva la recessione ma Digg è preparata e resiste. E resiste tutt’oggi. Digg è ancora in piedi, non fallisce e certamente non fallirà. I soldi in banca assicurano un certo futuro. Ma, per una specie di eterogenesi dei fini, è forse peggio questa situazione straordinaria di quella comune, in cui finiscono i soldi, si chiude l’azienda e buonanotte. Sì, perché ora è chiaro che Digg è rimasta come intrappolata nella sua stessa illusione, l’irrazionale proposito del tutto condividere, del tutto regalare. Nonostante il successo, Digg non ha abbastanza fatturato. Perciò è stata gettata nel mucchio dei ferri vecchi. Fine della storia. Rose ha abbandonato la partita, la settimana scorsa. Ma ci sono i fondi, parsimoniosamente risparmiati, che tengono in piedi l’azienda. Sentiremo più parlare di Digg?