Ada Masoero, Il Sole 24 Ore 20/3/2011, 20 marzo 2011
ALL’ASTA I TESORI DOMESTICI DI CLAUDIA
Claudia Gian Ferrari aveva due anime: una, la prima a manifestarsi e la più durevole, era quella di studiosa appassionata e di gallerista dei maestri del nostro Novecento; il che accadeva anche (e soprattutto) quando ancora erano oggetto della damnatio memoriae conseguente al loro coinvolgimento con il regime. Lei li "sdoganò" da subito: perché erano gli artisti trattati dal padre Ettore, certo, ma anche perché così assecondava il suo spirito di combattente. E tuttavia lo fece basandosi sempre su ricerche inoppugnabili e su un rigore filologico severo, forte della consapevolezza della loro indubbia statura europea. Come poi le vicende storiografiche degli ultimi decenni avrebbero ampiamente confermato.
L’altra anima era quella di "contemporaneista": sbocciata questa in anni più recenti ma coltivata con l’identica veemenza e portata avanti, per qualche tempo, con una nuova galleria. Le sue collezioni personali erano quindi due: i maestri del Novecento stavano a Milano, nella casa che le aveva disegnato l’amico Mario Bellini. Qui ad accogliere gli ospiti era il gesso dell’Amante morta di Arturo Martini (l’opera più amata), magnifica e dolorosa, ma sdrammatizzata dai folli cappellini della padrona di casa che le volteggiavano intorno. Sulle pareti, gli altri suoi "compagni di vita", scelti uno a uno per ricreare in quelle stanze una breve storia della migliore arte italiana del tempo. Il contemporaneo stava invece a Roma, nell’appartamento affacciato su Santa Maria Maggiore. Quando scoprì di essere malata, decise di lasciare al Fai le gemme della collezione del Novecento, che arricchiscono ora la meravigliosa Villa Necchi Campiglio a Milano, e destinò invece al Maxxi (ma alcuni anche al Macro) il meglio della collezione romana. I vuoti di quelle opere, tutte molto preziose, furono colmati nelle sue case da altre, certo meno costose ma scelte con l’identico gusto e cultura. Ora, come aveva disposto, passano tutte all’asta a Milano in due diverse vendite: il Novecento (ma non solo), da Porro & C. in via Santa Maria Valle 2, il 24 marzo; il contemporaneo (ma non solo) da Sotheby’s in via Broggi, il 12 aprile. Un’occasione imperdibile per gli appassionati.
Protagonisti, da Porro, sono i prediletti Sironi e Arturo Martini, presenti con due piccole monografiche: di Sironi c’è la magnifica, monumentale Figura classica, 1936-1938, grande dipinto stimato 150-180mila euro in cui, nota Paolo Baldacci, si fondono al più alto grado le tematiche sironiane della melanconia e dell’architettura aulica. Insieme, un bassorilievo in gesso policromo (30-40mila euro) e tanti bellissimi disegni, spesso prime idee di celebri composizioni murali. Di Martini, per cui si adoperò tanto, alcune fusioni in bronzo, disegni, e la Zingara,1933-1934: una scultura più grande del vero, seni aguzzi ed espressione sfrontata, qui nella versione in grès (Martini ne eseguì sei, e una in bronzo), proposta a 50-60mila euro. Amava molto anche Fausto Pirandello, di cui riuscì a completare il catalogo generale oco prima della fine: in asta vanno i suoi disegni e dipinti, tra i quali la Natura morta con scatola di cioccolatini del 1940 circa (20-25mila euro), con la materia arsa e i colori terrosi tipici di quella stagione, e il più grande, più tardo e più acceso Nudo col cappello, 30-40mila euro: la stessa quotazione del Paesaggio cadorino, 1924, di Ubaldo Oppi, qui anche con alcune bellissime carte. Cagnaccio di San Pietro, il più "tedesco" dei nostri artisti (per le atmosfere glaciali, da Neue Sachlichkeit, dei suoi dipinti), era un’altra sua passione, ed è bellissimo il Ritratto della signora Wighi, 1930- 1936, in asta con una stima di 60-90mila euro. E poi de Pisis, Savinio, Funi, Melotti e Wildt (la formella in marmo della Madre, 1921, 40-50mila euro). Ma ci sono anche un Vaso-Busto di Claudio Parmiggiani, da lei prediletto fra i contemporanei insieme a Luigi Ontani, qui con una sorta di "trittico verticale" (20-25mila e 14-16mila euro) e altri autori del nostro tempo. Che sono invece i protagonisti da Sotheby’s: ecco allora i lavori, acquistati assai per tempo, di Airò, Borghi, Cecchini, Favelli, Mainolfi, Manzelli, Marisaldi, Migliora e, ancora, un bel Parmiggiani e una piccola collezione di Ontani, suo grande amico, che non a caso in due opere (15-20mila euro ognuna) rende omaggio ad Arturo Martini e a Pirandello. Fra gli stranieri ci sono Kiki Smith, Tracey Emin, Shirin Neshat, Louise Bourgeois, Kapoor, Murakami (con un’opera del 1997, 30-40mila euro), Plensa... Ma nemmeno qui potevano mancare gli amici di sempre: Sironi (Paesaggio urbano, anni venti, 60-80mila euro), Wildt, Pirandello (Nudo, stessa stima del primo), un incantevole de Pisis del 1941 e, ancora, Arturo Martini, con la terracotta policroma Ballo di contadini, 1923, un esemplare unico proposto a 80-100mila euro.