Moisés Naim, Il Sole 24 Ore 20/3/2011, 20 marzo 2011
LA CATASTROFE NON FA PAURA - I
giapponesi sono diversi. È tanto difficile non commuoversi dinanzi alle immagini di sofferenza e distruzione che ci arrivano dal Giappone quanto non sorprendersi dello stoicismo delle vittime. Mentre in altri paesi le scene che seguono una calamità ritraggono solitamente panico, disordine o addirittura saccheggi, in Giappone vediamo lunghe fila di persone che attendono con calma l’assistenza sanitaria o che comprano alimenti. E volti che rispecchiano un dolore inimmaginabile e una cultura secondo cui tale sofferenza non viene palesata con fragore. I giapponesi meritano l’ammirazione e la solidarietà del mondo.
Anche i mercati finanziari sono diversi. Ma in un’altra forma. Scommettono che l’economia giapponese si riprenderà prima di quanto le immagini di devastazione facciano supporre. Prevedono inoltre che l’impatto finanziario negli altri paesi sarà minore e che gli effetti economici nel lungo termine non saranno rilevanti.
A meno di una settimana dal terremoto e dallo tsunami, con gli impianti nucleari ancora in fiamme e la Borsa nipponica in caduta, i fondi d’investimento internazionali specializzati nell’acquisto di azioni di imprese giapponesi hanno ricevuto volumi record di denaro. Durante tale settimana gli investitori mondiali hanno depositato 956 milioni di dollari nei fondi destinati al mercato azionario giapponese (la settimana prima del terremoto l’importo è stato di 180 milioni).
La stessa cosa è avvenuta con la moneta. Un paese devastato da una calamità di tale portata non ha una valuta forte. Ma alcuni giorni dopo la tragedia, lo yen ha raggiunto il suo massimo livello dalla Seconda guerra mondiale. Una moneta così forte ha effetti piuttosto dannosi per le esportazioni del paese e provoca numerosi squilibri internazionali. Per tale ragione le banche centrali dei setti paesi più ricchi hanno raggiunto un accordo e sono intervenute con estrema efficacia sul mercato delle valute, riuscendo a stabilizzare la moneta giapponese: l’intervento coordinato delle banche centrali non avveniva da oltre un decennio.
Il rafforzamento dello yen si deve all’anticipo, da parte dei mercati finanziari, di un consistente rimpatrio di capitali giapponesi depositati in altri paesi e in altre valute. Il Giappone ha un alto tasso di risparmio e la maggioranza di questi risparmi si trova fuori dal paese. Poiché tale denaro dovrà rientrare per finanziare la ricostruzione, la domanda di yen aumenterà. Nell’ipotesi che questo avrebbe aumentato il valore della moneta, gli speculatori si sono precipitati ad acquistare yen. Ma in questo caso alcuni ci hanno rimesso: l’intervento delle banche centrali ha impedito che lo yen continuasse ad aumentare.
Coloro che probabilmente non ci rimetteranno sono coloro che hanno scommesso sul rapido recupero del Giappone. Nonostante questo disastro sia stato devastante, la stima più alta dei danni ammonta a 300 miliardi di dollari, mentre la maggioranza degli analisti la colloca a 200 miliardi. Tale cifra corrisponde solo al 4% dell’attività economica giapponese e all’1% della ricchezza del paese. A titolo comparativo, l’editorialista Martin Wolf (si veda Il Sole 24 Ore del 16 marzo) ricorda che in Giappone la crisi finanziaria mondiale ha avuto un impatto pari al 10% della propria economia e che, dei setti paesi più ricchi, è stato quello che più ha subito la crisi. Sebbene le immagini del Giappone dopo la crisi finanziaria non avessero l’avvilente drammaticità di quelle attuali, la realtà è che il crollo del 2009 ha colpito un numero molto maggiore di giapponesi.
Un altro calcolo che stanno elaborando i mercati finanziari mondiali indica che il recupero del Giappone sarà tanto veloce quanto quello avvenuto a seguito di altre calamità. Garry Evans della banca Hsbc ha studiato le conseguenze finanziarie dei terremoti di Kobe (Giappone) nel 1995, di Taiwan nel 1999, del Cile nel 2010 e gli attacchi terroristici del 2001. Ha rilevato che, nonostante tali disastri abbiano fatto cadere le rispettive Borse valori, quest’ultime hanno recuperato i propri livelli pre-catastrofe tra i 23 e 78 giorni dopo e 100 giorni più tardi si attestavano già sopra (o molto oltre) tale livello.
E questo non vale solo per le Borse valori. Le economie colpite da tali disastri crescono grazie allo stimolo degli investimenti destinati alla ricostruzione. Nel 2010 il Cile è stato colpito da un sisma devastante e ha registrato una crescita del 5 per cento.
È ovvio che la tragedia del Giappone ha altri effetti negativi poiché è lì che si trovano molti anelli decisivi di molte delle catene di fornitura da cui dipende l’industria mondiale e ora tali tasselli sono fermi. Il settore assicurativo soffrirà e la prosperità dell’industria nucleare è incerta. Anche su questo stanno scommettendo gli investitori: il prezzo dell’uranio è diminuito del 30 per cento.
(Traduzione di Cinzia Montina)