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 2011  marzo 20 Domenica calendario

IL SUDAFRICA E IL DILEMMA DEL RAND

«Possa tu avere quel che desideri...», dice un’antica maledizione. E capita davvero, a volte, di ottenere quanto si è a lungo voluto in circostanze diventate però avverse. Il Sudafrica sa cosa significa: il paese ha combattuto a lungo contro la forza del rand; ma ora che la sua valuta cala in seguito al sisma giapponese, i vantaggi del deprezzamento non sono più così evidenti.

È cambiato tutto, infatti. Il cambio forte spaventava il governo perché irrita i sindacati, che temono una perdita di competitività degli esportatori, già duramente colpiti dalla recessione globale, e quindi un aumento dell’occupazione. In realtà l’economia sudafricana risponde meno al cambio e molto più alla crescita dei suoi grandi partner come Usa, Giappone, Gran Bretagna, Germania, Italia e Francia; ma le organizzazioni dei lavoratori, che sostengono tra mille tensioni l’attuale governo, devono affrontare le pressioni di milioni di disoccupati.

Il rand si è poi davvero apprezzato tanto: del 26% da inizio 2009 fino alla scorsa settimana, con una performance migliore sia del real brasiliano sia della lira turca. In pochi giorni, però, la valuta ha perso il 7%: una flessione troppo rapida, che potrebbe anche proseguire. Gli investitori, anche individuali, giapponesi stanno cedendo tutte le loro attività in valuta estera, e quindi anche in rand, per riacquistare yen. È un fenomeno che si nota a marzo di ogni anno, perché è il mese di chiusura di bilancio e qualche plusvalenza finanziaria può fare comodo. In questo 2011, ora che occorre intervenire con decisione nell’economia interna, i flussi di rientro di capitali potrebbero essere più forti del solito.

Il governo di Pretoria è preoccupato. La banca centrale pure. Il rialzo mette a rischio, in particolare, la stabilità dei prezzi. Se la banca centrale era riuscita a mantenere l’inflazione all’interno del corridoio prestabilito - 3-6% - era merito anche di un cambio che manteneva freddo il costo dei beni importati - tra i quali naturalmente ci sono il petrolio e i beni alimentari - ed evitava un rialzo dei tassi (già al 6,5%).

«Sarebbe preferibile, per le autorità, un rand più debole? Sì - ha spiegato alla Reuters Jeff Gable, della Absa Capital - Farebbe loro piacere averlo più debole subito? Forse no, perché ora causerebbe più problemi di quanti ne risolva». Anche nella nuova situazione pesano più ragioni politiche che economiche: l’effetto immediato del rialzo del greggio sui prezzi, calcolano Andrea Masia e Michael Kafe per Morgan Stanley, è di 0,21 punti percentuali, ai quali occorre aggiungere al massimo altrettanti dagli effetti indiretti (alimentari, distribuzione). Non è moltissimo e una conferma sarà possibile giovedì quando la banca centrale rivelerà le sue nuove previsioni sull’inflazione. Il problema vero, però, sono di nuovo le relazioni tese tra governo e sindacati, i quali potrebbero chiedere aumenti salariali superiori all’aumentato costo della vita. Ricorrendo all’arma, consueta in Sudafrica, di lunghi e frequenti scioperi.