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 2011  marzo 24 Giovedì calendario

La Svizzera non si fa impaurire «Guai a chi ci tocca il nucleare» - Riflettere, riflettere, riflettere

La Svizzera non si fa impaurire «Guai a chi ci tocca il nucleare» - Riflettere, riflettere, riflettere. Molto lodevolmente, il governo dice di voler ri­­flettere ancora un anno sulla decisione di riavviare il nucleare nel nostro Paese. Intanto, mentre noi pensiamo per un an­no, i nostri vicini in quarant’otto ore agi­scono. E agiscono esattamente come da noi figurato non più di tre giorni fa. In seguito ai fatti del Giappone i Verdi della Svizzera hanno chiesto al Parlamento del Cantone di Argovia (che ospita 3 dei 5 reattori svizzeri) di uscire dal nucleare. A tamburo battente, i 130 parlamentari hanno votato: 82 a favore del nucleare, confermandolo così la fonte che dà qua­si il 50% d’elettricità agli svizzeri (l’altro 50% lo ottengono dall’idroelettrico). In­somma, siccome i francesi hanno già detto che non chiuderanno col nuclea­re, e ora neanche gli svizzeri, i reattori che si trovano entro un raggio di 200 km da Milano, 26 sono e 26 resteranno. Ma, ancorché lodevole la decisione di riflettere, deve pur venire anche per noi il momento di agire (in un senso o nell’al­tro) e così mi permetto di suggerire alcu­ni spunti per una riflessione, se non rapi­da, almeno proficua. Un primo spunto di riflessione lo suggerisce il comporta­mento degli svizzeri e consiste nel porsi la seguente domanda: cosa faranno i giapponesi? Spegneranno i 50 reattori che gli sono rimasti? Se non volessimo imitare la Svizzera, forse potremmo pen­sare di imitare il Giappone. Se chiuderà col nucleare, allora avrà valutato che non è sicuro e le nostre ritrosie sarebbe­ro più che legittime. Se invece non chiu­derà col nucleare, allora dovrebbe quan­to meno rafforzarsi in noi il dubbio che le nostre preoccupazioni siano, a dir po­co, ingiustificate. A questo proposito, un elemento informativo analogo, ma certo, esiste: il caso dell’Ucraina, che «dopo» Chernobyl ha installato 9 nuovi reattori (portando così a 15 quelli in eser­cizio) e ne ha pianificato la costruzione, entro il 2035, di altri 22 (avete letto bene: 22), di cui 2 sono già in costruzione. Un secondo spunto di riflessione po­trebbe essere suggerito da una doman­da cruciale che val la pena porsi: al di là della colorita letteratura mediatica che ci ha deliziato per giorni, se in Giappone non vi fosse stato alcuno dei 55 reattori nucleari in esercizio, vi sarebbe oggi un morto di meno? Siccome la risposta è no, forse potremmo concludere che il nucleare è sicuro al cospetto di terremo­ti anche 1000 volte più intensi di quello dell’Aquila, anche con maremoto a se­guire. Il terzo spunto di riflessione è questo. Il terremoto ha fatto collassare una diga, e il collasso ha spazzato via decine di abi­ta­zioni assieme ai loro sfortunati abitan­ti. Riflettiamo ora come segue: se in Giap­pone ci fosse stato un reattore nucleare in più al posto della diga che, collassan­do, ha spazzato via quell’intero villag­gio, avremmo avuto oggi anche molti morti in meno? Qualcuno, molto giusta­mente, osserva che l’evacuazione caute­lativa di un’area di 20 km di raggio attor­no alla centrale ormai famosa è stata co­munque una tragedia. Val la pena ricor­dare che, senza avere alcuna centrale nu­cleare, i cittadini dell’Aquila subirono la stessa tragedia e vissero per molte sett­i­mane in tende e lontani da casa. Così co­me que­i poveretti del villaggio giappone­se travolto dal collasso della diga non eb­bero neanche il privilegio di essere eva­cuati, semplicemente perché una diga che collassa questo privilegio non dà.