Lauretta Colonnelli, Corriere della Sera 15/03/2011, 15 marzo 2011
«LEI SI SENTE ITALIANO?» LE RISPOSTE DI 98 SCRITTORI
«Lei si sente italiano? E, se sì, in che modo?» «Neutro, una sensazione puramente percettiva. Sento che non saprei vivere altrove, ma solo a Roma». La domanda è la prima di un questionario, che la rivista Nuovi Argomenti, in un numero speciale in uscita in questi giorni e intitolato «Là dove il sì suona», ha sottoposto a 98 scrittori in occasione del 150° anniversario dell’ Unità d’ Italia. La risposta è di Luca Canali, scrittore e latinista. Il tema viene ripreso da Maria Ida Gaeta che, in una giornata a cura della Casa delle letterature e della Fondazione Maria e Goffredo Bellonci, indaga sul rapporto tra scrittori e storia. Questa mattina alle 9,30, nella sala Protomoteca del Campidoglio, Maria Calitti, Giancarlo De Cataldo, Alessandro Mari, Gabriele Pedullà e Stefano Petrocchi ragionano, insieme a Gaeta, su come letteratura e storia, intrecciate tra loro, riescano a descrivere la realtà in una maniera più completa. Nel pomeriggio, a partire dalle 16,30, alla Casa delle Letterature (piazza dell’ Orologio 3), Dacia Maraini, Melania Mazzucco, Filippo La Porta, Enzo Golino e altri, insieme ai redattori di Nuovi Argomenti, intervengono sull’ inchiesta condotta dalla rivista. Il tema scelto è il senso di appartenenza alla nazione Italia. Tra le sorprese, eccone alcune, che Carlo Carabba, coordinatore del lavoro, ha messo in evidenza. Scorrendo l’ indice analitico posto in appendice al volume, si scopre che i 98 autori interpellati hanno citato ben 504 personaggi, compresi alcuni di fantasia come Ulisse a Azzeccagarbugli, ma hanno dimenticato i politici. Nessuna menzione di Andreotti e Craxi, Forlani e Fanfani; compaiono una sola volta Moro e Cossiga. Tra i viventi, Prodi è citato un paio di volte, Bossi tre, Berlusconi cinque (ma in quattro sotto forma di aggettivo, «berlusconiano»). Alcuni, come Nicola Lagioia e Melania Mazzucco, vedono nella lingua la vera patria; altri individuano nella posizione privilegiata della lingua una causa della debolezza del senso di appartenenza alla nazione. «Il processo di unificazione è stato il frutto di una creazione di tipo artistico e dunque l’ unico, inestimabile, patrimonio comune agli italiani è il patrimonio artistico», sostiene Antonio Scurati. Una chiosa divertente viene da Antonio D’ Orrico: «Conoscevo due, marito e moglie, genere radical-chic, che quando si trovavano all’ estero accanto a degli italiani si mettevano a parlare in francese o in inglese per non esser confusi con i compatrioti. Ecco, sono italiano nel senso che non farei mai una cosa del genere. Nemmeno sotto tortura».
Lauretta Colonnelli