Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2011  marzo 24 Giovedì calendario

MEDICI, AVVOCATI, INGEGNERI: L’ELITE PER LA NUOVA LIBIA —

In una sala dell’Hotel Raphaël, a due passi dall’Arco di Trionfo e a molte miglia dai combattimenti, i rappresentanti della nuova Libia che cerca di nascere spiegano all’Occidente diviso perché ha fatto bene a intervenire, e provano a immaginare il Paese che verrà. Alì Zeidan e Mansour Saif El Nasser, che il giorno prima hanno avuto un colloquio al Quai d’Orsay, ora ringraziano la Francia e gli altri Paesi della coalizione. «I ragazzi di Bengasi sul lungomare gridano One, two, three, viva Sarkozy!» , raccontano tra i sorrisi. Ma nelle due ore dell’incontro si parlerà anche di petrolio: «I contratti già firmati saranno rispettati. Poi, sapremo ricordarci di chi ci ha aiutato di più. Rispettiamo le decisioni del governo di Roma, ma avremmo preferito che fosse l’Italia, il nostro Paese fratello, a prendere l’iniziativa nel sostenerci» . I due emissari per l’Europa del «Ctnl» si prestano alle domande di intellettuali, scrittori e imprenditori: dai nuovi patron di Le Monde Pierre Bergé e Xavier Niel ad André Glucksmann, da Christine Angot a Bernard Kouchner (ex ministro degli Esteri), Paul Quilès (Difesa) e Jacques Lang (Cultura); dalla anchor woman del tg delle 20 Claire Chazal a Pascal Bruckner. Bernard Henri Lévy, primo tramite degli insorti con il presidente Sarkozy, ha invitato la Parigi intellettuale e mediatica a conoscere per che cosa i libici, e gli aerei occidentali, stanno combattendo. «Il Consiglio di transizione è composto da 31 persone ma solo 8 hanno reso pubblici i loro nomi perché gli altri 23 vivono in zone ancora occupate dalle truppe di Gheddafi. Lavorano per noi un migliaio di laureati, ingegneri, medici, avvocati, docenti universitari, che in molti casi hanno studiato all’estero: un’élite che ha i mezzi per fondare un nuovo Stato. Siamo espressione di tutte le fasce della società e di tutte le tribù, la cui importanza non è così grande come credete — dice Alì Zeidan, che vive tra Bengasi, la Germania e il Cairo —. Tra noi ci sono anche dei Gheddafi, per esempio. Un suo cugino generale, mandato a sparare sulla folla, si è rifiutato di commettere quel crimine ed è passato dalla nostra parte, prima di cadere in combattimento. Gli abbiamo tributato tutti gli onori» . Il Colonnello dice che siete uomini di Al Qaeda. «È la menzogna di un uomo confuso, che ci accusa di essere terroristi e poi minaccia di allearsi con i jihadisti, che a suo dire dovremmo essere noi... Vogliamo costruire una Libia democratica e laica, con Tripoli come unica capitale possibile, una divisione del Paese è fuori questione. Ci riusciremo perché i libici sono musulmani, non fanatici » , dice Mansour Saif El Nasser, esiliato a lungo negli Stati Uniti. I rappresentanti del Consiglio di transizione si dicono sicuri che Gheddafi potrà resistere non più di «una settimana o 10 giorni» ai raid aerei della coalizione «se continuano con la stessa intensità» ; non confidano in un intervento terrestre, ma sperano di ottenere armi dai Paesi arabi vicini. Che ne sarà di Gheddafi se verrà sconfitto? «Lo vogliamo vivo, e sottoposto a un processo regolare» . Circolano voci di vendette sommarie in corso sugli immigrati dall’Africa nera, accusati di essere mercenari. «Fermeremo queste violenze. Dobbiamo distinguere tra i mercenari, che saranno trattati come prigionieri di guerra, e gli altri, venuti in Libia per lavorare, che vanno difesi e rispettati» . Come cambieranno i rapporti con l’Italia? «Quanto ai due popoli, torneranno all’era pre-Gheddafi, quando il 24 dicembre festeggiavamo l’indipendenza insieme con i tanti cittadini italiani che celebravano il Natale. La cacciata degli italiani è stata una vergogna che ha impoverito la Libia, le colpe dei fascisti non dovevano ricadere sulla gente comune. Gheddafi ha dato al mondo solo odio, terrorismo e immigrazione, tutti sanno che era la sua famiglia a organizzare il racket dei clandestini raccogliendo disperati in tutta l’Africa. Ha sempre usato l’immigrazione come un’arma contro l’Europa, quindi Roma non ha niente da temere da noi, anzi. Chiediamo aiuto per costruire un Paese moderno, e civile. Esporteremo pace e petrolio» . Che ne sarà del Trattato tra Italia e Libia firmato nel 2008? «Potremmo osservarlo anche nel dopo-Gheddafi. In ogni caso, il governo italiano deve capire che tutti i prossimi contratti saranno stipulati nell’interesse del popolo libico, su basi di parità — dice Alì Zeidan —. In 42 anni di regime del Colonnello, le nostre ricchezze sono state depredate e mai redistribuite ai cittadini. Le risorse energetiche hanno arricchito solo la casta al potere e chi ha fatto affari con loro. Questo finirà. Nel frattempo, al premier Silvio Berlusconi ricordiamo che non ci può essere compromesso, bisogna scegliere: o noi o Gheddafi. E noi siamo sicuri di vincere» .
Stefano Montefiori