ANDREA BONANNI , la Repubblica 23/3/2011, 23 marzo 2011
IL COMPROMESSO DI SARKOZY
Alla fine un accordo di massima che consente a tutti di dichiararsi soddisfatti è stato trovato: l´Italia può dire che la Francia ha dovuto cedere e che il comando delle operazioni in Libia passa alla Nato, Parigi può sostenere che comunque le azioni della coalizione avranno anche una "regia politica". E che insomma non tutto sarà deciso dall´Alleanza.
La Nato ha approvato i piani per una no-fly zone sopra la Libia.
L´accordo arriva proprio mentre il presidente Obama, dopo aver rimosso il veto turco e dopo aver parlato con Sarkozy e Cameron, afferma che l´Alleanza «dovrà avere un ruolo chiave nell´applicazione della no-fly zone». E il segretario americano alla difesa, Gates, prevede «entro pochi giorni» il passaggio della responsabilità delle operazioni militari dal comando americano di Norimberga alla Nato.
L´Alleanza Atlantica avrà dunque un ruolo nella guida nelle operazioni militari per fare rispettare la risoluzione 1973 delle Nazioni Unite. Ma il puzzle diplomatico, che vede la Francia contrapposta alla maggior parte dei suoi alleati nella Coalizione, non ha ancora trovato una soluzione definitiva.
E´ da lunedì che il Consiglio Atlantico, che riunisce i rappresentanti dei 28 Paesi della Nato, sta riunito in modo quasi permanente in un clima a volte molto teso. Lunedì, quando il segretario generale Anders Fogh Rasmussen ha preso la parola, non è stato tenero né con la Francia, che rifiutava di passare la guida delle operazioni alla Nato, né con la Germania, che non vuole impegnarsi in nessun modo sul fronte libico - tanto che ieri ha annunciato il ritiro da tutte le operazioni Nato nel Mediterraneo - né con la Turchia, che fino a ieri manteneva un veto su qualsiasi operazione dell´Alleanza contro la Libia. Il clima si è riscaldato al punto che l´ambasciatore francese e quello tedesco si sono alzati e hanno lasciato la sala, obbligando il Consiglio a sospendere la riunione.
Ieri i lavori sono ripresi in un clima più costruttivo mentre la diplomazia, nelle capitali, si dava da fare per rimuovere gli ostacoli ad un possibile accordo. Barack Obama ha telefonato al premier turco Erdogan, che si era offeso per non essere stato invitato da Sarkozy al vertice di Parigi. I due hanno concordato che l´intervento in Libia debba essere «fondato sui singoli contributi nazionali e reso possibile dalle capacità uniche della Nato di comando multinazionale e di controllo, così da assicurarne la massima efficacia».
«Questa non e´ una missione Nato. Questa è una missione in cui l´apparato Nato potrebbe essere utilizzato per il comando e il controllo», ha spiegato il segretario di Stato Robert Gates, al ritorno dal suo viaggio a Mosca. Intanto le diplomazie occidentali (compresa quella italiana) hanno cercato di ottenere dalla Lega araba e dai Paesi islamici che sostengono l´operazione il consenso per l´utilizzo dell´Alleanza come punto di coordinamento. Consenso arrivato, smentendo la pretesa francese che gli arabi sarebbero stati contrari ad un comando Nato.
Alla fine, il ministro degli Esteri francese, Juppè, la cui ostinazione nel voler bloccare l´Alleanza stava ormai isolando la Francia, ha lanciato l´idea di creare una «cabina di regia politica», composta dai ministri degli Esteri dei Paesi che partecipano alla coalizione. A questo centro di direzione spetterebbe la guida politica dell´operazione, mentre il coordinamento militare verrà affidato alla catena di comando Nato.
In realtà, tutta questa fumisteria diplomatica, nasconde una divergenza di fondo nelle motivazioni dei partecipanti all´operazione in Libia. La maggior parte dei Paesi, tra cui l´Italia, vede il mandato Onu come l´imposizione di una no-fly zone, il controllo sull´embargo e l´intervento umanitario: tre linee di azione che la Nato è pronta a mettere in esecuzione. La Francia, invece, è l´unica ad aver riconosciuto il Consiglio di transizione di Bengasi e si sente impegnata a fianco degli insorti. Il che spiega le sue missioni di bombardamento di convogli militari, di depositi e di strutture logistiche delle milizie di Gheddafi.
Il timore dei francesi è che, se il comando politico delle operazioni fosse assunto dalla Nato nei limiti che la maggior parte dei Paesi vogliono imporle, la situazione sul terreno arriverebbe, al meglio, ad uno stallo, magari molto prolungato, con conseguente necessità di trovare una soluzione diplomatica. Ma questo non basta a Sarkozy, che condivide l´obiettivo degli insorti di cacciare Gheddafi dal potere.
La soluzione a cui si sta lavorando potrebbe dunque essere quella di lasciare alla Nato il compito di far rispettare la no-fly zone e l´embargo. Mentre i membri della coalizione che lo vogliono, come Parigi e forse anche Londra, potrebbero continuare a colpire i mezzi di Gheddafi per fermare la sua controffensiva e costringerlo rinunciare alla riconquista del potere.