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 2011  marzo 23 Mercoledì calendario

Roberto Saviano, lo scrittore impegnato. Contro la sintassi - «Sai perché a me mi ascoltano?». Ecco, quando ho letto questo «a me mi» ho veramente vacillato

Roberto Saviano, lo scrittore impegnato. Contro la sintassi - «Sai perché a me mi ascoltano?». Ecco, quando ho letto questo «a me mi» ho veramente vacillato. Le parole di Roberto Saviano (un brano di un’intervista a Wired) erano citate sul Corriere della sera del 2 marzo 2011. Eppure nessuno sembra averle notate. (...)Nessuno ha eccepito. Abbagliati dall’oracolo? Da tempo - leggendo gli scritti del giovane campano - mi chiedo “ma come scrive?”. Penso infatti che, oltre alle leggi e alle regole del vivere civile, per le quali si batte anche Saviano (giustamente), ci siano le leggi e le regole della sintassi italiana e della grammatica: non si dovrebbero trattare come si tratta il rosso semaforico a Napoli. Tuttavia ho finora desistito dall’idea di fare le pulci allo scrittore con un articolo. Nonostante la macchina propagandistica che ne ha fatto una specie di “madonna pellegrina” continuo a ritenerlo un bravo giovanotto di provincia, un ragazzo coraggioso, seppure abbagliato dal successo. E mi fa simpatia. Anche tenerezza. D’altra parte all’autore di Gomorra - dopo il successo planetario - le critiche sono alquanto indigeste: gradisce gli osanna e gli incensi - che copiosamente riceve - ma non sopporta le osservazioni critiche. Tende a viverle come lesa maestà. Se gli fai un rilievo dà il peggio di sé. Subito ti iscrive alla fantomatica e oscura “Macchina del fango” che egli ritiene complotti malignamente contro di lui. C’è ancora un altro motivo che mi ha indotto finora a tacere. A me Gomorra, il suo libro, è piaciuto. È un libro che ha un’idea forte, avvincente e fa riflettere. Ho letto il saggio più critico scritto su Saviano e Gomorra: non mi ha convinto del tutto. È uscito dalla penna di un acuto intellettuale di sinistra, Alessandro dal Lago. Il volume, intitolato Eroi di carta e pubblicato da “Manifesto libri”, è anzitutto una critica, fatta da un intellettuale che ha letto (e metabolizzato) Marx, alla rappresentazione savianesca della camorra. Io però preferisco l’idea metafisica (sia pure populista) del Bene e del Male che in fondo c’è in Gomorra, alla riduzione sociologica ed economica del fenomeno camorristico, anche se - come dice Dal Lago - ci vuole senso del ridicolo e bisogna «che si rifletta un po’ prima di gridare ai quattro venti che tutto il male del mondo discende dai casalesi ». Dal Lago però ha azzeccato alcune osservazioni critiche: il fatto che lo stesso scrittore si sia definito una «operazione mediatica», la «bolla comunicativa senza precedenti» che si è prodotta attorno a Gomorra, l’automitizzazione dell’au - tore come eroe e martire che sulla pagina fa cortocircuito. Falle letterarie Ma soprattutto le tante falle letterarie del bestseller. Pure Dal Lago ha notato la «sciatteria » della scrittura di Gomorra. Non sono soltanto espressioni tipo «la mia faccia era diventata conosciuta»; o costruzioni che vogliono essere letterarie e risultano goffe («l’ali - to del reale, quello caldo»). O scene involontariamente ridicole: «(come) due topi che percorrono la stessa fogna e si tirano su per la coda» (chi ha mai visto dei topi che si tirano su per la coda?). Dal Lago segnala gli innumerevoli anacoluti a cui si dovrebbero aggiungere le innumerevoli ripetizioni, stilisticamente orrende. A proposito di stile: «La padronanza del vocabolario mi sembra il primo requisito di uno scrittore», osserva Dal Lago. Ma in Gomorra ti trovi a leggere di «motorini che ti sbirciavano », di «mappare ciò che è finito», di «fissare una guerra di camorra nelle pupille» e della «rabbia che sa di succo gastrico». O di quando «mi svegliai con un imbarazzo tremendo perché dal pigiama, indossato senza mutande, penzolava una chiara erezione non voluta». Penzolava un’erezione? Dal Lago accenna questi esempi e poi percorre altri sentieri. Ma ormai il problema linguistico e letterario di Saviano va analizzato più profondamente. Perché il rapporto conflittuale che intrattiene con la sintassi, con lo stile e la grammatica è paragonabile al suo rapporto conflittuale con la camorra di Casal di Principe. Qualche saggio: «L’aria che si respira è tesa», «la più spietata che il sud Italia abbia mai visto negli ultimi dieci anni». Possessi e possessivi: «I Marino erano stati obiettivi primi della faida. Avevano bruciato le sue proprietà». Da notare inoltre meraviglie letterarie di questo tipo: «L’attrazione turistica per turisti ». E poi le lezioni di anatomia e di balistica: «Prima di tirare il grilletto con tutta la forza dei due indici che si spingevano a vicenda». Orecchie e scapole Come fanno gli indici a spingersi a vicenda per sparare? Boh. Poi l’autore prosegue: «Come se volessi tapparmi le orecchie con le scapole». Con le scapole? Chissà se una tale acrobazia è mai riuscita a qualcuno... C’è poi il capitolo dei congiuntivi con i quali Saviano fa davvero a pugni. Sentite qua: «Una prassi del genere avrebbe rafforzato alcuni a scapito di altri e lentamente, appena il gruppo ne avrebbe avuto la forza, avrebbe dato una spallata… ». Non si poteva per caso usare un “avesse” al posto del primo avrebbe? Com’è noto le grandi case editrici, come la Mondadori, che ha pubblicato Gomorra, dispongono di un esercito di correttori di bozze. Tutti molto preparati. Se questi strafalcioni sono riusciti a oltrepassare perfino quel muro viene da chiedersi come sia la prosa originale del Nostro. Forse ne troviamo un esempio nella singolare “anti - cipazione” dell’introduzione a Vieni via conmeche è uscita sulla Repubblica il 1° marzo (l’indomani lo scrittore avrebbe presentato il libro a Milano alla libreria Feltrinelli). Il confronto fra la “anticipa - zione” e il vero testo dell’in - troduzione uscito nel volume è uno spasso. Nella prima trovi - per esempio - una frase come questa, su cui Aldo Grasso ha ironizzato: «Arrivare a così tante persone ti cambia la vita. Ogni giorno mi giungevano migliaia di lettere e messaggi di persone che mi davano la loro vicinanza, solidarietà». O un pensiero del genere: «In quelle ore ciò che mi pervadeva davvero, nonostante le critiche, era sentire in ogni parte di me che attraverso la televisione, strumento che spesso sembra inutile, talvolta considerato una macchina per oscurare le menti, si stava accogliendo una voglia di trasformare, di cambiare, di dire comunque la si pensasse politicamente, che il Paese è diverso da come viene rappresentato... ». Grasso ha commentato: «Roba da Paolo Bonolis, quando si occupa del “Senso della vita”». Ma curiosamente nell’in - troduzione del libro queste due frasi risultano “sistema - te”. E così il loro contesto. Non è curioso? C’è stata insomma una mano che ha ritoccato l’italiano. E quello uscito su Repubblica che testo è? D’altra parte nemmeno la severa revisione dei correttori di bozze della Feltrinelli, la casa editrice dell’ultima opera savianesca, è riuscita a sistemare tutto. Un esempio, ancora una volta relativo a un congiuntivo: «È come se chi accetta la linea governativa fosse legittimato a ricevere compensi (...). Ma chi vuole criticare deve farlo rinunciando…». Non crede Saviano che un bel “dovesse” al posto di quel “deve” sarebbe stato meglio? La prefazione Anche ieri la Repubblica ha “anticipato” una “prefazione” di Saviano a un altro libro della Feltrinelli. E puntualmente troviamo un congiuntivo galeotto, anzi due: «Una storia che cammina dritta, prevederebbe a questo punto che don Giacomo porti i ragazzi al Nord e lì se ne occupi». Due al prezzo di uno. Forse per Saviano anche il congiuntivo è un pericoloso nemico che complotta come membro occulto della famigerata Macchina del fango allestita per denigrarlo? È una battuta che faccio a mio rischio e pericolo. Infatti so bene che basta una domanda simile a Saviano per subire una squalifica morale. Perché - come dice Alessandro Dal Lago - la mitizzazione di Saviano e la sua «inclusione nel martirologio fa sì che chiunque non si allinei sia considerato di fatto un alleato dei camorristi». Tuttavia il problema resta: come scrive Saviano?