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 2011  marzo 23 Mercoledì calendario

I 50MILA POSTI DI LAVORO CHE NESSUNO VUOLE

La disoccupazione saràpure «troppo alta», come è tornato ad ammonire ieri l’Fmi, ma ci sono alcuni tipi di impiego o occupazione, in Italia, che sembrano avere misteriosi virus e nessuno li vuole. Gli ultimi dati dell’Istat, in effetti, dicono che aumentano i cosiddetti posti vacanti. Secondo l’istituto di statistica «nel quarto trimestre 2010 il tasso di posti vacanti sul totale dell’industria e dei servizi è pari allo 0,6%, con un incremento di 0,1 punti percentuali rispetto al 2009». Più nel dettaglio, «nell’industria il tasso di posti vacanti è pari allo 0,5%, superiore di 0,2 punti rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente; nei servizi risulta pari allo 0,7%, in aumento di 0,2 punti sullo stesso periodo dell’anno precedente». Una valanga di occasioni perse, insomma. Fino a 50mila le posizioni libere, secondo alcune stime. Le statistiche dell’ente di via Balbo, però, non devono illudere. Il fatto che ci sia un po’ di lavoro “disponibile” non certifica la ripresa. Anzi. L’allarme del Fondo monetario internazionaleche non riguarda solo la Penisolava proprio nella direzione opposta. Secondo l’organismo con sede a Washington la disoccupazione «pone delle gravi sfide sociali ed economiche». L’Fmi avverte che «i giovani affrontano particolari difficoltà». E ricorda che «circa 205 milioni di persone sono ancora in cerca di lavoro, ovvero 30 milioni in più dal 2007». «L’aumento della disoccupazione- aggiunge -èstato molto forte nelle economie avanzate, nei paesi emergenti e in via di sviluppo l’elevato numero di senza lavoro tra i giovani è una particolare fonte di preoccupazione ». La massa dei senza lavoro in Italia è sempre sopra quota 8%. Il Fondo ha indicato «tre linee di difesa» contro la disoccupazione: «le politiche macroeconomiche di sostegno, il risanamento del sistema finanziario e specifiche misure per il mercato del lavoro». Tuttavia, secondo l’Fmi, «c’è un bisogno urgente di accelerare la ristrutturazione e la ricapitalizzazione delle banche per rilanciare il credito alle piccole e medie imprese, che contano per la grande massa dei livelli di occupazione. Sussidi temporanei all’occupazione mirati a questo tipo di impreseaggiungono gli economisti del Fondopotrebbero aiutare a far ripartire le assunzioni». Servono azioni mirate e politiche ad hoc. Per l’Fmi «dove la disoccupazione è aumentata per motivi strutturali o dove era elevata anche prima della crisi piùampie riforme del mercato del lavoro e dei prodotti sono essenziali per creare più posti di lavoro». E gli economisti di Washington concludono affermando che «il crescente peso della disoccupazione sui giovani pone dei rischi alla coesione sociale». L’Fmi, in generale, vede nero per l’Italia: la crescita «resterà debole, poichèi problemi dicompetitività di vecchia data comprimono la crescita delle esportazioni e il programmato consolidamento fiscale pesa sulla domanda privata ». Il nostro Paese resta agli ultimi posti per crescita tra i paesi di Eurolandia, con un Pil 2001 atteso al +1%, superiore solo a Grecia, Portogallo, Irlanda e Spagna. Magra consolzazione, dunque. Peraltro l’uscita dalla bufera finanziaria è tutt’altro che dietro l’angolo. Le difficoltà spuntano continuamente. Una dietro l’altra. L’ultimo ostacolo si chiama aumento dei prezzi delle materie prime. Che incombe sulle speranze di ripresa economica: da gennaio 2010 a gennaio 2011, secondo Confartiginato, la media dei rincari ha sfiorato il 33%. Un boom che potrebbe avere un effetto dirompente sui costi sopportati dalle imprese manifatturiere per l’acquisto di beni necessari alla produzione. L’impatto potenziale sarà di 155 miliardi di euro in più in un anno. Più o meno come 7-8 manovre di finanza pubblica. Un colpo (forse) impossibile da assorbire.