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 2011  marzo 23 Mercoledì calendario

«PER 8 ANNI MI HANNO TRATTATO DA GIUSTIZIERE. ORA RIPRENDO A VIVERE» —

Il giustiziere. La giustizia. Altre domande ancora. No, otto anni dopo e dopo l’assoluzione di lunedì, non è finita. Giovanni Petrali lo sa. «Su quasi tutti i giornali passo per giustiziere che insegue e uccide» . Sentenza cancellata, in Appello, dovevano essere venti mesi di cella, non sarà nemmeno un minuto. «È stata fatta giustizia» . La aspettava? «Nel tempo mi sono allontanato dal negozio. Però, vede, la mia vita era, è quella: stare dentro un negozio... L’opinione pubblica si è schierata contro di me. Ma la gente, la gente vera, è al mio fianco. Ero tranquillo. La verità sarebbe venuta fuori» . Ha ammazzato. I giudici hanno stabilito la restituzione della pistola. Legittima difesa. «Forse vale la pena di prendere in considerazione di imporre, ai cittadini che intendano tutelarsi armandosi, corsi di preparazione. Per far capire cosa significa sparare, confrontarsi con gli eventi» . Erano lui e la moglie Rosa, il 17 maggio 2003, banco del bar tabacchi di piazzale Baracca. «Mi chiedo se fossi stato disarmato e l’avessero uccisa: oggi cosa proverei?» . A volte è una questione di famiglia. Andrea Solaro, in Liguria, se n’è appena fatta una, dice da Genova l’avvocato Chiara Antola. Petrali, 76 anni, di legali ne ha due. Marco Martini e Marco Petrali: uno dei figli. Negli anni 90 Alfredo Merlino, in prigione per l’ennesima condanna, non poté partecipare ai funerali della mamma. Al suo venne l’unica persona rimastagli. La sorella Micaela. Micaela, senza nascondere proprio niente del fratello— i reati, le armi, la droga — inviò una lettera al Corriere. Finiva così: «Alfredo non è più con noi. O meglio, con me. E questo non è un sollievo, come qualcuno ha scritto, ma solo un dolore» . Solaro e Merlino, allora 19 e 30 anni, erano i banditi. Petrali il negoziante. Entrarono armati. Fuori i soldi. Le botte a Petrali. La minaccia di far fuoco sulla moglie. Petrali che spara. Merlino che muore. Solaro ferito. Qui, per la prima volta, Petrali accetta di raccontare. Lo fa con al fianco i due avvocati. Se parla «è per un’esigenza di verità. Ho colpito i malviventi all’interno del negozio per difendere la vita di Rosa e la mia. Questa è la verità delle perizie e della sentenza» . Dice un amico, il gioielliere Gaetano Bianchi, 72 anni, che Petrali appartiene alla «gloriosa generazione dei lavoratori. Faticare. Non sprecar fiato» . Petrali — maglietta e pullover quand’era in negozio, camicia e cravatta sotto il pullover quand’era in tribunale— viene da Abbadia Cerreto. Provincia di Lodi. Trecento abitanti. Meno di quanti ce n’erano ai tempi dell’Unità d’Italia. Il borgo s’è spopolato per l’emigrazione in città. Tanto poi, più avanti, se i guadagni van bene, si può sempre tornare fuori. Scappare dalla metropoli. Infatti l’ultimo indirizzo di Petrali ci porta nella prima fascia dell’hinterland, a Segrate. Verde. Silenzio. E sicurezza. Mostrata, pagata, lustrata. «Siccome partiva da Segrate, ci metteva parecchio ad arrivare alle riunioni» , dice uno dei commercianti che hanno partecipato agli incontri di categoria. Nel 2003 furono inventate queste riunioni. I negozianti si trovavano, lanciavano proposte per sensibilizzare e aumentare i controlli nei quartieri, più poliziotti e meno rapine. Si sfogavano, anche. Petrali: «Non ci sono consigli che possano risolvere i rischi del mestiere. Forse direi di videosorvegliare il locale, di mettere avvisi che dicano chiaramente che nel locale c’è una cassa continua con versamento costante dei soldi senza possibilità di apertura da parte del gestore. Anche se nel mio caso non è servito. Anzi. Ha fatto incattivire i rapinatori» . C’erano 1.300 euro in cassa. Ricordiamoli: 1.300 euro. Giuseppe Maiocchi, 60 anni, è un altro amico di Petrali. Gioielliere, condannato a un mese per aver ucciso un montenegrino. Questi aveva sfondato la vetrina del negozio. Stava per prendere degli orologi. Maiocchi. Eccolo. Dice: «Quei 1.300 euro erano gli incassi di giornata. Il risultato di sforzi. Il ricavo meritato. Intesi?» . Alti e grossi, Merlino e Solaro. Il primo saliva dalle periferie milanesi; il secondo scendeva dai quartieri borghesi di Genova. Si conobbero in un locale. Un bicchiere. Un secondo. Soci. Complici. Ieri, tramite il suo legale, abbiamo cercato la sorella di Merlino, Micaela. Non ha voluto farsi trovare. Non si sono mai incontrate, con la famiglia di Petrali. Famiglia presente, protettiva. L’ha tenuto in disparte, isolato, fatto riposare. Petrali è un pensionato, finalmente. O forse no. Qualcuno dice che si fa vedere in piazzale Baracca, che ha venduto il bar tabaccheria e però vorrebbe magari aprire un nuovo negozio. Lui continua a nascondersi: «Io so cosa ho provato. Posso dire che non mi metterei più nella condizione di farlo. Nel senso che non terrei più un’arma» . «Siam tutti tabaccai» intonava fuori dal Tribunale la Lega, che alle elezioni comunali arruolerà uno dei figli di Petrali. E lui, il capofamiglia: «Se qualcuno, lei mi domanda, vuol cominciare questo mestiere? Non saprei cosa dirgli. A parte la ovvia considerazione di non fare i tabaccai» .
Andrea Galli