Guido Olimpio, Corriere della Sera 23/03/2011, 23 marzo 2011
EXIT STRATEGY - C’è
una exit strategy dalla Libia? In questi giorni esperti e diplomatici hanno studiato diverse soluzioni. Tutte imperfette. Per il profilo dell’avversario— c’è di mezzo Muammar Gheddafi—, per le caratteristiche dei «buoni» — un’opposizione che deve ancora formarsi realmente—, per gli interessi divergenti. La tregua— Il ministro degli Esteri italiano Frattini ha indicato una strada. Si arriva a un cessate il fuoco, l’Onu vigila l’applicazione e poi parte il dialogo. Tutti vogliono la tregua — anche i ribelli— ma il problema è farla rispettare. Poniamo che grazie alla fine degli scontri chi odia il regime scenda in piazza. Non solo a Misurata ma anche a Tripoli. Il Raìs lascia fare o ordina di sparare sulla folla? Magari invece di usare sbirri in divisa ricorre a «sostenitori» in borghese. Gheddafi non potrà usare gli elicotteri e i jet, ma le sue milizie minacciano ancora gli oppositori. Le sparizioni che sono segnalate in diverse località dimostrano che ci sono altri mezzi per intimorire gli avversari. Potrebbe allora essere necessario l’invio di osservatori Onu o di un vero contingente di caschi blu. Missione complicata perché non c’è una vera linea del fronte, ma città contese e accerchiate. Una strada è per il regime, quella dopo sta con i ribelli. Questioni di metri. Infine il dialogo politico. Senza l’arma della repressione, la Guida può trovarsi isolata. Ma senza la pressione militare, il regime ha buone possibilità di ricompattarsi e guadagnare in fiducia. Difficile che Gheddafi accetti di parlare— sul serio e senza i trucchi abituali — con chi ha dipinto come «traditore» , «drogato» , «terrorista» . Vorrà scegliere gli interlocutori. Oppure accetta ma attua tattiche dilatorie, con piroette e sorprese. La tutela — Si alternano tregue e scontri. La no-fly zone resta, magari in modo leggero. Gli alleati— probabilmente molti meno di quelli attuali — svolgono un ruolo di tutela senza colpire le forze a terra. Dei falchi senza artigli. Arduo prevedere come possa funzionare. In Iraq la no-fly zone è rimasta in vigore per anni senza reali risultati. Gheddafi, per storia e mentalità, è capace di resistere. Ha trovato — anche in questi giorni— degli aiuti, li troverà domani. La confisca dei beni all’estero ha toccato solo una parte del suo gigantesco tesoro. Può acquistare armi— in barba all’embargo —, ingaggiare mercenari, comprare governi (specie in Africa) e clan. Quindi aspetta paziente. Francia e Gran Bretagna, invece, investono nel campo ribelle fornendo anche un aiuto militare «discreto» che permetta loro di non essere sopraffatti e di mantenere quel poco che hanno. Con questa soluzione l’impegno formale è ridotto. Il coinvolgimento effettivo cambierà da Paese a Paese. E permetterà a qualcuno di avere buoni rapporti con i due nemici: cosa che sta già avvenendo. Il risultato sono instabilità e un Paese diviso. Avanti in pochi — Gheddafi prosegue con la strategia del terrore. Parla di tregua e poi prende a cannonate— come a Misurata — chi si è ribellato. La Francia e, probabilmente, la Gran Bretagna procedono allora da sole. Aumentano le incursioni sulle unità terrestri lealiste, varano un programma di assistenza militare in favore dei ribelli. Ieri il premier francese Fillon ha escluso l’impiego di «forze di occupazione» . Ma questo non esclude il ricorso a «consiglieri» o alle forze speciali che fiancheggiano gli insorti. Indicativa l’affermazione di un sottosegretario britannico che ha ipotizzato un intervento di terra anche se non di ampie dimensioni. Le Special Forces sarebbero indispensabili per far avanzare la «rivoluzione» almeno fino a Ras Lanuf e Marsa Al Brega, i due importanti impianti petroliferi. Risorse importanti, monete di scambio. Dunque non più solo difesa ma azione congiunta. Nei cieli i caccia a dare copertura. E il «close air support» che gli Usa non sono disposti a concedere— questo è quello che hanno detto — mentre Parigi lo ha attuato fin dai primi minuti. È un piano estremo che— in teoria— dovrebbe chiudersi con la rimozione del colonnello. Ognuno di questi scenari non risponde a tutti gli interrogativi. C’è il pericolo che il numero dei contendenti cresca. Fonti segnalano la presenza di bande armate con intenti poco chiari. Se non si trova un assetto è possibile che ci troveremo davanti a un’insurrezione permanente o a una vera guerra civile. E con buone possibilità che il colonnello rimanga al suo posto.
Guido Olimpio