Maurizio Caprara, Corriere della Sera 23/03/2011, 23 marzo 2011
BERLUSCONI E IL COLONNELLO, UN’AMICIZIA LUNGA NOVE ANNI — Per il Colonnello (ma soprattutto per ricevere altre commesse di Tripoli che consolidassero il ruolo italiano di primo partner economico della Libia) il Cavaliere ha lasciato invadere la caserma dei carabinieri «Salvo d’Acquisto» da schiere di cavalli berberi
BERLUSCONI E IL COLONNELLO, UN’AMICIZIA LUNGA NOVE ANNI — Per il Colonnello (ma soprattutto per ricevere altre commesse di Tripoli che consolidassero il ruolo italiano di primo partner economico della Libia) il Cavaliere ha lasciato invadere la caserma dei carabinieri «Salvo d’Acquisto» da schiere di cavalli berberi. Era il 30 agosto del 2010. Davanti a dignitari dei rispettivi Paesi e caroselli equestri, entrambi celebrarono con un cerimoniale da impero romano il secondo anniversario della firma del Trattato d’amicizia italo-libico. Per il Cavaliere (ma soprattutto come segno di propria vittoria) il Colonnello aveva già deciso di far stampigliare in filigrana su tutti i passaporti libici una foto comune. Un’immagine di due anni prima, a Bengasi, con Silvio Berlusconi e Muammar el Gheddafi nel giorno della firma dell’accordo. Per il Colonnello (ma soprattutto per rafforzare il proprio ruolo di interlocutore preferito dal «Leader» in Occidente) il Cavaliere, che non si è mai abbassato ad essere ascoltato dal Comitato parlamentare di controllo sui servizi segreti come previsto dalla legge, si è inchinato a baciare un anello. È successo a Sirte il 27 marzo 2010, mentre Berlusconi era l’unico capo di governo occidentale invitato a un vertice della Lega araba e Gheddafi l’omaggiato. Sarebbe però fumettistico considerare un’amicizia come tutte le altre quella tra il costruttore diventato presidente del Consiglio e l’ufficiale beduino diventato più potente di un capo di Stato, benché per scelta senza mai fregiarsi del titolo. Per descrivere il rapporto Berlusconi Gheddafi in termini macchiettistici c’è già Amici come prima, video nel quale Elio, di Elio e le storie tese, canta versi come «È stato molto bello/baciarti sull’anello/non fare l’offeso con me» . La relazione tra questi due atipici uomini di governo si è sviluppata semmai come una prolungata convergenza di interessi, resa vistosa da una curiosa compatibilità tra i rispettivi modi di sovrastare, ricorrendo a simbolismi propri, le simbologie tradizionali attraverso le quali comunicano nel mondo gli Stati e le diplomazie. «Com’è Gheddafi? Quando smetterò di governare, scriverò un libro di memorie e certamente ne parlerò. Abbiate un po’ di pazienza...» , furono le parole con le quali Berlusconi si fece scudo davanti alla curiosità degli inviati a Tripoli il 28 ottobre 2002. Dopo essersi parlati soltanto per telefono, i due si erano appena conosciuti. Incontro sotto la madre di tutte le tende ghed- dafiane a Bab el Azizia, la casa-caserma dell’ufficiale andato al potere in Libia con un colpo di Stato nel 1969 che sembra essere stata bombardata nei giorni scorsi. Allora il Cavaliere, in epoca di presidenza di George W. Bush e non di Barack Obama, era uno che usava riassumere la sua politica estera così: «Sono dalla parte dell’America prima di sapere da che parte sta l’America» (sul New York Times, 2001). C’era chi si domandava se la caserma dell’uomo chiamato dal presidente degli Usa Ronald Reagan «cane pazzo» , oggetto fino al 2006 di sanzioni americane per attentati precedenti nel cuore dell’Europa, fosse il posto per Berlusconi. Bizzarri scherzi del destino, quella sera c’era un plotone di 22 signorine straniere sotto i vent’anni in abiti scosciati, a Bab el Azizia. Su idea di Seif el Islam, figlio del Colonnello in versione modernista, erano state radunate per un concorso di bellezza, Miss net world. A far notizia in Italia, però, fu che vicino alle macerie ci passò il Cavaliere. La tenda era a due passi dalle rovine intonse della casa di Gheddafi bombardata per ordine di Reagan nel 1986, tappa di rito imposta ai potenti forestieri in visita per obbligarli, di fatto, a solidarietà contro l’attacco degli americani, raffigurati da un murale come aggressori in rotta. Allora non si parlava di bunga bunga, e uno dei segni dell’asse privilegiato tra Colonnello e Cavaliere è stato poi che mai, almeno in pubblico, la diplomazia libica ha ritenuto di dover protestare perché Berlusconi avrebbe associato a un esercizio ludico del «Leader della Rivoluzione» l’origine dell’espressione. Nell’amicizia che il 2 marzo 2009 i due si promisero «eterna» , l’unica traccia indiretta ed eventuale di quella casistica è in quanto disse nel 2006 il Colonnello a Ilaria D’Amico, mandata a intervistarlo da Emilio Carelli. «Un uomo chiaro, serio, interessato del Mediterraneo», » , dichiarò Gheddafi su Romano Prodi. Sul Cavaliere, invece: «Forse Berlusconi è più portato per le barzellette» . Erano i soldi il freno allo sviluppo del legame, sono stati i soldi il cemento successivo del rapporto. «Malgrado il rispetto e l’amicizia che ci collega con Berlusconi, gli incontri amichevoli che ci sono stati tra noi, non c’è stata rispetto a questo un’azione materiale» , affermava Gheddafi nel 2006. Berlusconi aveva dato cenni di disponibilità a far coprire dallo Stato i danni attribuiti al colonialismo italiano che frenavano la firma del Trattato di amicizia con i governi di centrosinistra. Non era bastato. È nel 2008, quando l’Imprenditore sceso in politica ha firmato il Trattato che prevede finanziamenti italiani alla Libia per cinque miliardi di dollari in vent’anni, che la musica è cambiata. Nell’incontro di sei anni prima, Berlusconi aveva offerto aiuti per 60 milioni di euro. Per rinunciare a rivendicazioni sui danni coloniali il Colonnello gli aveva chiesto l’autostrada miliardaria tra Tunisia ed Egitto, leva con la quale avrebbe spezzato più bozze di accordi delineati con Massimo D’Alema e Prodi. Gheddafi nel 2002 aveva congedato il Cavaliere con un regalo identico a uno già riservato a D’Alema: un vecchio moschetto italiano, simbolo di un passato da riportarsi indietro. Corsia privilegiata rispetto agli stranieri nelle commesse pubbliche, occhio di riguardo per le aziende italiane sono state per Berlusconi la contropartita del Trattato. La crisi finanziaria del 2008, tra firma dell’accordo e ratifica in Parlamento nel 2009, ha portato la Libia a fornire ad aziende italiane i capitali derivati da rincari del petrolio che mancavano in Italia. Anche questo spiega perché, come confermano le rivelazioni del sito Wikileaks, il Cavaliere si sottopose a due iniezioni di cortisone pur di essere a Ciampino malgrado il mal di schiena quando il Colonnello, nel 2009, minacciava di annullare la prima visita ufficiale a Roma se non avesse trovato o lui o Giorgio Napolitano. Rimasto, invece, al Quirinale. Maurizio Caprara