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 2011  marzo 23 Mercoledì calendario

Gli italiani sparano? Censurato il pilota che ha parlato troppo - Abbiamo sparato? Probabilmente sì

Gli italiani sparano? Censurato il pilota che ha parlato troppo - Abbiamo sparato? Probabilmente sì. E se non l’abbiamo fatto, è stato solo perché non c’era necessità. Ecco la risposta più logica alla domanda che da tre giorni provoca polemiche sulla natura della missione italiana in Libia. Tutto è cominciato quando il maggiore Nicola Scolari, appena rientrato dalla prima notte di operazioni, ha detto: «Abbiamo solo pattugliato la zona di Bengasi, ma non abbiamo ritenuto di lanciare missili contro i radar. Abbiamo verificato se vi fossero apparecchi accesi, ma non c’è stata conferma». Il ministro della Difesa La Russa non ha gradito tanta sincerità, e lunedì era girata la voce che il maggiore sarebbe stato punito, rimandandolo a casa a Piacenza. Ieri, per chiarire gli equivoci, a Birgi è venuto il portavoce dell’Aeronautica, colonnello Achille Cazzaniga: «Al momento - ha spiegato - Scolari si trova nella base e sta svolgendo la sua attività». Significa che le cose potrebbero cambiare, ma per ora la sua uscita non ha provocato conseguenze. Resta il dubbio sulla natura della nostra missione, ma anche qui non è difficile capire. Oggi il contributo operativo italiano, oltre alle navi che incrociano al largo delle nostre coste per proteggerle da eventuali ritorsioni di Gheddafi, consiste nelle incursioni Sead, cioè soppressione dei sistemi di difesa aerea nemici. Le lanciamo da Birgi con i Tornado Ecr, dotati di speciali missili anti radar Harm; i Tornado Tanker, che assicurano i rifornimenti in volo; e gli F-16, che svolgono le funzioni di difesa aerea e scorta. Ieri, ad esempio, verso le 11 sono decollati due Tornado Ecr, un Tanker e due F-16, tutti rientrati poco dopo le 13. Alle 11,30 sono partiti altri due F-16 e tre Tornado, che verso le 14 avevano compiuto senza problemi le loro operazioni. In serata, poi, altri decolli. Hanno sparato? Cazzaniga ha spiegato che «una missione di soppressione delle difese aeree nemiche può considerarsi conclusa positivamente anche quando la sola forza deterrente ci permette di operare indisturbati dalle batterie missilistiche libiche». Intendeva dire che se il solo pattugliamento dei nostri caccia convince Gheddafi a spegnere i suoi radar, lasciando via libera ai bombardieri incaricati di colpire altri obiettivi, lo scopo è raggiunto. Alla domanda se abbiamo sparato, però, Cazzaniga si è difeso così: «Lascio la risposta ai tecnici». Che voleva dire? Un’autorevole fonte militare ci spiega: «Non possiamo dire se abbiamo sparato o no per ragioni di sicurezza, ma di certo non ordiniamo missioni suicide». Una missione suicida, ad esempio, sarebbe quella di un Tornado Ecr che viene mandato a scovare i radar di Gheddafi, senza avere la possibilità di sparare se le difese antiaeree lo prendessero di mira. Magari i nostri caccia non partono con l’ordine di bombardare un sito, anche perché il lavoro di intelligence che precede i raid li informa sul tipo di minaccia che devono aspettarsi. Però se trovano sorprese, o se il sorvolo non basta ad intimidire la contraerea, possono e devono sparare. L’altro dubbio della missione riguarda il comando. Ieri Obama ha detto che la Nato avrà un ruolo e subito dopo la Germania si è sfilata. La verità è che i tedeschi partecipavano ai raid in maniera indiretta, con i militari presenti negli equipaggi d e l l ’ A l l e a n z a . Nello spaccio della base ne abbiamo incontrati alcuni, impegnati sugli aerei radar Awacs della Nato che già pattugliavano il Mediterraneo: «Per ora - ci ha spiegato uno di loro, Mike Hengemhule - facciamo il nostro dovere, ma se cambia qualcosa dovremo andarcene». Ecco, oggi qualcuno farà le valigie a Birgi. Un occhio nero per la Nato.