Paola Simonetti, Avvenire 23/3/2011, 23 marzo 2011
NELLE CALAMITÀ NATURALI ANCHE L’ACQUA È «VITTIMA»
Non è solo una questione di riserve limitate. Gli ultimi drammatici accadimenti sul fronte internazionale lo hanno dimostrato: per l’acqua, i rischi di compromissione della sua accessibilità sono legati anche alla funzionalità degli impianti di diffusione e trasporto, che in situazioni di calamità o eventi climatici estremi può aprire la strada a contaminazioni, oltre che blocchi o dispersioni. Assicurare acqua pura e sana anche in queste circostanze è la grande sfida messa in campo in Europa, nell’ambito di un protocollo specifico coordinato da Unece e Oms entrato in vigore nel 2005 e che oggi si arricchisce di un nuovo strumento: le linee guida su servizi igienico-sanitari e fornitura idrica in caso di eventi climatici estremi, presentate dal Centro europeo ambiente e salute dell’Oms e dal ministero dell’Ambiente in occasione della Giornata mondiale dell’Acqua, quest’anno dedicata all’«Acqua per le Città». Proprio le metropoli, infatti, sottolinea l’Oms «hanno bisogno di grandi quantità » di questo prezioso liquido, «un sistema di fognature ben funzionante e un adeguato sistema di depuratori, idonei a resistere a piogge intense, siccità prolungate e blackout elettrici». Le Linee descrivono gli effetti di tutti questi eventi sulla gestione dei servizi di fornitura d’acqua e dell’intero ciclo idrico e offrono indicazioni sulle misure più efficaci a minimizzare gli impatti ambientali e i rischi sanitari correlati, in un contesto ambientale sempre più critico: «Il numero degli eventi estremi legati al cambiamento climatico fa notare l’Oms - è aumentato del 65% in Europa tra il 1998 e il 2007, con una perdita economica raddoppiata fino a quasi 14 miliardi di euro rispetto alla decade precedente. Circa 40 milioni di persone hanno richiesto negli scorsi 20 anni assistenza di base e sanitaria: un riparo sicuro, assistenza medica, acqua e igiene in sicurezza. Questo ha rappresentato una crescita del 400% rispetto agli 8 milioni di persone colpiti nelle precedenti due decadi».
L’Italia non sfugge a questo scenario: sono oltre 6.500 i comuni con zone ad alta criticità idrogeologica; nel 54% dei casi le abitazioni sono costruite in aree ad alto rischio e nel 19% vi sono strutture pubbliche sensibili come scuole e ospedali. Oltre 3,5 milioni di cittadini sono esposti al pericolo di frane o alluvioni, circa il 6% della popolazione.
Nel nostro Paese «sono pochi i comuni che svolgono una politica efficace e adeguata di prevenzione, informazione e pianificazione d’emergenza - aggiunge l’Oms - . Solo il 22% delle amministrazioni interviene per mitigare il rischio idrogeologico mentre il 57% lavora per prevenire i danni derivanti da alluvioni e frane. In particolare, il Sud della Penisola è ancora indietro». Nell’ambito del Protocollo Acqua e Salute, l’Oms promuove l’introduzione di piani nazionali in Europa per minimizzare gli impatti funzionali e sanitari delle piene e della siccità. Alcuni capitoli chiave delle Linee segnalano la necessità di identificare i punti critici che, con una violenta perturbazione, potrebbero subire danni anche in materia di quantità e qualità delle acque potabili.